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Amici che lavorano nell’editoria mi confermano che oltremanica, o oltreoceano, il malcostume tutto latino di ricompensare i giornali, o i giornalisti, per le recensioni dei propri prodotti/servizi è molto meno diffuso che da noi. Mi fido, anche se non ci credo.
E se l’arrivo dei nuovi media digitali sovvertisse questo ordine naturale delle cose? Bene, nessun problema, sono già nate le agenzie pubblicitarie, come la statunitense blogsvertise.com, che raccolgono inserzionisti disposti a pagare la pubblicazione sui blog sparsi per il mondo, pubblicazione remunerata con moneta “sonante” tramite l’immancabile PayPal. E non è necessario parlar bene dei servizi recensiti, ma solo parlarne abbastanza...
I blog sono facilmente profilabili per tipologia di target, e alcuni blogger possono raggiungere centinaia o migliaia di persone, molto più che certi articoli o certi banner sui siti ufficiali.
Inoltre, con quello che costa andar pubblicati su una canale ufficiale, quante citazioni nei blog si possono comprare tramite agenzie come blogsvertise che si rivolgono a dilettanti che pur di essere pagati per avere un blog si accontenterebbero di pochi centesimi a inserzione?
Ma il ritorno di immagine e sul mercato per l’inserzionista come lo posSiamo valutare?
Di certo è troppo presto che sapere se iniziative come quella di blogsvertise avrà successo per gli inserzionisti. L’unica cosa certa è che, se così fosse, sarebbe la fine l’era della libera circolazione di informazione affidabile da blogger a blogger, da utente a utente, da persona a persona. Speriamo di no…
 
di davide del 27/02/2007 in Cinema,  2306 link
Espedienti narrativi degni del miglior Tarantino, regia e montaggio coinvolgenti, storia d'autore (Guillermo Arriaga) ed interessante: il tutto messicano primo grande film del messicano Alejandro González Iñárritu riesce nell'intento di colpire lo spettatore, ed assicurare un prospero futuro al suo autore.
Amores perros ricorre agli stessi espedienti narrativi che ultimamente bastano a sancire il successo di una pellicola, riuscendo però a destare svariati motivi di interesse che non Siano meramente letterari. Dopo la visione di questo film verrebbe istintivo di mettersi a riflettere sul concetto di realismo. Chissà perché poi, dal momento che Inarritu nel primo episodio (decisamente il più interessante) ce la mette proprio tutta per allontanarsene a colpi di stacchi repentini, spingendo il piede sull'acceleratore con tutta la violenza di un montaggio irrequieto e rabbioso.

Tratto dalla recensione su gli spietati
Dopo Amores perros, uscito in Italia nel 2001, arriveranno infatti 21 grammi e Babel...
[Visto oggi con Lilia e Paolo]
 
di davide del 14/03/2007 in Cinema,  2231 link
Nuovomondo
[...] Esaltato dalla critica dopo il primo successo, presto dimenticato e bollato come meteora, con questo film Crialese convince – definitivamente, si spera – tutti. Il suo “Nuovomondo” è , come “Lamerica” di Gianni Amelio (1994), un’idea, forse un’illusione, nella testa di chi lascia il proprio ‘vecchio mondo’: un’aspettativa enorme, perché non rappresenta un posto, ma il futuro.
Il futuro preso in esame è quello degli emigranti italiani di inizio Novecento, tutti quanti poveri, con una valigia piena di ricordi e il vestito buono addosso, per mostrare il loro ottimismo e gettare via la disperazione di un passato senza prospettive. L’America – quella vera – è la luce in fondo a un tunnel lungo quanto la loro vita intera, e basta soltanto intravederla per rimanere abbagliati e perdere il senso della realtà. Giustamente, perché si tratta una realtà che non hanno modo di commisurare alla loro esperienza, alle loro conoscenze e, quindi, nemmeno alle loro aspettative. Al centro di questa pellicola non c’è il nuovo mondo, né la storia degli emigranti: è raccontato il loro viaggio o, più precisamente, la loro idea di viaggio: il nuovomondo, la nuovavita, la nuovaluce.
[...]
[Visto ieri con Alessandra, AlesSia, Chiara, Fabri, Lilia, Simona, ...]
 
[Articolo riportato da http://blog.myspace.com/davidephoto]

De battre mon coeur s'est arrêté (2005)

Why did I like this 2005 French movie so much, when I am told it is too derivative and predictable?

http://www.imdb.com/title/tt0411270/

Yesterday night we watched this movie at my friend's house, and tonight I dreamt of it and became conscious of what I am now writing down.

First of all, I love the movie making style: film editing is top notch, but also photography and music seem to be used on purpose to render my own personal nonlinear, neurotic and recurrent way of seeing reality.

Then, the story is, with a drama fingerprint, a very positive one indeed, telling of an individual (Tom) who realize a very important change in life: from a cr@p life devoted to easy money, always around evicting poor people with baseball bats, to a sensitive life devoted to love and art.

In bullets:
- The story analyzes the relation between father and son: the movie starts with Tom's friend outing about the inversion of roles when fathers get old, and it ends with the beating-up of the RusSian con artist which both avenges Toms' dad and definitely close a cycle in Tom's life.

- Tom in the beginning is a high performance professional, but he is anxious and unbearably neurotic… and he still suffers an Oedipus complex for his dead mother… Thus Tom initially fully incarnates the projection of his father into the business world, and he ends by transforming himself to become like his mother's former lover (and manager): such a change in life seems possible right through the psychological switch of parental referral model.

- The episode of Tom who rediscovers his own way of expression through a person who does not speak his language at all is romantic for me, albeit quite predictable. He can achieve that through an art, music, which will turn into his the turning point of his life.

- Finally, Tom is able to find his own dimension. He can both express his sensitivity and his relational ability which imply a clear managing and business attitude.

The fact that director Jacques Audiard was able to render this illuminating progression of events using a filming language which is also my language explains my enthuSiasm about this movie ; - )
Am I too cerebral?


[Seen with AlesSia, Andrea, Cecco, Francesca, Nino, Paolino, Zago on Nov. 20th 2006]

 
di davide del 06/09/2010 in Blogging,  124763 link
DSLR
Il 2010 è l'anno in cui la Reflex Digitale diventa fenomeno consumer di massa. Ecco perchè sempre più spesso amici e conoscenti proprio quest'anno mi fanno sempre la stessa domanda: "quale reflex digitale cosigli per iniziare?". Quasi tutti provengono dall'esperienza con fotocamere digitali compatte, e pochi da fotocamere "super-zoom".
Di seguito elenco alcune reflex digitali (DSLR) sotto i 1000 Euro con ottica a corredo. Hanno tutte autofocus efficace, scatto immediato, mirino ottico con visione attraverso l'obiettivo, sensore di grandi dimensioni (formato "APS-C", poco meno delle dimensioni della pellicola formato "35mm" tradizionale) con nitidezza e sensibilità molto superiori alle fotocamere compatte, dotate di sensore di dimensioni inferiori. Lo schermo posteriore serve quasi esclusivamente a rivedere le immagini già scattate, non a inquadrarle. Forniscono tutte ottimi file codificati direttamente in formato standard JPEG, ma possono scattare anche in un formato proprietario di alta qualità (detto RAW), che rappresente l'equivalente digitale del negativo dei tempi della pellicola: è possibile "sviluppare" manualmente i file RAW mediante appositi software su PC in modo da ottenere risultati personalizzati, sempre in formato JPEG (lo standard per la visualizzazione su PC e la stampa fotografica).

Di Canon:
Canon EOS 550D:
oppure (da ottobre), la sorella maggiore con mirino migliore, AF e scatto più veloce, e più facile da usare in manuale:
Canon EOS 60D:
Di Nikon:
Nikon D3100 (appena uscita):
oppure, la sorella maggiore con mirino e schermo LCD migliori, AF e scatto più veloce, e più facile da usare in manuale:
Nikon D90 (sarà sostituita dalla D7000 da ottobre):

Alternativa Olympus:
Olympus E620:
che offre qualità analoghe alle più blasonate Nikon e Canon, in un corpo macchina più compatto e leggero (grazie al sensore formato "4 terzi", lievemente più piccolo di quello in formato "APS-C" delle altre DSLR sopra elencate).

Qualità: Pixel e Obbiettivi
Più o meno tutte hanno fra i 12 e 17 MegaPixel, ma non fa tanta differenza a questi livelli perchè da 10Mpix in su (di una Reflex) si è già superata la qualità di pellicola+scansione (i MPix di una compatta, essendo il sensore di dimensioni ridottissime, non sono confrontabili con quelli di una Reflex di grandi dimensioni come queste). Più differenza la fanno gli obiettivi, e quelli standard di dimensioni ridotte a corredo con le reflex citate sono ovviamente modelli base, ma sufficienti per iniziare a fare le cose seriamente. 
L'obiettivo standard per le reflex digitali in formato APS-C come queste è in genere uno zoom 18-55mm (da grandangolare a piccolo tele, equivalente su pellicola al classico zoom 28-80mm) con luminosità limitata (f/3.5-5.6). A volte vengono proposti un abbinamento con uno zoom più spinto verso il tele (es. 18-135mm), oppure abbinamento con coppia di ottiche 18-55 e un teleobiettivo vero e proprio (es. 55-200m f/4.5-5,6): l'accoppiata di 2 zoom ha qualità e prestazioni superiori al singolo zoom più spinto, ma ha l'inconveniente di richiedere il cambio obiettivi.
L'obiettivo che utilizzo per il 90% degli scatti ha una focale di 17-55mm analoga a quelli degli zoom compatti di serie con le reflex di cui sopra, ma ha una luminosità doppia o tripla (f/2.8), ed è per questo che è così pesante e di grandi dimensioni.
Altra prestazione delle ottiche utile sul campo è il sistema di riduzione vibrazioni (Canon la battezza "IS", Nikon "VR", Sony incorpora la funzione nel corpo macchina).

Conclusioni
Tutto sommato, per quanto è disponibile oggi 6 settembre 2010 nei negozi (o online), la macchina più aggiornata per cominciare a fare le cose seriamente e con il miglior rapporto prezzo/prestazioni è la Canon EOS 550D con un ottica "IS". Oppure la Nikon D90 con un ottica "VR" (qualche megapixel in meno, ma ergonomia e precisione superiori).

Il mercato
Altro marchio emergente (azienda che spinge Sia con innovazioni che con strategie di marketing aggressive) è la Sony, che ha rilevato un paio d'anni fa il business delle macchine fotografiche di Minolta.  Le Panasonic, Samsung e Olympus hanno solo prodotti entry level, anche ottimi (Oly e Panasonic), e/o dal marketing molto aggressivo (Samsung), mentre Pentax è in grossa crisi di identità (e di mercato), dopo l'acquisizione del settore "photo" da parte di Hoya/Tokina. Il resto del mercato è fatto da una miriade di prodotti compatti di fascia bassa, o da soluzioni esoteriche per fotoamatori super-tecnofili, dal rapporto prezzo prestazioni decisamente dubbio, e di fatto raramente utilizzate davvero dai professionisti nel campo del reportage, advertising o fashon.

Negozi fisici
I negozi fisici, rispetto a quelli online, garantiscono un livello di servizio (consulenza e assistenza) altrimenti impossibile da ottenere, al costo di davvero solo pochi euro in più.
Un negozio in centro a Bologna dove sono molto forniti e hanno un supporto specialistico dedicato alle reflex digitali è l'Immagine di Via Manzoni 6: http://www.limmaginefotocine.it/ ma ne esistono anche altri più storici o meno.

Le FAQ:
1) sono macchine "professionali" quelle consigliate?
     Sono macchine posizionate nel segmento "consumer", ma che possono offrire risultati del tutto analoghi a quelli delle macchine "professionali", soprattutto sfruttando utilizzando al meglio le ottiche e scattando nel formato RAW. Ecco perchè sono tutte DSLR di successo, molto diffuse.
2) cosa ha in più una DSLR del segmento "professionale" rispetto ad una DSLR "consumer"?
     - qualche pixel in più, ma non è detto in quanto 12/14 sono sufficienti per molte applicazioni professionali.
     - un sensore ancora più ampio dell'APS-C, ad esempio il pieno formato della pellicola "35mm", per maggiore sensibilità e migliore resa generale, ma non è detto perchè i fotografi di sport e naturalistici preferiscono i sensori APS-C che meglio sfruttano le ottiche esistenti per inquadrare soggetti lontani.
     - un mirino più preciso, più ampio e più luminoso, per inquadrature più facili anche al buio.
     - un autofocus più veloce e con più punti sensibili dell'inquadratura.
     - uno scatto a raffica ancora più veloce, ma i 3 fotogrammi al secondo delle macchine consigliate non sono pochi.
     - una carrozzeria in lega di metallo e non in plastica, magari con guarnizioni stagne a prova di pioggia. Di contro è più ingombrante e più pesante.
     - possibilità di usare doppie batterie e doppie schede di memoria per aumentare a dismisura l'autonomia in campo, ma già la durata delle batterie e delle schede oggi disponibili sulle macchine consigliate è sufficiente per moltissimi usi.
3) Molte Reflex recenti (e tutte quelle consigliate esclusa la Olympus) possono registrare spezzoni video in HD. E' una funzione utile?
     E' una funzione molto utile, ma che non sostituisce una telecamera dedicata (compatta o professionale) per registrare falcilmente molti video di alta qualità. Comunque realizzare video è molto diverso dallo scattare foto, Sia in sede di ripresa, che in sede di post- produzione. E' un gadget simpatico, e permette la realizzazione di filmati di alta qualità video e ottica, grazie al parco ottiche diponibili per le reflex e all'effetto sfocata molto cinematografico possibile solo con sensori di grandi dimensioni come gli APS-C.

 
L'informazione mediatica è mendace: dopo 15 anni di stato vegetativo persistente, in una condizione medica simile, l'autopSia h arivelato che il cervello di Terri Schiavo pesava poco più di 600 grammi, ovvero metà di quello che avrebbe dovuto essere, e almeno il 70% delle cellule neuronali erano irremediabilmente danneggiate. Ecco perchè dopo 5/6 anni di coma vegetativo, nessuno si risveglia più: il danno al cervello è irreversibile, e nessuna terapia può in alcun modo reintegrare la massiva perdita di neuroni.
 
[Articolo riportato da http://blog.myspace.com/davidephoto]

A well known Italian person is dying from muscular dystrophy. He is artificially kept alive thanks to modern cardiopulmonary resuscitation technologies. If he were Dutch or Swedish he could decide to have the breathing machine unplugged, but since he is Italian he cannot even think about it. A leading radical politician is offering his help:
click here
in pseudo-English:
click here

If I ever had to turn into a suffering terminal patient, please ease my pain by using whatever drug you can, and unplug life machines before it is too late...

What would you onestly do if you were in his shoes?
 
Marcel Marceau

Se c’è qualcosa che da solo sublima e diventa etereo in una scena, senza dubbio è colpa di Marcel Marceau.

Il silenzio delle foreste, dei cortili assolati dalle torridi estate del sud d'Italia, il silenzio della notte, e anche il silenzio degli storici a noi contemporanei: Marceau è un miliziano che ordina e mette in ordine il silenzio a fine giornata, a tutto e a tutti; questo è Marcel Marceau!

E “Bip”, il personaggio per cui è diventato popolare, la sua voce. La voce del principe del silenzio.

Grazie Marcel per tutti i pomeriggi in cui mi hai regalato i sogni di bambino. Grazie anche se alcuni di quei sogni li so interpretare solo ora. Grazie per esserci stato dentro quel minuscolo cinescopio in bianco e nero che solo noi nati nei sessanta oSiamo ancora ricordare.

Buonanotte Marcel, e adieu.


DISPACCIO ANSA DEL 2007-09-23 15:59 - ADDIO MARCEL MARCEAU, IL CHARLIE CHAPLIN DEL MIMO
PARIGI - Marcel Marceau, il Charlie Chaplin del mimo, morto ieri sera all'età di 84 anni, con il suo personaggio Bip, portato in tutto il mondo, aveva sollevato l'arte del mimo al suo massimo. Nato a Strasburgo nel 1923 con il nome di Marcel Mangel nel 1939 aveva cambiato il cognome in Marceau per nascondere le sue origini ebraiche. Entrato nella resistenza nel 1944, alla fine della guerra aveva pensato di dedicarsi alla pittura e di seguire la scuola d'arti decorative di Limoges. Ma la passione del teatro alla fine aveva prevalso; Marceau aveva debuttato sotto Charles Dullin nel 'Volpone' nel teatro di Sarah Bernard.

Ma l'incontro nel 1946 con Etienne Decroux ha segnato la sua scelta definita per il mimo. Nello stesso anno ha recitato con la compagnia di Renaud-Barrault il ruolo di Arlecchino nel 'Battista', una pantomima tratta dal film di Carné Les enfants du paradis. E' dalla sua passione per Buster Keaton, i fratelli Max e soprattutto Charlie Chaplin che nasce l'anno dopo il personaggio di Bip. Bip, il Pierrot del XX secolo, era nato nel 1947; figlio delle difficoltà del dopo guerra e del nuovo mondo che si delineava con un modello come riferimento: il vagabondo di Chaplin.

Nel 1949 aveva fondato la compagnia di mimo Marcel Marceau, la prima al mondo del suo genere. Via via Marceau con una serie di lavori come Le jouer de flute, Exercises de style, Le matador, Le petit cirque, Paris qui rit, Paris qui pleure, aveva saputo imporre la sua figura, la sua silouette nervosa e minuta, il suo viso livido attraversato da tutti i sentimenti, dall'allegria alla tristezza più cupa.

Diventato famoso anche oltre oceano, Marceau aveva partecipato negli Stati Uniti anche a numerosi film quali First class, Shanks, Barbarella (di Roger Vadim), Silent movie, ovvero L'ultima follia (di Mel Brooks). La compagnia di Marceau ha lavorato negli anni nei principali teatri parigini e mondiali; dal 1969 al 1971 l'artista ha animato la scuola internazionale di mimo e poi nel 1978 ha dato vita alla scuola internazionale di mimodramma di Parigi.

Eletto all'Academie des beaux-artes nel 1991, due anni dopo ha organizzato la nuova compagnia del mimodramma di Marcel Marceau che ha animato la scena dell'espace Cardin dal 1993 al 1997. Il grande mimo ha anche scritto numerosi libri tra i quali la storia di Bip, il terzo occhio e diversi lavori per bambini. La cerimonia funebre del Charlie Chaplin del mimo, morto attorniato da tutta la famiglia, si terrà al cimitero monumentale di Parigi di Pere Lachese. Per il momento i figli hanno annunciato di non voler rendere note le circostanze e il luogo della morte di Marcel Marceau.

 
Rockstar di Luigi Milani (sx) e Kurt Cobain (dx) Leggere “Rockstar†di Luigi Milani è un piacevole rientro alle atmosfere del grunge dei primi anni '90, quell'ibridazione rock che finalmente spedì nel dimenticatoio i suononi yuppistici di troppo pop anni '80.
L'inizio degli anni '90 musicalmente è stato dominato da loschi capelloni che indossavano jeans sdruciti e camicie di flanella a quadrettoni. Erano gli anni del grunge, dei riff di chitarre distorte ad accompagnare voci roche ed esistenzialiste.
Il romanzo ruota attorno alla precoce scomparsa di Phil Summers, leader dei Chaos Manor, nei sobborghi londinesi.
Dopo anni di successi interstellari, la rapida caduta, dovuta alla morte della sua tanto amata Marie, anch'essa leader di un gruppo rock.
Ma sarà davvero morto? In fondo del suo corpo sono state trovate solo un mucchio di ossa incenerite. A questa domanda cerca di dare risposta Kathy Lexmark, ex vee-jay in cerca di identità.
[da booksblog]

Se è fin troppo facile identificare Phil Summers nel mediaticamente iper-compianto Kurt Cobain, il tenebroso Frank Colan, il fotografo di tutta la musica Rock, ricorda l'Anton Corbijn che ha fotografato e ripreso tutti, ma proprio tutti, i tratti somatici della musica pop, almeno dagli anni ottanta in poi. Un uomo indurito dall'aver continuamente dovuto affrontare il vertiginoso bilico fra l'essere e l'apparire. In difficoltà con la propria vita ancor prima di dover affrontare la prova definitiva, quella della malattia.


PHOTO ANTON CORBIJN

U2 - PHOTO ANTON CORBIJN

Depeche Mode - PHOTO ANTON CORBIJN
Depeche Mode - PHOTO ANTON CORBIJN

Davvero notevole la prosa nei momenti a forte impatto emozionale, nei quali vi è perfetta simbiosi fra personaggio, ambiente circostante, accadimento e descrizione dell'autore. Altre volte il lessico, forse inframezzato da alcuni tecnicismi di troppo, tradisce il background dell'autore, ma non toglie scorrevolezza ad una narrazione che fin dal principio trascina il lettore alla scoperta di una verità su di una realtà di vita che è invece influenzata da sogni e dal paranormale.

Per chi, come il sottoscritto, ha seguito molto da vicino, o addirittura dal di dentro, i meccanismi dello show-business, “Rockstar†ripropone la semplice verità che esiste dietro ogni impresa commerciale, ovvero che l'espressività, l'emozione, l'arte... lasciano il posto all'intrattenimento, a qualSiasi costo. Musica, teatro, arte contemporanea che Sia.

Chi è Luigi Milani
Luigi MilaniLuigi Milani è nato a Roma, città dove vive e lavora, nel 1963. Scrive di musica e tecnologia da oltre un decennio. Ha collaborato con le riviste M Macintosh Magazine e Virtual, occupandosi, tra l’altro, di recensioni letterarie e di interviste a personaggi del mondo dell’arte e dello spettacolo. Negli stessi anni ha curato per Agorà Telematica e MIX on Line la gestione di diverse aree tematiche. Attualmente scrive per Applicando, rivista leader della comunità Apple, e collabora con alcuni siti Web a carattere musicale. Sul finire degli anni Novanta ha realizzato i testi dei siti Web di alcuni noti personaggi del mondo dello spettacolo. In veste di sceneggiatore e consulente tecnico ha collaborato con una piccola società di produzione cinematografica di Roma. È autore di un blog molto frequentato, False Percezioni.
Compare con tre racconti nell’antologia “XIIâ€, il primo volume di racconti scritti da dodici autori italiani indipendenti incontratisi nella Rete, pubblicato con il sistema print on demand dell’editore statunitense Lulu.
[da Livia Bidoli su La Repubblica/Roma]

Link al libro su Lulu: http://www.lulu.com/content/600141
Blog di Luigi Milani: http://falsepercezioni.blogspot.com/

 

La prima personale in un museo italiano di Christopher Williams (Los Angeles, 1956) celebra anche la chiusura della vecchia sede della Galleria d’Arte Moderna di Bologna (1975-2007). Concepita come l’ultima mostra da tenere in questo spazio espositivo, l’intervento di Williams costituisce un progetto che collega il layout della mostra con la sua cornice rappresentata dall’architettura della stessa costruzione e dai suoi tre decenni di mostre: questa è la prima (ed ultima) volta in 15 anni che il visitatore ha accesso al museo dal suo ingresso originario, così riscopre gli itinerari e la disposizione delle masse (e della luce) come erano al tempo in cui il museo fu aperto (1° maggio 1975). E questa, secondo me, è decisamente la parte migliore della visita.

La Galleria d'Arte Moderna di Bologna
Christopher Williams, Kiev 88, 4.6 Ibs. (2.1 Kg) Manufacturer: Zavod Arsenal Factory, Kiev, Ukraine. Date of production: 1983-87
Douglas M. Parker Studio, Glendale, California. March 28, 2003 (NR. 1, 2, 3)

Il lavoro artistico di Williams si posizione in un punto di incontro ideale fra l’Arte Concettuale degli anni ’60 e ’70, preoccupata di decostruire criticamente gli strumenti e il contesto dell’azione artistica, e il recupero di strategie neo-concettuali tipico delle recenti generazioni di artisti che hanno cominciato ad emergere all’inizio degli anni ’90. Questa è la definizione accademica del suo lavoro, ma costituisce anche l’imperdonabile limite di questa mostra piuttosto piatta: appesa fra concetti decontestualizzati e estetismi architetturali, ogni singolo suo elemento è solo un altro noioso passo verso l’intero assieme, ovvero una camminata integralmente noiosa fra gli altrimenti mozzafiato corridoi progettati originariamente dal grande architetto Leone Pancaldi.

La Galleria d'Arte Moderna di Bologna
Davide Gazzotti - I corridoi della Galleria D'Arte Moderna di Bologna - Gennaio 2007

[Visitata alla GAM di Bologna con AlesSia, Angela, Eva and Francesca on January 25th 2007]
 
di davide del 21/03/2007 in Fotografia / Arte,  2538 link
Agoraphobia #1 - NO EXIT PROJECT - PHOTO DAVIDE GAZZOTTISulla punta della lingua, o tip of the tongue, come dicono oltremanica, è un nuovo progetto che inizia pubblicando il saggio della curatrice newyorkese Charlotte Cotton "The New Color: The Return of Black-and-White", notato grazie agli articoli su photo muse-ings.
Su questo promettente nuovo sito dedicato alla fotografia contemporanea, il saggio della Cotton, autrice anche dell'eccellente libretto "The Photograph as Contemporary Art" recita:
..But it is definitely more hit-and-miss for a photographer working in black-and-white to anticipate whether or not the full meaning and contemporary relevance of their imagery will be understood in light of color art photography’s dominance. At the beginning of this millennium, I found it difficult to keep my confidence that photography’s monochrome history continued to exert a strong influence on the way we see...

A career-oriented art photographer (and maybe this is the first generation of artists who can consider it a “career”) sticks very close to the now well-traveled path of contemporary color photography’s aesthetic homage and partial remembrance of, for example, gorgeous Kodachrome, or the beam of an enlarger. In a career-oriented era, perhaps this strategy is wiser than trying to beat a path through the resistance to presenting imagery in other ways and forms that actually respond to the potential of digitization. Of course I feel bemused at why a nascent art photographer would be so openly conservative as to adhere to apparent conventions, and at my most pessimistic, I wonder if there’s too much “trying-to-be-like” Eggleston, Shore, et al., and too little “creative-departure-from” the stellar standards that they have set...
Che Sia corretta o meno nelle sue previsioni, o giustificabile nei suoi entuSiasmi, questa è tutta un'altra questione. Di certo si tratta di una lettura provocatoria, e penso che molti fotografi tradizionalisticamente analogici e figurativi, compreso il digitalissimo sottoscritto, forse non approveranno alcune delle sue scelte di bianco e nero contemporaneo. E, malgrado personalmente ami anch'io visionare o produrre quello che si potrebbe definire fotografia a colori contemporanea, sono abbastanza consapevole del fatto che esistano ulteriori direzioni da esplorare col bianco e nero...
Sarà inoltre interessante vedere se questo nuovo revival del bianco e nero prenderà davvero mai piede. Francamente ci sono anche alcuni fotografi dell'era pre-colori degli anni '70 che realizzavano progetti meno narrativi e più grafici, più simili alla serie The New Scent di Jason Evans. Se mai il Bianco e nero prendesse di nuovo piede, rivitalizzarà anche il mercato delle pellicole, della camera oscura tradizionale, etc. etc. oppure la sua resurrezione rimarrà, come credo, totalmente digitale?
Infine mi chiedo come possa evolvere l'arte visuale che amo di più dalla propria intrinseca ancestrale derivatività nell'era della manipolazione teconolgica, ma questa e tutta un'altra storia, che spero di poter coprire con un apposito articolo appena possibile...
 
We are all photographers now!La rapida evoluzione della fotografia amatoriale nell'era digitale, la istantanea diffusa disponibilità di semplici apparecchi da ripresa, la facilitazione nel processo di pubblicazione e, non ultima, la gratificazione istantanea resa possibile dalle nuove accelerazioni digitali e telematiche, sta sicuramente cambiando il nostro modo di vedere e di registrare immagini. Da queste considerazioni, ecco il provocatorio progetto artistico del Musée de l'Elysée di Losanna (Svizzera), istituzione interamente dedicata al media fotografico.
Si intitola Tous photographes! / We are all photographers now! e prevede la partecipazione telematica di chiunque voglia vedere l'immagine che ha realizzato selezionata da un computer, stampata su supporti forniti dagli sponsor tecnologici, ed esposta in un museo di arte contemporanea.
E' fotografia questa? E' arte? Furbamente i curatori dell'iniziativa presentano la loro proposta come l'apertura e non la conclusione di un dibattito. Per chi vuole saperne di più consiglio la discussione sul portale lightstalkers, e il blog dell'iniziativa, che prosegue fino al 5 maggio, e che contiene anche registrazione di pubblici dibattiti, il tutto in inglese abbastanza basic. Non ho trovato riproduzione dei risultati on-line, e non credo di passare per Losanna apposta per questa iniziativa: se qualcuno ne sapesse di più, segnali pure.

 
di davide del 11/11/2006 in Cinema,  2215 link
[Articolo riportato da http://blog.myspace.com/davidephoto]

Yesterday it was the second cultural happening at the house of a very close friend of mine: we use to meet there to watch a movie and discuss it almost every week.

On our first evening, I had the chance to have an absent look at 1933 "She done him wrong" with Mae West... absolutely too far away from my vision, my way of thinking, my way of seeing reality, making imageries or way of shooting movies. : - (
http://www.imdb.com/title/tt0024548/

Yesterday we saw Fellini's "La Dolce Vita" and... wow, what a great, inspiring and important movie. I had watched that movie almost 20 years ago, when I was a stupid young teenager, but now, in my middle age lifetime walk, I enjoy all of it: the story, the melancoly and sadness, the good looking women and the over-the-top useless parties of perdition...
http://www.imdb.com/title/tt0053779/



Fellini has become utterly famous, most of all, for his outstanding ability to render stories and facts that barely exist on screen, always in between reality and dreams, lights and shadows, just as the Rome of movie starlets and the Pope. Everything is abstracted like in a dream. Every story is the good one for making a movie.

[Seen on Nov. 8th with Adirana, AlesSia, Andrea, Francesca, Nino, Paolino, ...]

 
Inutile negare che la vita non è equa nel distribuire le sue fortune, pertanto, vivendo dalla nostra parte del mare, bisogna assolutamente fare qualcosa di concreto per aiutare gli altri. In ausilio a noi, in genere perennemente soggiogati dalle ansie del sistema produttivo, vengono svariate ONLUS che possono servire ad alleviare il pur giusto senso di colpa.
Per questo ho aggiunto al blog i link ad alcune ONG che stimo particolarmente utilizzando un servizio interessante: Bloggers for Equity.
Il Progetto prende il nome di “Bloggers for equity”, e nasce con lo scopo di rendere più visibili e più facilmente accessibili i metodi di donazione economica verso varie associazioni umanitarie. Al Progetto possono aderire tutti i proprietari di spazi Web che lo desiderano e - manco a dirlo - l’adesione è del tutto gratuita, come lo è l’intera operazione. Gli unici movimenti economici saranno le donazioni che verranno effettuate dai visitatori degli spazi Web dei Soci tramite i box di “Bloggers for equity”, che non passeranno per la nostra organizzazione; tali donazioni andranno direttamente dal donatore alle organizzazioni umanitarie sponsorizzate nei siti dei Soci. Il Progetto è sostanzialmente una vetrina per le associazioni umanitarie. “Bloggers for equity” si fonda su un doppio sistema di sicurezza e trasparenza:
* la scelta delle organizzazioni umanitarie da inserire nel Progetto è subordinata alla valutazione dell’operato della singola organizzazione umanitaria candidata da parte del Comitato Direttivo del Progetto, sulla base dei criteri della serietà e dell’affidabilità;
* il singolo Socio di “Bloggers for equity”, al momento di esporre il “Box for equity” nel proprio spazio Web, effettuerà un’ulteriore selezione, scegliendo quali e quante organizzazioni coinvolgere nel box personale dal novero di quelle a priori scremate dal Comitato Direttivo, sulla base del criterio soggettivo. In questo modo, ad un primo controllo fondato maggiormente sull’affidabilità oggettiva dell’organizzazione umanitaria se ne aggiunge un secondo che fa leva sulle inclinazioni soggettive del singolo Socio, che potrà scegliere in piena autonomia - sulla base di convinzioni personali - a quali delle organizzazioni umanitarie offrire una visibilità sul proprio spazio Web, sicuro che nel novero dal quale sceglie si troveranno solo organizzazioni verificate. Il Comitato Direttivo non suggerirà né limiterà in alcun modo questa scelta; si limiterà - se richiesto dal Socio - a fornire un parere sul singolo caso.

Francesco Minciotti
Riguardo l'affidabilità oggettiva delle ONLUS non dimentichiamoci infatti che l'uomo è uomo, ed è intrinsecamente diffettoso anche quando si concede, per "fare la carità", una qualSiasi forma organizzativa. Purtroppo, esistono anche situazioni potenzialmente imbarazzanti, come riportato ad esempio dalla trasmissione del 6 dicembre di Radioanch'io, approffondimento giornalistico del GR1 RAI condotto dal bravo Stefano Mensurati:
06/12/2006

CHE FINE FANNO I SOLDI DEGLI AIUTI UMANITARI?
Ascolta la puntata Ascolta
Che fine fanno i finanziamenti statali della cooperazione allo sviluppo, gli aiuti umanitari dei privati al Terzo mondo, le donazioni alle campagne di raccolta fondi per la ricerca, le offerte alla miriade di piccole associazioni no profit che spuntano come funghi nel nostro Paese? Quanto arriva a destinazione e quanto si perde per strada? E soprattutto, chi controlla? A Radioanch'io accenderemo i riflettori su di un settore dove la straordinaria abnegazione e onestà di tanta gente perbene è talvolta offuscata da una gestione dei soldi poco trasparente e tutt'altro che parsimoniosa.
L'iniziativa B4= va proprio nella direzione di un utilizzo responsabile anche dei servizi degli operatori umanitari, anche perchè è difficile in genere reperire informazioni sulla trasparenza dei bilanci e sulla effettiva percentuale di risdistribuzione dei proventi delle elargizioni volontarie incassate dalle organizzazioni Non profit.

Qundi andate sul sito di B4= ed aderite numerosi all'iniziativa facendo le vostre scelte, e, mi raccomando, occhi ben aperti, e casco sempre ben allacciato ; - )
 
Leggo da false percezioni di Luigi Milani, l'intervista con l'artista/critico multimediale newyorkese Tom Shermann. Stimolanti, anche se contraddittorie, alcune sue formalizzazioni sul rapporto fra artisti contemporanei e nuovi media:
With the Web it (the radio) has become an asynchronous medium. We can find all kinds of archived audio streams on the Web. And ‘radio’ now includes pictures and video streams and statistics and print. Print itself has exploded through the Web. In the mid-20th century people were predicting that print, the written text as an object of thought, was obsolete. Look at how the written text has exploded with the WWW and blogs! Artists always have to look to new media for opportunities to reach audiences, but media considered old and obsolete are also being revitalized. Look at television. Television is being abandoned by audiences who seek more control over programming. Maybe the time will come for television to be programmed by artists!
E del rapporto post-Duchampiano fra arte concettuale e bello nell'era della comunicazione totale:
Marcel Duchamp critiqued painting as a mindless activity early in the 20th century. He advocated for an art of intent and concept. I don’t think Duchamp was arguing against visual sensuality or pleasure, but he was pointing out that art is fundamentally a philosophical discipline. Philosophical discourse is not restricted to pretty pictures. Ideas are not limited to visual images. 21st century culture and art involves a full spectrum of sensual information, including highly coded languages transmitted and received by machines across networks. Sure we still read most of the world through our eyes, but it is absurd to think that art and aesthetics are limited to beautiful images. Concept and context and data and information come in all kinds of textures and frequencies.
Sembra quasi la teorizzazione della società dell'informazione come messaggio (contenuto) e non solo come medium (espressivo). Infatti, secondo me, c'è una incolmabile contraddizione in termini fra le informazioni espresse in linguaggi condificati fra macchine, e la possibilità di esprimere una qualSiasi sensorialità, seppur evocata in senso allargato. Però la sonorità anglofona di "sensual information" accostato ad "highly coded transmitted language" è molto seducente, anche se, secondo me, it makes no sense.
 
[Articolo riportato da http://blog.myspace.com/davidephoto]

Here we go again with yet another Magnum-Photos a-la-Henri-Cartier-Bresson photographer on display in Modena this winter: just 2 large rooms with 3 dozens of big catchy colorful prints from ASia and a lot of rumbling people in the overheated gallery.

Different from many contemporary photojournalists who tend to "machine gun" their subjects, Steve McCurry immediately distinguished himself for his vivid personal way of seeing reality and by taking his time to slow down, wait for the right light, and know his subjects well before taking timeless shots of vibrant life.

The results are outstanding stunningly saturated portraits of people, places and moods, be them happy tribal dances or lands devastated by a war. Every single image vibrantly speaks both of the portrayed situations (be it in Afghanistan or in Tibet) and of its author at the same time: this is what I call the absolute reportage photography.

Afgan girl Kuwait

Thus a fairly straightforward exposition, easy to be understood by the general public and light years far from the conceptual contemporary art, but nevertheless inspiring as a unique vision of reality and beauty.

[Seen in Modena on Jan. 13th with Davide, Fabri, Patty and Nic]

 
(C) PHOTO JIM GOLDBERG - Raised By WolvesHo avuto la fortuna di conoscerlo nell’agosto del 99. Bell’annata per me il 99, sì. Fra le mille persone interessanti, incrociai proprio lui, Jim Goldberg, che si trovava in toscana per tenere workshop a fortunati figli di papà con l’hobby della foto. Non Siamo diventati amici però, forse emotivamente troppo lontani allora.
Ricordo, sbiadite ma emozionanti, un paio cordiali di cene in una lunga tavolata. Ricordo le risate, il vino, le ragazze che ascoltavano le sue storie. E lui che si compiaceva, con sommessa simpatia. E sì, già allora Jim di strada ne aveva fatta: aveva superato i 40 e praticamente si manteneva solo con le varie sponsorizzazioni che aveva ottenuto da fondazioni o musei d’oltreoceano, e aveva già pubblicato due o tre libri con progetti importati. Così, al contrario di altri fotografi che dovevano intrappolare la loro sensibilità creativa all’interno delle regole del mondo del business professionale per il 99% del loro tempo, Jim poteva già allora esprimersi e basta. Poteva far correre i pensieri e le visioni. Poteva portare il suo intimo contributo alla documentary photography domestica, ormai surclassata dal bombardamento mediatico dei Nachtwey da guerra. E lo faceva con animo umile e curioso, con atteggiamento di condivisione, come fu condivisione anche il momento in cui accese il proiettore e mostrò alcuni suoi scatti, molti dei quali ora potete vedere sul sito della Magnum Photos.
Già, il bravo Jim Goldberg, l’artista reporter del disagio privato e sociale nell’america patinata della New Economy, è diventato membro ufficiale della scuderia Magnum da pochi mesi. Complimenti Jim: tu non lo sai, ma dopo che abbiamo sfogliato assieme il tuo splendido Raised by Wolves, lo ordinai. Su internet, ovviamente.
 
Roberto Bozzetti - DJ Pappa Rodriguez - in 'Paris, Dabar'
Bologna, Via del Pratello: una quarantina di persone si sfidano in una gara mitica che nel suo percorso attraversa quattro bar. Ogni tappa, un bicchiere. Ogni bicchiere, un tot di punti. Vincerà chi, in quattro ore, riuscirà a totalizzare più punti o, molto più realisticamente, a rimanere in piedi.

Il film si snoda come una specie di documentario tra le personalità dei concorrenti. Ma se guardiamo più a fondo il film è effettivamente un documentario, infatti molte delle persone coinvolte nel progetto sono artisti, poeti, dj e tant'altro, e nel film non fanno che interpretare sé stessi.
Di tutti i personaggi che partecipano alla gara, il film deve ovviamente fare una cernita, ed è per questo che i caratteri "pienamente" sviluppati, sono meno di una decina. Naturalmente la trama è soltanto un pretesto: qui l'unica cosa che conta sono le vite "diverse", le speranze, i dubbi di tutti loro.
La città rappresentata in questo film ricorda quella Bologna viva degli anni settanta, con i suoi raduni, i centri sociali, gli Skiantos, così come l'ho sempre immaginata. In più c'è da aggiungere quell'atmosfera alla Ligabue di "Radio Freccia" (tra l'altro nel film c'è Radio K che trasmette in diretta la gara).
Ma se torniamo ai personaggi, posSiamo osservare come alcuni Siano perfettamente descritti, altri un pò meno. Una menzione speciale la meritano il Pappa (Roberto Bozzetti, che nella vita fa il dj) che, se vincesse vorrebbe solo per un attimo riabbracciare la madre; Osvaldo (Osvaldo Caracciolo, nella vita è un attivista politico nonché marinaio) che è una sorta di Guccini all'ennesima potenza e dulcis in fundo il Trippo (Guido Cristini, co-sceneggiatore del film) personaggio mitico che sembra continuamente "fatto", ma che è assolutamente straordinario. In confronto a questi tre (forse potremmo aggiungervi il Zani e Mario, che nella vita sono artista e poeta, e nel film sono eccezionali!), gli altri personaggi passano un pò in secondo piano. Essendo alcuni personaggi molto riusciti, altri meno, il film alterna momenti alti e momenti bassi. Nel complesso però si sente una sincerità di fondo che non può far altro che piacere (un vero film indipendente!).
Alla fine, più che il premio in palio, l'importante è il farsi capire, poter spiegare quello che si sente dentro di modo che esca fuori ciò che è veramente importante: la "normale" poeSia di tutti i giorni.

Renato Massaccesi su filmp.com

Al 47esimo minuto di film, apparivo per errore anch'io subito dietro un trombettista in strada: macchina fotografica al collo, ovviamente... solo un pelo più magro, col ciuffetto, e qualche sogno in più. : - )
 
di davide del 18/02/2009 in Musica,  124553 link

E' vero che dalle finestre non riusciamo a vedere la luce perché la notte vince sempre sul giorno e la notte sangue non ne produce, è vero che la nostra aria diventa sempre più ragazzina e si fa correre dietro lungo le strade senza uscita, è vero che non riusciamo a parlare e che parliamo sempre troppo. E' vero che sputiamo per terra quando vediamo passare un gobbo, un tredici o un ubriaco o quando non vogliamo incrinare il meraviglioso equilibrio di un'obesità senza fine, di una felicità senza peso. E' vero che non vogliamo pagare la colpa di non avere colpe e che preferiamo morire piuttosto che abbassare la faccia, è vero cerchiamo l'amore sempre nelle braccia sbagliate. E' vero che non vogliamo cambiare il nostro inverno in estate, è vero che i poeti ci fanno paura perché i poeti accarezzano troppo le gobbe, amano l'odore delle armi e odiano la fine della giornata. Perché i poeti aprono sempre la loro finestra anche se noi diciamo che è una finestra sbagliata. E Siamo noi a far ricca la terra noi che sopportiamo la malattia del sonno e la malaria noi mandiamo al raccolto cotone, riso e grano, e noi piantiamo il mais su tutto l'altopiano. Noi penetriamo foreste, coltiviamo savane, le nostre braccia arrivano ogni giorno più lontane. Da noi vengono i tesori alla terra carpiti, con che poi tutti gli altri restano favoriti. E Siamo noi a far bella la luna con la nostra vita coperta di stracci e di sassi di vetro. Quella vita che gli altri ci respingono indietro come un insulto, come un ragno nella stanza. Riprendiamola in mano, riprendiamola intera, riprendiamoci la vita, la terra, la luna e l'abbondanza. E' vero che non ci capiamo che non parliamo mai in due la stessa lingua, e abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero che abbiamo tanto da fare e che non facciamo mai niente. E' vero che spesso la strada sembra un inferno o una voce in cui non riusciamo a stare insieme, dove non riconosciamo mai i nostri fratelli. E' vero che beviamo il sangue dei nostri padri, che odiamo tutte le nostre donne e tutti i nostri amici. Ma ho visto anche degli zingari felici corrersi dietro, far l'amore e rotolarsi per terra. Ho visto anche degli zingari felici in Piazza Maggiore ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra. Ho visto anche degli zingari felici corrersi dietro, far l'amore e rotolarsi per terra. Ho visto anche degli zingari felici in Piazza Maggiore ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.
 
Finalmente il Word Wide Web si sta davvero affermando, Sia come qualità dei servizi disponibili, che come disponibilità delle necessarie tecnologie sottostanti (onestamente non saprei dire quale aspetto Sia conseguenza dell'altro, ovvero se viene prima l'uovo o la gallina ; - )).
Così i guru d'oltre oceano hanno inventato un nuovo ed evocativo nome, un nome da promettente versione aggiornata, per etichettare qualSiasi servizio che banalmente Sia utile, facile, bello, conveniente, ricco, stimolante, ... insomma che non Sia come i troppi pessimi prodotti/servizi web realizzati nei pionieristici anni del boom speculativo della New Economy.

Una spiegazione più evocativa la si può trovare nel bellissimo video "The Machine is Us/ing Us":

Oppure altro nella miriade di materiali rimbalzati ancora una volta prima nella blogsfera, e solo poi sulle news dei canali mediatici ufficiali (esempio: Ti spiego il web2.0 di webfruits).

In fondo, quindi, Web2.0 non è un prodotto/servizio reale, ma una semplice buzzword : mentre fino allo scorso anno la parola chiave del marketing tecnologico era "lean" (magro), in onore del lean thinking derivato dal caso di successo della Toyota, ora, in onore del Web, tutto quanto è diventato "2.0": "Image2.0", "Design2.0", "Vision2.0", "ProjectManagement2.0", "BusinessIntelligence2.0"... insomma: evviva il buon vecchio marketing, che è riuscito a ridare fiducia e credibilità allo stesso mondo dell'ICT che era drammaticamente imploso poco più di un lustro fa, semplicemente sostituendo una parola (lean) che ricorda la crisi economica ed un modo tutto nipponico di uscirne, con un'etichetta (2.0) che invece è tutta una promessa.
 
Un articolo del New York Times fa notare che "dall'anno scorso i militari hanno applicato un nuovo regolamento che prevede di ottenere l'autorizzazione dai soldati feriti prima che le fotografie di guerra possano essere pubblicate". Bisogna ammettere che un modo piuttosto ingegnoso per evitare che il pubblico possa vedere le conseguenze della disastrosa guerra in Iraq di George W. Bush ...
...(che, non dimentichiamolo, è anche la guerra di quei Senatori che a suo tempo diedero a Bush l'autorizzazione per essa, e di quelli che hanno appena allungato a Bush altri soldi senza condizione). Così adesso Siamo nell'assurda situazione in cui la gente non può far nulla per la guerra (perchè qualSiasi cosa che non Sia lasciar fare al Presidente tutto quello che vuole "non sarebbe di supporto alle truppe"), e i cittadini non possono neppure vedere cosa sta succedendo (perchè anche fare fotografie "non sarebbe di supporto alle truppe").
(via Conscientious)
Il tradimento dei democratici che hanno staccato un nuovo assegno in bianco alla guerra di George W. Bush è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E Cindy Sheehan, la madre di Casey - ucciso a 24 anni a Bagdad nel 2004 - diventata il simbolo del 'no' alla guerra, ha mollato: esausta, delusa e arrabbiata ha annunciato la sua intenzione di lasciare il movimento per la pace. E, in una lettera pubblicata da un sito liberal proprio nel Memorial Day, afferma: "Ho cercato per tutti questi anni di dare un senso al sacrificio di mio figlio ma ora sono giunta alla più devastante delle conclusioni: Casey è veramente morto per niente". "Casey è morto per un paese al quale interessa di più sapere chi sarà il vincitore del nuovo reality, piuttosto che quante persone perderanno la vita in Iraq nei prossimi mesi, mentre democratici e repubblicani giocano alla politica con le vite umane".
(via Repubblica.it)
 
Oggi ho trovato per caso un'intervista-lampo dell'artista americano Chuck Close pubblicata sul Guardian mesi fa, accompagnata da alcuni minuscoli ritratti mozzafiato. Si tratta di immagini che, pur nella loro forma fotograficamente non innovativa, risultano violente e d'effetto, sornione ed impietose al contempo, come se l'autore avesse voluto farci anche solo per un attimo com-patire la vita di chi, come lui, è stato toccato dalla grande irreversibile sfortuna di rimanere paralizzato.

 

PHOTO CHUCK CLOSE
PHOTO CHUCK CLOSE

Tecnicamente si tratta di dagherrotipi di formato medio-piccolo, ma non è la tecnica antimoderna che colpisce, sono gli occhi, gli sguardi, compiaciuti o terrorizzati come nel ritratto della irriconoscibile quando struccata Kate Moss. Si può davvero affermare dire che, pur con tecniche diverse, la grandezza nella lunga carriera artistica di Chuck Close stia proprio nel riprodurre le espressioni nei ritratti.

Sostiene Chuck  "non sono interessato nei dagherrotipi perchè si tratta di un processo antico; mi piacciono perchè, dal mio punto di vista, la fotografia non ha mai ottenuto niente di meglio da quello che era nel 1840". Piuttosto discutibile la sentenza di Chuck, ma noi lo posSiamo perdonare ugualmente, anche solo per questi semplici ritratti che seguono: nessuno avrebbe potuto realizzarli nel 1840. Non certo perchè non c'erano i mezzi (sono gli stessi utilizzati da Close in queste immagini che risalgono al 2003), ma piuttosto perchè mancava tutta la cultura dell'immagine che si sarebbe creata solo con l'inevitabile susseguirsi della storia successiva...

PHOTO CHUCK CLOSE
PHOTO CHUCK CLOSE - Kate Moss


PHOTO CHUCK CLOSE - Lorna

PHOTO CHUCK CLOSE - Autoritratto
PHOTO CHUCK CLOSE - Self-portrait

 
Quello che gli uomini non dicono / Selon Charlie (2006)"Un boomerang segna la sua traiettoria in cielo e, a seconda di come viene lanciato, torna indietro oppure no." Ai protagonisti di Selon Charlie (2006), film corale dell'attrice e regista Nicole Garcia, quello che non torna è il bilancio della propria vita: tutti devono affrontare i propri fallimenti, anche quelli che per anni si speravano rimossi. Fallimenti personali, sentimentali, famigliari, emotivi, sociali, sportivi e professionali: tanti i temi abbozzati, come oggi va di moda fare, troppi per analizzare in profondità personaggi in situazioni di passione, non-amore, carriera, politica, malavita, consolazione, spiritualità e religione, omosessualità...
Solo alla fine tutto torna: c'è un bambino che ha il coraggio di svelare la verità rendendo evidente quello che gli adulti facevano finta di non vedere, e, nell'ultima sequenza, riesce a far ritornare il boomergang.

Locandina QUello che gli uomini non dicono

Criticato come pretenzioso e troppo esplicitamente metaforico (la scoperta dell'uomo preistorico Dirk, che pone domande sulla solitudine dell'uomo, la parabola del boomerang che infine torna indietro, etc.), in definitiva noioso, a me questo film invece è davvero piaciuto molto.
Se ci dimentichiamo di nuovo delle solite superficiali traduzioni della distribuzione italiana, col terribile titolo utilizzato (leggi anche di The Eternal Sunshine of The Spotless Mind), e con l'ancor più disarmante pay-off "il film che tutte le donne dovrebbero vedere", in realtà le piccole storie di questi piccoli personaggi di provincia non sono tristi, anzi ci vorrebbero indicare come semplici, ma intense, sono le vere gioie della vita. Il presonaggio più stupefacente? Severine, la bella giovane amante del sindaco, che ha la sfrontatezza di dire sempre le cose come stanno e di soggiogare con dolcezza e femminilità il suo superficiale uomo.
In conclusione, magari ci fosse in Italia un'industria del cinema della qualità di quella francese, che, anche quando sforna film che non saranno capolavori assoluti, riesce a colpire al cuore con intensità e sensibilità. Il cinema di casa nostra, invece, si deve accontentare di sovraesporre gli adolescenziali Muccino, Brizzi e Scamarcio, o, alla meglio, il solito ripetitivo buon Ozpetek.
Ci vorrebbe più poeSia anche nel nostro cinema, più Crialese per tutti, insomma.
 
La Gapminder di Hans Rosling ha sviluppato un innovativo software per visualizzare dati statistici con video animazioni: è in grado di rappresentare dati multidimensionali mediante accattivanti rappresentazioni animate che vanno oltre le tradizionali tecnologie di OLAP e reporting attualmente diffuse sul mercato. Hans in questo intervento alla TED Conference dimostra una bravura narrativa degna dell'Adriano De Zan dei tempi d'oro come ci fa notare Luca De Biase:

Il prof. svedese ha portato i suoi concept in giro per il mondo con comunicazione tanto efficace che è del 18 marzo la notizia che Google compra Gapminder.

Da venturebeat leggo:
Google buys Gapminder, a graphical display company
By Matt Marshall 03.19.07 7:58 AM

Google has acquired Swedish non-profit company Gapminder that produces visually attractive graphics to display facts, figures, and statistics in presentations.
See the site's new home page for an example of what it does, which includes moving graphics and other effects. Hans Rosling, a scientist who led the company, gives an entertaining presentation of the company's offerings at TED. He explains how important public data from UN, government institutions and universities has been hidden in the basement of databases, but that it not been available on the Web in a search format, and that is what Gapminder, as a non-profit had been trying to pursue. The TED audience was clearly moved, and we can only assume some Googlers in the audience likely recommended the purchase. Notably, only software and the Web site were sold to Google, and Rosling apparently didn't get a dime.
Swivel, you'll recall is another San Francisco start-up that lets users play with statistics, and encourages the use of graphics. The company launched last year, after working on its technology for a year. Depending on what Google does with this, Swivel may be forced to focus on its paid version, for sale to companies that want to keep their data private.

Da hebig invece leggo:
Hans Rosling selling Gapminder to Google
posted on 19. March 2007 at 08:47 PM

Venture Beat has the story: Google buys Gapminder.
This is cool. Gapminder was founded by the very smart and entertaining Hans Rosling who has delivered outstanding presentations at several high-level conferences including TED and WEF. Loic also invited Rosling to speak at the LeWeb3 conference in Paris where I was so fortunate to see him present live. At the recent TED07 he even swallowed a sword on stage; I guess that impressed the Google founders who were also present at the conference. Note that Rosling didn't cash in with this transaction as Gapminder (the software) is developed by a non-profit foundation. More details on the story here.

Io non so se essere contento o meno della notizia della cessione. Di certo sono contento per il fatto che forse fra pochi mesi/anni avremo un servizio "gratuito" e facilitato di analisi visuale dei dati multidimensionali.
Ma se, dopo quella dei GIS, anche la nicchia della Business Intelligence, forse una delle poche ancora galoppanti nell'asfittico panorama dell'IT, venisse banalizzata ed in parte fagocitata da Google? E' ormai storia che con il servizio "maps" prima, ed "earth" poi, realizzati a suon di analoghe annessioni, Google ha messo a disposizione di tutti gli utenti e gli sviluppatori web un'insieme di servizi cartografici molto limitato che ha puntato sulla gradevolezza dell'interazione utente e su ruffiane foto aeree per sfondare in un mondo molto più attento all'apparenza che alla reale qualità dei servizi. Infatti, pur riconoscendo l'innovatività della semplice ed usabile interfaccia utente realizzata per GoogleMaps, e l'efficienza della consolidata architettura a server distribuiti tipica delle soluzioni made in Google, la qualità e accuratezza delle cartografie servite non arriva alla sufficienza per molti utilizzi che vanno al di là del trovare la pizzeria da asporto più vicina a casa. Malgrado ciò, grazie all'innovativo marketing di Google, GoogleMaps e GoogleEarth sono il nuovo punto di riferimento nell'area delle applicazioni GIS. Succederà così anche per le tecnologie acquisite da Gapminder?

La mia morale sulla Google-mania pervasiva è:
- Pro: vulgarizzare servizi vuol dire diffondere democraticamente conoscenza in modo gratuito, o quasi.
- Contro: banalizzare tecnologie a volte causa l'impoverirne l'accuratezza informativa.
- Devastante: fornire tutto ciò nominalmente "gratis" (in realtà secondo un modello di business alternativo) significa rivoltare il mercato come un calzino.

Infatti, offrendo "gratis", pur con qualità inferiori, servizi che altrimenti hanno una complicazione ed un costo non banali, succederà che: da una parte gli operatori del settore (come la Swivel citata da Matt Marshall, ma anche molti altri specializzati in soluzioni di alto profilo anche se più glocal) dovranno fornire un valore aggiunto ancora maggiore per differenziarsi da un prodotto di base molto accattivante disponibile gratis, dall'altra i prezzi scenderanno e i margini (esigui) si ridurranno ulteriormente, e, infine, qualche altro operatore dell'IT chiuderà i battenti. La legge del libero mercato, si dirà. E, col liberismo, la democratica diffusione della conoscenza per tuttri coincide paradossalmente proprio con il declino della pluralità tecnologica e l'affermazione dei giganti dell'industria informatica? Fra Google e Microsoft, IBM e Oracle, Sun e SAP... proprio non saprei quale fra i "monopolisti" mi sta più antipatico... Ah, dimenticavo Apple, il monopolista dei lettori mp3 ; - )
Sarà un bene? Chissà... intanto sembra proprio che l'informatica Sia sulla stessa strada che fu dell'automotive un secolo fa: dai tempi pionieristici in cui qualSiasi mente lucida (o qualSiasi officina famigliare) poteva contribuire al progresso producendo qualcosa di innovativo e di pregevole, ai tempi in cui sono rimasti solo 7 grandi nomi che, d'accordo con 7 sorelle, detengono il monopolio globale del know-how e soprattutto delle risorse per sostenere la ricerca e sviluppo ai soli propri fini. Ai restanti solo piccole cose, e alle microimprese solo servizi di manutenzione programmata... in franchising, ovviamente.
Per fortuna che oggi, grazie alla relativa economicità del mondo digitale rispetto a quello dell'industria pesante, abbiamo l'opzione offerta dalle tecnologie Open. Basterà?
 

PHOTO JAMES NACHTWEYNon ho ancora letto l'intero articolo di Jim Johnson, ma l'abstract mi risuona interessante: "La sovraesposizione di immagini crude e violente potrebbe, trasformando i diffusi problemi socio-politico-economici in melodrammatiche storie di umano interesse, diminuire la reale capacità degli individui e delle organizzazioni ad intraprendere azioni correttive e preventive" efficaci e tempestive.

Ciònonostante una populistica visione convenzionale del fotogiornalismo continua a premiare gli atteggiamenti più demagocici al riguardo, come quello di un James Nachtwey da guerra che si racconta alla TED conference come se produrre le immagini che in primis gli procurano il successo personale fosse un'operazione mesSianica di salvataggio del mondo dal male.


PHOTO JAMES NACHTWEY
PHOTO JAMES NACHTWEY
 
Suda el Jamon - Pubblicità NikeUn'altra antipatica multinazionale, dopo la Dove di cui avevo già scritto, utilizza ruffianamente la tematica della bellezza del corpo, della sua percezione, e di come ottenerla in modo non cruento, non violento contro noi stessi, ma armonico e sostenibile. Lo spot "educativo" della Nike, "carina" l'idea e simpatica la canzone, ma filmograficamente davvero bruttino, incita allo sport aerobico in vece del bisturi. La ruffianeria di queste campagne con tematiche "sociali" risiede nel fatto che è impossibile dissentire, anche se, come il sottoscritto, si preferisce abbigliamento sportivo di altre (o, fosse possibile!) di nessuna particolare marca.
La nuova campagna della Nike lanciata nei Paesi latino americani sembra essere in controtendenza con quanto accade da noi, come scrive spotanatomy, ma più che da noi è proprio nei paesi latino americani emergenti che le giovanissime si sottopongono a inumane torture fisiche, diete mortificanti e "vagonate" di chirurgia estetica, molto più economica e quindi anche diffusa e pericolosa, a quelle che alle nostre latitudini.
Da vedere, anche se questa versione è davvero troppo lunga, Sia come prodotto viral per il web, che come spot.
 
E' gelida ma sempre bellissima la Venezia del mio giorno ai Giardini della 52a. Biennale d'Arte Contemporanea. E' Venezia: un fenomeno, non una città, se non in un senso tutto surreale e Calviniano del termine.

Pensa con i sensi - Senti con la mente. L'arte al presente” è il pay-off dell'edizione 2007 della più importante mostra di mostre d'arte contemporanea d'Europa, o, in inglese, “Think with senses – Feel with mind” senza il “the” di troppo, come mi ha fatto notare un amico filologo.


Se anche all'Arsenale spesso scarseggiano importanti novità e forti emozioni, le selezioni dei tradizionali padiglioni nazionali dei Giardini rappresentano un vero e proprio inno alla importanza della catena produttiva più che ai contenuti: lo sforzo creativo di light designer, installatori, curatori e esperti di comunicazione supera troppo spesso la qualità o l'innovatività delle opere, che troppe volte risultano deja-vue, o addirittura appaiano come derivative delle produzioni anni 80 o 90 in modo alquanto imbarazzante.


Molte le “cose belle” viste, ma mi hanno emozionato davvero pochi padiglioni. Non voglio citare la pregevole e osannata da critica e pubblico “Abbi cura di te” della francese Sophie Calle, perchè uno sopra tutti ha presentanto il mio personale modo di vedere con le immagini: la cinematografica video installazione “Le donne che non conosciamo” del regista catalano José Luis Guerin, all'interno della reinterpretazione del “Paradiso Spezzato” di Ezra Pound voluta dalla curatoria spagnola.




Interessante anche la mercificazione dell'opera d'arte ben rappresentata dalla curatoria - manco a dirlo - americana che ha scelto le opere del già visto Felix Gonzales-Torres: gli avventori, invitati a portarsi a casa uno o più poster, diventano propagini viventi dell'installazione, e, sparsi per tutta Venezia, riconoscibili per i rotoli cartacei sotto braccio, incarnano la realizzazione del consumismo alla “take away”, che, infine, trova pace nel cestino delle pattumiere o dei nostri ingordi stomaci.



Troppo didascalica e davvero fuori tema l'opera fotografica presentata nel padiglione del Venezuela. Troppo rifinito invece il sottile concept della poetica del complesso di inferiorità nel “The Homo Species” del koreano Hyungkoo Lee.


Su quest'ennesima VERTIGO installativa non mi dilungo oltre, ma mi auguro solo che ogni tanto più ampia parte dei budget milionari che servono a produrre eventi del genere Siano dedicati alla scoperta di nuovi e più inesplorati territori della comunicazione emotiva.


L'intero diario fotografico si trova qui.

Update 24/11/2007: interessante il commento ai "Giardini della Biennale" di Nadia, che si trova qui.

Update 28/11/2007: Paola mi segnala l'interessante video-installazione "I wil die" di Yang Zhenzhong:
 

La fotografia di Edward Burtynsky è tutta rivolta a documentare la distruzione dell'ambiente naturale per il nostro egoistico benessere immediato, o, come dice lui "La nostra dipendenza dalla natura per fornirci dei materiali di consumo e la contemporanea peoccupazione per la salute del pianeta ci collocano di fronta ad una scomoda contraddizione".

Bruce Haley produce fotogiornalismo già da un po' di tempo. Guardando il suo progetto Disfigured Landscapes, è interessante notare come la percezione degli stessi paesaggi in via di distruzione (fotografati in bianco e nero) Sia piuttosto diversa da quella di Edward Burtynsky (che usa pellicola a colori):

PHOTO BRUCE HALEY
PHOTO BRUCE HALEY


PHOTO EDWARD BURTYNSKY

[via Conscientious]

 
di davide del 04/02/2007 in Fotografia / Arte,  4136 link

Esattamente 8 anni fa scrivevo una pagina del mio personale diario proprio su ArteFiera, e la "pubblicavo" su un proto-blog realizzato tramite una mailing-list di amici, artisti e creativi che ruotavano attorno ad un sito open e ai "suoi" progetti...

Pavimentazione vuota a tratti di gente ad ArteFiera 2007
DAVIDE GAZZOTTI - Pavimentazione affollata a tratti ad ArteFiera 2007

...e, non inaspettatamente, molte delle considerazioni fatte allora si possono traslare in quello che è successo in questi anni all'arte, alle fiera, ad ArteFiera, ed al sottoscritto ; - )
Differenze da allora? Beh, innanzitutto la scomparsa definitiva delle gallerie innovative che noleggiavano gli spazi espositivi nel sovrariscaldato piano superiore perchè più economici, poi la drastica riduzione di arte moderna (fino alla pop inclusa), per dare spazio a più realizzazioni contemporanee. Non che con questo la qualità delle emozioni provabili barcollando per un tale mercatino ne guadagni, anzi... non è che forse sto invecchiando io?

Uno dei momenti più elevati e creativi l'ho vissuto durante la illuminata performance estemporanea di Lilia e Paolo, che ha attirato l'attenzione di svariati visitatori ed ha segnato un notevole aumento di presenze allo stand utilizzato come scenario:

Paolo Dondini - Una di queste opere ritrate ad ArteFiera 2007 è un falso. Quale?
Paolo e Lilia - Una di queste opere ritratte ad ArteFiera 2007 è un falso. Quale?

Infine, per memoria storica, riporto lo scritto a cui mi riferivo in principio, recuperato in qualche dimenticato meandro del mio archivio elettronico.
See you later, d.

----- Original Message -----
From: Gazzotti Davide
Sent: Monday, February 01, 1999 3:08 PM
Subject: [aciderror] Diario a caldo di un profano nella tana dei mercanti dell'arte

ArteFiera99: potrei enumerare i nuovi spazi espositivi, oppure decantare statistiche di visitatori e numero d'opere esposte in costante crescita, ma questo compito è svolto egregiamente dagli organi d'informazione ufficiale.
Invece quello che voglio raccontare è l'improbo tormento di voler provare il brivido di una sensazione nella tana dei mercanti dell'arte.
Unica notevole novità è lo spazio per le installazioni artistiche di grandi dimensioni, in cui, fra i vari Argan e i neoclassici dozzinali, fa bella mostra di sè lo stand promozionale di una premiata fonderia bolognese.
La sempre presente mostra fotografica è quest'anno sponsorizzata da una nota casa di lingerie: la galleria sensoriale, che ospita immagini di Parisotto Vay, mi ha regalato il primo sospirato brivido. Sarà stato merito dell'impressionante impianto luci o della mistica musica di sottofondo, ma le già ben note curve, dinamiche e al tempo stesso statuarie, immortalate da Parisotto evocano la componente più classica e onirica dell'universo femminile restituendo ugualmente sipido dinamismo e modernità che sempre urgono nella vita dell'uomo contemporaneo. Ma se non siete riusciti a visitarla entro il lunedì sera di chiusura dei battenti, potete comunque ammirare molto di questo materiale fra i "-50%" della prossima fiera del libro.
Il padiglione dei galleristi più classici, soffocandomi con un clima antitetico a quello stagionale, fuga qualSiasi altro tentativo di involontario irrigidimento cutaneo. Un affollamento senza precedenti, nella mia breve carriera di profano di arte ad una fiera, in cui risalta più la pasta di cui è fatta la gente presente che la poeticità e talvolta modernità delle molte opere spesso mal assortite ad ammassate negli spazi espositivi. Rari, in questa zona, gli studenti e i veri amanti dell'arte; diffusi, invece, i collezionisti fighetti ed i mercanti in genere. Potrei ricordare che questo non è più l'anno boom di Galliani, ma quello di Valentini (con cui i due terzi dei galleristi millantano esclusiva collaborazione). Oppure potrei notare l'imponente apparato propagandistico dedicato al presunto ritrovamento di alcune vecchie matrici di cinque litografie di un anziano artista lusitano. Oppure, ancora, potrei elencare la quantità di "classici" invenduti (De Chirico, Sassu, Mirò...) che molti galleristi non hanno avuto neppure l'accortezza di montare in posizione diversa da quella che occupavano nell'edizione dell'anno passato.
A questo punto le vampate di aria viziata e le bombe sensoriali a cui i miei occhi curiosi sottopongono le già stanche meningi mi costringono ad un disordinato barcollare da uno stand all'altro alla ricerca disperata di quel tanto sospirato brivido che, in fondo, è il sale della vita.
Salgo le lunghe scale mobili nella speranza che il padiglione dei moderni, degli innovatori, mi riservi qualche sorpresa. Non resto deluso, malgrado l'apparente eccessiva ricerca di impatto visivo a tutti i costi, spesso a scapito della poeSia, che pervade le produzioni artistiche più recenti.
L'unica frustrazione qui mi è riservata dallo stand che espone foto e statuette di pessimo gusto, ma con sfondo sessuale, che, grazie a ciò, riceve un immeritato climax di visitatori, evidentemente molti più profani
di me. Ammiro i purtroppo scadenti Wharol di un gallerista fiammingo, fuggo nauseato dai diffusi scempi altrui del Donzelli, rivedo volentieri le belle fotografie istoriate di un autore arabo il cui nome, ovviamente, mi sfugge, rimango incantato di fronte ai poetici volti e alle mani rappresentate da una giovane artista padana, e trattengo un conato davanti all'esteticamente irrilevante quadro che documenta il parto di un ermafrodita...
Prima di uscire mi tolgo una curiosità: domando il prezzo di un dolcissimo angelo di Omar Galliani, in realtà già marchiato con il bollino di "venduto", in modo da evitare la potenziale insistenza del venditore. Più di 8 delle mie mensilità nette! Meno male, tanto la vera arte è bello fruirla e non possederla. Quando la compri a così caro prezzo la stai violentando, la stai rinchiudendo in una prigione, dietro sbarre che ne tarpano le ali: non può più volare in alto nel cielo, non può più regalare a nessun altro che a te il brivido che egoisticamente stavi cercando.
Di ritorno verso l'automobile mi chiedo cosa voleva comunicare quell'artista che ha incollato una serie mainboard di vecchi PC ad una tavola e poi ci ha colato un po' di plastica nera sopra... Lascio perdere, giro la chiave e pago il parcheggio quasi soddisfatto della mia domenica pomeriggio, ma con un unico groppo in gola: peccato che i mercanti dell'arte mi abbiano costretto all'esborso di 20mila di ingresso e 6milae5 di parcheggio, prezzo invero in linea con altre esposizioni commerciali. Per una fiera così mercantile, per farmi visitare il mercato delle pulci dei grandi artisti, potevano però essere più generosi, soprattutto immergendomi nei panni dello studente universitario interessato all'arte e alle nuove tendenze, ma, evidentemente, questa fiera non è a lui dedicata.
Davide
mailto:davide@davidegazzotti.com
acid your life: http://www.acidlife.com/
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[Visitata 1 settimana fa alla Fiera di Bologna con Lilia e Paolino]

 
Il mio blog me lo sono prescritto alla fine di gennaio del 2007: ho installato sul mio sito vecchio di sette anni (e si vede) dblog, una piattaforma open, e riversato una dozzina di articoli scritti su myspace per gioco, e quindi ho cominciato a registrare irregolarmente, col tono un po' saputello del professorino mancato, parte di quello che mi capitava sotto gli occhi o dentro le meningi al solo scopo di autocelebrazione personale, senza nessuna velleità che la mia vena artistica o comunicativa fosse degna di qualSiasi attenzione o di pubblico. D'altra parte esistono blog di professionisti della comunicazione che invece meritano davvero visite e successo, per qualità e/o originalità dei contenuti.
Quasi subito trovo l'inziativa di sid05, che a sua volta riprendeva una analogo post virale dalla blogsfera anglofona, delle facce di 2000 blogger italiani. Subito mi iscrivo, entro in "lista" ma pubblico il post virale in questione solo con almeno una 20ina di giorni di ritardo, ma retrodatato.
Ieri leggo (non so più dove) che una piattaforma di nanoblogging (fenomeno di cui si parla in tutte le salse), tumblnr, è ancora altamente insatura. Quindi accendo l'account davidephoto.tumblnr.com e posto solamente 1 foto appena postata sul mio blog e i link al mio sito ed al mio blog. Succede che:
  • Raddoppiano i visitatori unici sul blog (da 70 a 150 visitatori al giorno)
  • Triplicano le pagine lette sul blog (da 120 a 450 al giorno)
  • Si moltiplicano a dismisura anche i link uscenti
  • Secondo Technorati ed altri tool di ranking la posizione in classifica del mio blog, per quello che vale, aumenta radicalmente ed immeritatamente in un paio di giorni soltanto
Progressioni del genere non le avevo ottenute neanche quelle 3 o 4 volte che sono stato linkato da importanti blog di professionisti della comunicazione. La mia interpretazione:
  • Il solo essere presenti nelle social network globali, quando ai loro inizi sono poco popolate anche se inspiegabilemnte molto popolari perchè ne parlano tutti (come la semplice e poco abitata internet di 12 anni fa quando mi affacciai al web), anche se senza contenuti causa curiosità, e quindi traffico.
  • L'autocitarsi, i meme virali come "2000 bloggers" e molti altri, e i meccanismi sociali di commenti e controcommenti, esaltati dai tool di ranking come Technorati non determinano il successo (ovvero l'utilità sociale) di una pubblicazione. Tantomeno ne qualificano la qualità, che, per altro, è assolutamente soggettiva.
  • Il traffico ora iniettato sul mio blog dall'effetto contemporaneo "tumblnr + esposizione di un meme" è traffico "finto", ovvero fatto per lo più di blogger non interessati ai contenuti (di qualità discutibilissima) del mio blog. Calerà presto per tornare ai volumi precedenti.
  • Vantaggi per me? Nessuno.
Ho tralasciato qualche considerazione? Immagino di sì...
Buona festa della liberazione.
 
Money from PicturesPochi anni fa non esistevano o quasi agenzie fotografiche Royality Free. Ora dicono Siano la maggior parte del mercato della fotografia "stock", ovvero da archivi dove trovare generiche immagini per editoriali, piccole borchure, siti web, etc., anche se, onor del vero, cifre certe è difficile elaborarne.

Tutto è nato anche perchè il prezzo delle immagini d'archivio, già reperibili on-line sui siti di tradizionali agenzie ad alta qualità, era davvero troppo elevato, quindi riservato ad impegnativi progetti di immagine coordinata e fuori dalla portata di micro imprese, progetti più piccoli (sono la maggioranza) o studenti di (web) publishing. I siti di Microstock photography sono la risposta a questi bisgoni: si affidano principalmente a fotoamatori che inviano e catalogano le loro immagini sul sito, ed offrono fotografie ad alta risoluzione addirittura a partire da 1 dollaro, normalmente dai 2 ai 10 dollari, e in più sono Royality Free, ovvero senza ulteriori Royalties da pagare a prescindere dal numero o dalla tipologia di utilizzi, commerciali e non, da parte dell'acquirente. Sono la risposta massificata alla richiesta generalizzata di enormi quantità di immagini sempre "nuove" con cui bombardare le masse.

L'avere come fonte di contenuti hobbysti desiderosi di sprecare tempo per incassi nel 99,9% dei casi marginali, e la meccanicità dei criteri di accetazione delle immagini, fa si che l'enorme mole di materiale catalogato su di un sito Microstock necessiti di una più accurata selezione da parte del committente per trovare l'immagine comunicativamente giusta e con qualità (non solo tecnica) giusta per il progetto in corso. L'enorme quantità di hobbysti, con a disposizione una fotocamera digitale ed una copia di Photoshop, desiderosi di esposizione, riconoscimento morale e condividisione dei risultati, ha fatto sì che le Microstock agencies strutturassero il proprio sito più come un social network che come il sito di un'agenzia fotografica on-line. Questa è stata la mossa vincente dei pochi nomi che ormai sono accapparrati il mercato.

La struttura di prezzo rivoluzionaria, inoltre, è riuscita a stravolgere questa nicchia di mercato nel giro di un paio d'anni: queste Microstock agencies stanno causando seria preoccupazione alle agenzie di stock photography tradizionali, e stanno già influenzando le loro strategie di mercato, dice questo articolo sul New York Times.

Dal punto di vista del diritto, Royality Free nulla c'entra con il Copyright o il Copyleft, o la sempre più diffusa licenza Creative Commons: il diritto di ripoduzione originario resta di proprietà teorica all'autore, e solo in alcuni casi può essere trasferito in esclusiva alla agenzia on-line, ma viene concesso in modo illimitato a chiunque acquisti a queste ridicole cifre le immagini.

Per provare personalmente questi servizi, anch'io mesi fa misi in vendita, sotto pesudonimo, qualche dozzina di scatti realizzati per caso, o qualche scarto da progetti di cui possiedo tutti i diritti, oppure ancora immagini che non avevano qualità sufficiente per essere accettate nei siti delle agenzie "macrostock". Da parte mia confermo i risultati economici insoddisfacenti, d'altra parte ad 1 o 2$ per immagine, per di più disperse in banche dati con uno o più milioni di foto tutte ugualmente mediocri, è difficile emergere e fare i grandi numeri necessari a giustificare il tempo impiegato per l'upload e la catalogazione delle immagini sul portale di stock photo. Chi ci è riuscito sono in pochi, i pochi pionieri un paio di anni fai di questo nuovo mercato fotografico, che avevano il tempo di inviare e catalogare centinaia immagini un pelo sopra la media in banche date da poche decine o centinaia di miliaia di foto, e che ora, per via dei meccanismi di misurazione di popolarità tipici delle social network si trovano un'esposizione molto maggiore del tipico nuovo arrivato.

La novità che ho scoperto oggi verificando il log delle vendite dell'ultima settimana è che anche i grandi nomi del marketing e dell'immagine coordinata hanno qaulcuno al loro interno che, magari per piccoli progetti o per comunicazione interna, evita i costosi siti ad alta qualità d'immagine di Alamy, Corbis e Getty, e si occupa di scaricare praticamente gratis dai vari Shutterstock o Fotolia, al solo maggior costo del maggior tempo necessario al tipicamente sottopagato addetto incaricato della selezione per trovare le immagini giuste e di ottima qualità. Nomi dal log delle mie vendite di questa settimana? Ecco: JWT, R&R Partners,......!!!!

Bene, questa è la conferma della morte ufficiale della Stock Photography come business.

Più in generale, dopo l'affermazione dell'Open Source nella produzione del software e del Peer2Peer nella distribuzione audiovisiva, è la morte nel mondo digitale del modello di business basato sul prodotto (o sul detenere esclusiva un brevetto o un'opera creativa). Stiamo irreversibilmente diventando una società di servizi, alcuni condivisi, altri a pagamento, e il modello di business produttivo tradizionale rimarrà unicamente per i prodotti tangibili, di cui è reso necessario (o di cui è reso necesario) il possesso. La conoscenza, unico vero asset nel nuovo mondo digitale, essendo anch'essa condivisa, non da diritto a nessuna remunerazione. Speriam solo che restino in piedi abbastanza business tradizionali per permettera a noi servitori nella società dei servizi di pagar tutte le bollette a fine mese ; - )

 
Ricopio da bernyblog una notizia che contiene un appello importante:
Epicuro/MillelireÈ questa la richiesta di risarcimento simbolico a RCS per lo sfruttamento dell’idea Millelire, appena avanzata in una lettera aperta da Gianni Laterza a cui è possibile aderire. Lo scopo è quello di destinare una minima parte di ciò che il gruppo editoriale introita dai suoi Corti di Carta, in fase di lancio, a un fondo per la pubblicazione di testi di qualità. Risarcimento simbolico ma più che dovuto, visto che ora RCS riprende e si appropria (o almeno ci prova) di quella “ardita sperimentazione di un gruppo di pazzi scatenati e visionari guidati da Marcello Baraghini.”
Dal 1989 i Millelire di Stampa Alternativa sono divenuti una mitica collana ormai cult, con oltre mille titoli che “ancora trasudano attualità e vivacità e sono oggi oggetto di grande attenzione nel mercato del collezionismo.” Una trentina dei quali sono liberamente disponibili in formato elettronico su Libera Cultura. Senza dimenticare, prosegue Laterza, che “tante persone, senza distinzione di censo, hanno nutrito le proprie librerie di cultura preziosa. I libri Millelire sono diventati per anni il mezzo identificativo di intere generazioni.” E oggi, appena 18 anni dopo la loro nascita, quelli del Corriere scoprono l’acqua calda e li propongono come fosse un’idea loro — forti del fatto che sono grossi e prepotenti. Un risarcimento simbolico è proprio il minimo che gli si possa chiedere.

Dello stesso argomento scrivono anche Marcello su Riaprire il fuoco e Antonella Beccaria sul suo blog.

 
PHOTO SARAH SAUDEKOrmai ha quasi quarant'anni la bella Sarah Saudek (o, come si dice, Sarah Saudkova). Nata nel 1967 in Repubblica Ceca, si è laureata all'Università di Economia di Praga. Ha prima condotto un programma TV e ne ha fatto da autrice, per poi diventare partner, modella e manager di Jan Saudek.

Jan e Sarah

Jan Saudek (classe 1935) è indubbiamente il primo grande fotografo moderno della Repubblica Ceca, ed è famoso per i suoi crudi nudi che focalizzano, con tecnica ruvida, un erotismo grottesco e intrigante, Sia nella forma che nel contenuto. Wikipedia ci suggerisce di non confonderlo con il quasi omonimo Josef Sudek (1896-1976), che, francamente, non sapevo neanche chi fosse. Sarah invece oggi è descritta su www.saudek.com che Jan e Sarah condividono, come "il braccio destro" del fotografo Jan Saudek. Col lavoro di assistente, Jan Saudek la ha introdotta alla fotografia: "Il maestro Jan mi ha insegnato l'artigianato della fotografia, perchè non c'è scuola migliore...".
Sarah Saudek ha cominciato a realizzare le prime fotografie tutte sue nello studio di Jan nei tardi anni 90 (i primi lavori pubblicati sono datati 1998), ed ha successivamente dimostrato una certa abilità a sviluppare uno stile proprio, pur nell'esplorazione di territori simili a quelli del proprio mentore. C'è femminilità e una qualche tenerezza nel suo lavoro. Dopo un paio d'anni che fotografava, Jan affermò addirittura che le immagini di Sarah erano superiori alle sue. Potenza dell'amore? Può darsi. Di certo la raffinata ruvidità della visione e della tecnica del Maestro, qui addolcita, lascia posto ad una imperfezione tecnica meno piacevole.

The Kiss
Forse il più forte dei suoi lavori giovanili è 'The Kiss', 1999, che dimostra un deciso approccio grafico al soggetto, riprendendolo dal basso: una vista d'effetto di un semplice atto. Altra immagine significativa è 'The Tenderness' (2000), un'altra coppia, questa volta nudi, in ginocchio, ma ripresi dall'alto.

The Kiss - PHOTO SARAH SAUDEK
The Kiss, 1999 - PHOTO SARAH SAUDEK

The Tenderness - PHOTO SARAH SAUDEK
The Tenderness, 2000 - PHOTO SARAH SAUDEK

L'intimità
Ci sono immagini di Sarah che potebbero offendere qualcuno per via della presenza del nudo o anche di atti sessuali espliciti, ma di certo non si tratta di nulla di pornografico o di bassamente stimolante, anzi, piuttosto, l'immaginario di Sarah Saudeck tende a rappresentare il lato più divertente e commovente della sensualità. C'è una profonda intimità in molto del suo lavoro, un senso di essere parte di una famiglia che si ama, come in 'Holy Virgin', 2003, in cui Sarah impersona la Madonna, 'The 1st Step' e 'Vis & Vis'. In molte di queste immagini viene celebrata la vita.

Holy Virgin, 2003 - PHOTO SARAH SAUDEK
Holy Virgin, 2003 - PHOTO SARAH SAUDEK

Vis a vis, 2003 - PHOTO SARAH SAUDEK
Vis a vis, 2003 - PHOTO SARAH SAUDEK

Il centro del mondo
Il celebre quadro di Gustave Courbet 'L'Origine del Mondo', (che si trova al Musee d'Orsay di Parigi) all'epoca della realizzazione (1866) turbava gli osservatori semplicemente mostrando un torso di donna a gambe aperte. 'The Middle of the World' della Saudek, 2001, riprende da un punto di vista simile il pancione di una donna incinta, ma gioca sull'idea del mondo mostrando la pancia sotto forma di enorme globo. Difficilmente ci sarà qualcuno che si turba per queste cose oggigiorno, piuttosto c'è da farsi una simpatica risata.

The Middle of the World - PHOTO SARAH SAUDEK
The Middle of the World, 2001 - PHOTO SARAH SAUDEK

The Priest
Finita la scorpacciata maternalista decisamente autobiografica, le immagini della Saudek sono tornate a percorrere il terreno dell'irriverente denuncia della componente carnale dell'uomo. E non potreva mancare un'immagine sicuramente controversa come quella del prete omosessuale.

The Priest, 2005 - PHOTO SARAH SAUDEK
The Priest, 2005 - PHOTO SARAH SAUDEK

Per finire
La fotografia di Sarah risulta decisamente influenzata da quella di Jan Saudek, peccato manchi di quella forza espressiva e quella ricercata ruvidità tecnica che hanno reso famoso l'immaginario erotico del suo grande mentore. Manca quella sofferenza che trasuda da ogni poro della pelle del grande Jan Saudek.
Malgrado l'indubbia bravura, nella storia della fotografia la bella Sarah è stata per ora forse più importante come musa e come editor di Jan, che come fotografa; malgrado ciò è davvero piacevole una sosta ragionata almeno al sito internet.
 
Allora, caro presidente, ora mi spieghi che cos'è la guerra? Ma che cosa avrai da raccontare a questi ragazzi? E meno male che non vai a sentire che cos'hanno da dirti quelli che le bombe americane le hanno prese sulla testa...

[NOTA: Non so la fonte delle foto, ne la data degli scatti. Li ho ricevuti per e-mail e li ripubblico senza nessuna garanzia di autenticità]

 
Spiando l’intimità delle persone, questo libro documenta il brusio e le vibrazioni di una delle più ammirate città del mondo. Le persone ritratte in questa galleria non sono frammenti dell’immaginazione dell’autore, ma sono gente reale: nella città che pulsa non esistono eroi ed eroine, ma solo uomini e donne alle prese con la loro vita, e con la necessità di superare limiti e difficoltà. Spingendo la fotografia documentaristica oltre i suoi confini, queste strade claustrofobiche raccontano il respiro della vita nella scomoda era della Grande Recessione del 2009, dove l’anSia e l’incertezza incombono su una versione decadente del Sogno Americano. I personaggi calcano frenetici il più seducente palcoscenico mai realizzato, cullati dai fianchi slanciati e inarrivabili di New York.
 
di davide del 14/05/2007 in Media e Nuovi Media,  4382 link
Campagna ENI 30%Durerà almeno due anni, costerà all'ENI venti (dico io, venti!) milioni di euro, forse non servirà a molto in pratica, ma lo spot è davvero bello.
Eni (prima corporation italiana per capitalizzazione n.d.r.) ha dato il via a una campagna sociale di formazione e informazione sull’efficienza energetica destinata a svilupparsi per i prossimi 2 – 3 anni. Con la creatività di TBWA/Italia e con un budget di 20 milioni di euro, la campagna “30PERCENTO” mira a comunicare
...che:
  • modificando il proprio stile di vita, senza stravolgerlo, si possono risparmiare circa 1.600 euro all’anno per famiglia
  • Eni ha assunto un senso di responsabilità sociale nei confronti della comunità
  • Eni è impegnata nella ricerca di fonti energetiche in linea con il trattato di Kyoto.

Il payoff dell'iniziativa è “Consumare meglio, guadagnarci tutti”.
Iniziativa importante. Speriamo solo la conclusione della campagna non Sia un aumento delle tariffe, come avvenuto per la fiorentina Publiacqua!

(via spotanatomy)

UPDATE 27 maggio 2007: La splendida musica originale dello spot "ENI 30 PERCENTO" è del grande Ludovico Einaudi. Da non perdere il suo ultimo disco "Divenire" (Decca, 2006).
 
Oggi Repubblica.it pubblica la notizia delle sperimentazioni su di un trattamento farmacologico che avrebbe il potere di eliminare il ricordo di singoli traumi.
Esattamente come succedeva nel film "The eternal sunshine of the spotless mind" di quel geniaccio di Charlie Kaufman (già sceneggiatore di Essere John Malkovich, Il ladro d’orchidee, Confessioni di una mente pericolosa) e diretto da Michel Gondry (autore, tra le altre cose, di videoclip di gente come Radiohead, White Stripes, Bjork, Chemical Brothers) nel 2004. Davvero un peccato per le sorti italiane del film la pessima traduzione del titolo ("Se mi lasci ti cancello") che lo hanno fatto sembrare l'ennesima stupida commedia di Jim Carrey/Ace Ventura.
Sembra che i ricercatori del Centro per le Scienze Neurologiche di New York Siano riusciti ad intervenire sul meccanismo che regola il trasferimento dei ricordi dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine, dove risiedono i ricordi permanenti, usando un farmaco di cui già si sapeva che procurava amneSia.


Dal solo apparentemente sconclusionato film con Jim Carrey emerge forte una domanda: è davvero questo quello che vogliamo? E' meglio dimenticare che evolvere grazie alla consapevolezza di quello che ci è davvero successo, nel bene e nel male, fisicamente e emotivamente?
Beh, è difficile formulare giudizi assoluti: ci sono avvenimenti che sembrano oggettivamente solo negativi, ad esempio i grossi traumatici eventi a seguito di attentati, incidenti, violenze personali, che possono ingenerare traumi molto problematici da superare in molti soggetti. Però, per quanto possa sembrare enorme il dolore di determinate situazioni, la consapevolezza è in molti casi forse ancora una cura migliore.
 
E' stato distribuito e presentato a vari festival nel 2001 "War Photographer" di Christian Frei, che ha seguito James Nachtwey, il più famoso fotografo di guerre al mondo, per un paio di anni.
Particolare l'utilizzo per la prima volta proprio in questo reportage di una telecamera montata sulla fotocamera di Nachtwey per simulare la stretta visione possibile al fotografo inquadrando le concitate scene di guerra. Anche questo fattore, oltre che alle qualità del lavoro del fotografo in questione, e alla pericolosità dei momenti delle riprese durante la guerriglia palestinese, ha contribuito a rendere famoso questo documentario che per altri versi appare un po' demagogico e filmograficamente perfettibile.
Ecco un frammento di 4 minuti disponibile on-line:
In questo frammento Nachtwey filosofeggia impersonando le vesti un po' mesSianiche di chi il fotogiornalista lo fa per salvare il mondo:
"Why photograph war? Is it possible to put an end to human behavior which has existed throughout history by means of photography? The proportions of that notion seem ridiculously out of balance yet that very idea has motivated me." - James Nachtwey

Il suo ruffiano filosofeggiare, e la fama planetaria meritatamente guadagnata da Nachtwey sul campo per la qualità fotografica del suo lavoro, e riflessa in questo documentario, gli sarebbero valse il premio TED 2007.
Proprio di Nachtwey è l'immagine scelta per accompagnare l'articolo precedente "Convenzioni e fotogiornalismo: l'amara ironia di un certo modo di documentare le crudeltà del mondo" sulla effettiva utilità sociale della fotografia di guerra e carestia.

UPDATE 26 maggio 2007:
Segnalo il sito dedicato il film "War Photographer", e l'avvenuta distribuzione su DVD con sottotitoli anche in italiano, presente ad esempio sul listino du amazon.
 
di davide del 04/03/2007 in Musica,  2713 link
Lo sapevano tutti, ed ha vinto Simone Cristicchi con la sua bella riedizione pop del volo iniziale(e finale) di Tom Tom in Million Dollar Hotel di Wim Wenders ; - )
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

Mi chiamo Antonio e sono matto
Sono nato nel ’54 e vivo qui da quando ero bambino
Credevo di parlare col demonio
Così mi hanno chiuso quarant’anni dentro a un manicomio
Ti scrivo questa lettera perché non so parlare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E mi stupisco se provo ancora un’emozione
Ma la colpa è della mano che non smette di tremare

Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L’accordo dissonante di un’orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani Siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Mi fabbrico la neve col polistirolo
La mia patologia è che son rimasto solo
Ora prendete un telescopio… misurate le distanze
E guardate tra me e voi… chi è più pericoloso?

Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto
Ritagliando un angolo che fosse solo il nostro
Ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
Non come le cartelle cliniche stipate negli archivi
Dei miei ricordi sarai l’ultimo a sfumare
Eri come un angelo legato ad un termosifone
Nonostante tutto io ti aspetto ancora
E se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita son vent’anni che ti aspetto
I matti Siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un’emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare

Simone Cristicchi - Ti regalerò una rosa

UPDATE: Riguardo alla produzione del video di Alberto Puliafito, ecco un pezzo tratto da La Repubblica - Torino (di Federica Cravero):
TORINO - Quando Simone Cristicchi ha trionfato sul palcoscenico dell´Ariston, anche un gruppetto di torinesi ha sentito la vittoria come propria. Sono gli autori del videoclip di Ti regalerò una rosa, la lettera d´amore di un malato di mente che Cristicchi ha cantato a Sanremo. Regia di Alberto Puliafito, montaggio di Fulvio Nebbia e Michela Sessa, direttore della fotografia Gianni Giannelli e postproduzione della Lumiq (colorist Giorgia Meacci). Una collaborazione, quella con il cantante, nata per caso proprio durante lo scorso Sanremo, quando Puliafito, che realizzava immagini per videofonini, si è imbattuto in un ragazzo che gestiva il blog di Cristicchi, allora famoso perché voleva «essere come Biagio Antonacci». Il rapporto si è consolidato e quest´estate hanno lavorato alla realizzazione del video Ombrelloni, clip autoprodotta poi acquistata dalla Sony.

Per mesi questo gruppetto di ragazzi è andato su e giù per l´Italia in quel che resta degli ospedali psichiatrici, a caccia di immagini, lettere e testimonianze di ex pazienti e infermieri. Il video della canzone fa parte di un progetto più ampio che comprende anche un libro, uno spettacolo teatrale e un documentario sulla realtà, oggi, dei manicomi in Italia, dove Cristicchi ha fatto volontariato, tra riconversione in centri diurni e locali abbandonati. E proprio dal documentario, presentato in anteprima a Sanremo e venduto insieme all´album, sono state tratte le immagini del videoclip. «Per la prima volta ho fatto il tifo per qualcuno a Sanremo - ammette il regista - Ma al di là del giudizio di parte penso che Sia una canzone molto bella, con un finale triste e forte. Alla fine è venuto fuori un video impegnato ma non strappalacrime».

(6 marzo 2007)
 
di davide del 27/04/2007 in Musica,  3187 link
Io non ho paura (2003) di Gariele SalvatoresTratta dal Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, questa è la filatrocca che il protagonista di Io non ho paura (2003) di Gabriele Salvatores, il piccolo Michele, si racconta per farsi coraggio mentre pedala fendendo la cupa notte che lo porterà a compiere un gesto di grande e prezioso coraggio, ma, ahimè, fatale per lui.
Voi ragni pelosi
Voi tassi barbassi
lumache bavose
e gechi orbettini
restate lontani
dai nostri bambini.
Voi bestie notturne
amanti del buio
Voi che non dormite
se non al mattino
vegliate sul sonno
di questo bambino.
L'originale filastrocca shakespeariana suona invece più o meno così:
You spotted snakes with double tounge,
Thorny hedgehogs, be not seen;
Newts and blind-worms, do no wrong,
Come not near our fairy queen.

Philomel, with melody,
Singy in our sweet melody,
Lulla, lulla, lullaby; lulla, lulla, lullaby;
Never harm, nor spell, nor charm,
Come our lovely lady nigh;
So goodnight, with lullaby.

Weaving spiders, come not here;
Hence you long-legg'd spinners, hence!
Beetles black, approach not near;
Worm nor snail, do no offence. II ii 9-23
Colonna Sonora di Io Non Ho Paura di Ezio Bosso Rischiando il linciaccio della SiaE, pubblico qui un piccolo estratto, campionato a bassa qualità in monofonia, dal CD che contiene la colonna sonora del bel film di Salvatores. Autore di queste musiche è il grande contrabassista Ezio Bosso, che con questi temi raggiunge i vari Morricone, Nyman, Newman e Astatke nell'olimpo dei grandi compositori di musiche adatte anche per film. Un gran bel CD, questo, che si trova anche on-line, ad esempio su Nannucci.it.
 
PHOTO MARTIN PARR/MAGNUM PHOTOS

Nell'ambito del progetto artistico WeAreAllPhotographersNow!, sul blog dell'iniziativa il Musée dell'Elysée di Losanna pubblica un'intervista a Martin Parr che sta facendo il giro del mondo per via di alcune sue previsioni sul futuro della fotografia.

Martin Parr è uno dei migliori shooter istintivi al mondo: oltre che membro di Magnum Photos, è anche autore, fra le altre cose, di "Boring Postcards" e "Bliss: Postcards of Couples and Families". Nel suo intervento spiega come le comuni fotoricordo di famiglia rappresentino una qualche forma di propaganda, poi espone qualche sua opinione tecnica, e quali sono i suoi piani futuri. Infine pronostica la dismissione di Corbis e Getty a favore di flickr, e presenta quello che potrebbe essere il miglior business model per avere successo con la fotografia. Ma, soprattutto, ci ricorda di come Sia terribile, piena di clichée sostanzialmente noiosa gran parte della fotografia amatoriale.

Una delle parti più sconcertanti è proprio quando Parr parla di un lavoro che il suo collega in Magnum Photos Bruce Davidson avrebbe perso in favore di Rebekka Guðleifsdóttir. Forse si riferisce a questo.

    “All the boundaries are collapsing. One of the things that’s interesting about flickr, is that it’s probably emerged as the most intelligent photo-sharing site - it’s become the brand leader. And what will happen with flickr is that within five years it will start licensing pictures. In other words, they’ll be part of the Getty Corbis machinery…the agencies are concerned about this. It’s something we discuss at Magnum…”

    “…within five years flickr will emerge as one of the major sources for licensing imagery…”

    “…the other point about flickr, is I can’t tell you how bad the most of the pictures are. I mean, we see this in the site up there (at Musee de L’Elysee) the noise of this contemporary photography is relentless and ultimately, nullifyingly boring.”

    “…we have this amazing interest, resurgence in photography, a renaissance, but boy do we have to wade through a lot of rubbish in order to get to anything half-decent.”

    “…the best business model is to have fantastic pictures, that have a unique vision and say something different. And you get away from the turgid quantities of cliches and propaganda which we see not only surrounding our lives, but we also see in the exhibition here.”

    “…I’m totally in favor of flickr. I haven’t spent enough time trawling through flickr to find the new stars who may be emerging on flickr itself…”

    “… but the last thing I’m going to do - is looking at flickr for my stars of the future.”

    “I come back to this individual voice in homogenized times. Connecting with a subject matter, doing it with passion, resolving a set of pictures, coming out with a personal statement - there’s always going to be room for that, because we still, whatever the process, whatever the method, we still need stories that touch us as human beings.”

Scarica l'intervista in formato mp3

Ovviamente lui ad un business model basato su flickr per i suoi lavori non ci crede. E' facile parlare a ruota libera senza approfondire alcunché, vero Martin?

(via 2point8.whileseated.org)
 
di davide del 08/04/2007 in Notizie e Stili di vita,  2236 link
Ecco la fine di uno dei film del gruppo di comici inglese Monty Python: Brian di Nazareth (1979), un film che in effetti è teologicamente più profondo di quanto si possa pensare a prima vista:

Estratto da "Brian di Nazareth" in Wikipedia:

Paradossalmente Life of Brian è più fedele, dal punto di vista storico, a quello che realmente accadeva a quei tempi in Giudea di tutti gli altri film girati sulla vita di Cristo. Ad esempio, la presenza di decine di "presunti" mesSia è una realtà storica, ragion per cui non è blasfemia, ma al limite sarcasmo, mostrare una strada piena di aspiranti mesSia che raccontano le storie più fantasiose e mostrare che il passante poteva scegliere chi ascoltare. Anche le "Beatitudini" sono trattate in maniera razionalmente storica, infatti, come poteva una gran folla di persone ascoltare quello che Gesù diceva? Certamente, c'era qualcuno che "riportava" ai più lontani le parole di Cristo, magari non arrivava "Beati i panificatori" al posto di "Beati i pacificatori", come nella scena girata dai Monty Python, ma il problema dell'uditorio era reale. Vi è poi la scena in cui tra i seguaci di Brian avviene uno scisma e si creano il gruppo dei "zucchiani" e quello dei "sandaliani", ovviamente la divertente rappresentazione che viene fatta nel film è paradossale e parossistica, ma non era raro che la massa di allora, facilmente suggestionabile e piena di fanatismo si dividesse su questioni inutili capaci di farli distrarre dai veri problemi sociali del tempo.

Ad una lettura superficiale, il film appare come una serie di gag esilaranti e a volte sconclusionate (come ad esempio la scena in cui intervengono addirittura degli alieni a risolvere, quasi come un "Deus ex machina", una situazione altrimenti di difficile risoluzione); ma ad una lettura attenta e critica, si possono trovare numerosi spunti di riflessione sulla religione, la religiosità, la società moderna e la "società storica" di 2000 anni fa.
 
John GiornoJohn Giorno (nato a New York nel 1936) è uno dei più noti poeti e performance artist dell'area sperimentale americana.
Nel 1968 fondò il Giorno Poetry System Institute, una struttura destinata a promuovere lo sviluppo della comunicazione tra poeti e pubblico, e l'anno successivo avviò, presso il Modern Art Museum di New York ed in numerose altre sedi, un servizio denominato Dial-A-Poem, attraverso il quale, componendo alcuni numeri telefonici, era possibile ascoltare cinque minuti di poeSia. Un'interessante iniziativa parallela a questa è stata Dial-A-Poem Poets, una vera e propria "rivista orale" costituita da una collana di dischi in vinile che presentava, tra l'altro, il meglio del panorama internazionale della poeSia sonora.

Ha realizzato programmi radiofonici, pubblicato versi su scatole di fiammiferi, magliette, tendine da finestra, tavolette di cioccolata, ecc. Performer di notevole impatto sul pubblico per la sua presenza scenica e le sue qualit vocali, svolge anche attivit di attore. Nel 1963 ha lavorato nel film di Andy Warhol Sleep, ed ha collaborato anche con William Burroughs.
E' anche un attivista a favore della lotta contro l'AIDS.

Su ubu.com si trova una compilation di sue pubblicazioni audio di notevole impatto, mentre da non perdere l'ottimo video di "Just say no to family values" dove Giorno recita diretto nel 2005 da Antonello Faretta: l'artista newyorkese tramite il paradosso dei suoi versi sembra irridere al clamore tutto italiano innescato dalle polemiche sui DICO. Questo video risulta proprio in tema con il Family Day prossimo venturo.
In effetti, risulta essere l'ennesima istrionica modalità di dissenso, però sarà sufficiente "fare all'amore e praticare la compassione"?

JUST SAY NO TO FAMILY VALUES

On a day when
you're walking
down the street
and you see
a hearse
with a coffin,
followed by
a flower car
and limos,
you know the day
is auspicious,
your plans are going to be
successful;
but on a day when
you see a bride and groom
and wedding party,
watch out,
be careful,
it might be a bad sign.

Just say no
to family values,
and don't quit
your day job.

Drugs
are sacred
substances,
and some drugs
are very sacred substances,
please praise them
for somewhat liberating
the mind.

Tobacco
is a sacred substance
to some,
and even though you've
stopped smoking,
show a little respect.

Alcohol
is totally great,
let us celebrate
the glorious qualities
of booze,
and I had
a good time
being with you.

Just
do it,
just do it
just don't
not do it,
do it.

Christian
Fundamentalists,
and fundamentalists
in general,
are viruses,
and they're killing us,
multiplying
and mutating,
and they destroying us,
now, you know,
you got to give
strong medicine
to combat
a virus.

Who's buying?
good acid,
I'm flying,
slipping
and sliding,
slurping
and slamming,

I'm sinking,
dipping
and dripping,
and squirting
inside you;
never
fast forward
a cum shot;
milk, milk,
lemonade,
round the corner
where the chocolate's made;
I love to see
your face
when you're suffering.

Do it
with anybody
you want,
whatever
you want,
for as long as you want,
any place,
any place,
when it's possible,
and try to be
safe;
in a situation where
you must abandon
yourself
completely
beyond all concepts.

Just say no
to family
values.

We don't have to say No
to family values,
cause we never
think about them;
just
do it,
just make
love
and compassion.

John Giorno, 1995

 
Trovato in rete, mi ha fatto sorridere...
«Vorrei solo rendere "giustizia" a una generazione, quella di noi nati agli inizi degli anni '80 (o qualche anno più o anno meno).
Quelli che vedono la casa acquistata allora dai nostri genitori valere oggi 20 o 30 volte tanto, e che pagheranno la propria fino ai 50 anni.
Noi non abbiamo fatto la Guerra, né abbiamo visto lo sbarco sulla luna, non abbiamo vissuto gli anni di piombo, né abbiamo votato il referendum per l'aborto e la nostra memoria storica comincia coi Mondiali di Italia '90. Per non aver vissuto direttamente il '68 ci dicono che non abbiamo ideali, mentre ne sappiamo di politica più di quantocredono e più di quanto sapranno mai i nostri fratelli minori e discendenti.
Babbo Natale non sempre ci portava ci che chiedevamo, per ci nonostante quelli che sono venuti dopo di noi sì che hanno avuto tutto, e nessuno glielo dice.
Siamo l'ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie, a saltare la corda, a giocare a lupo, a un-due-tre-stella, e allo stesso tempo i primi ad aver giocato coi videogiochi, ad essere andati ai parchi di divertimento o aver visto i cartoni animati a colori.
Abbiamo indossato pantaloni a campana, a sigaretta, a zampa di elefante e con la cucitura storta; la nostra prima tuta è stata blu con bande bianche sulle maniche e le nostre prime scarpe da ginnastica di marca le abbiamo avute dopo i 10 anni. E il bomber? Le All star? Le superga?Le clarks?
Andavamo a scuola quando il 1 novembre era il giorno dei Santi e non Halloween, quando ancora si veniva bocciati, Siamo stai gli ultimi a fare la Maturità in sessantesimi e ad iscriversi alle lauree quadriennali (quelle che valgono veramente) e a finirle in sei. Alcuni sono anche i pionieri del 3+2...
Siamo stati etichettati come Generazione X e abbiamo dovuto sorbirci Sentieri e i Visitors, Twin Peaks e Beverly Hills ti piacquero per Candy-Candy, ci Siamo innamorate dei fratelli di Georgie, abbiamo riso con Spank, ballato con Heather Parisi, cantato con Cristina D'Avena e imparato la mitologia greca con Pollon. Siamo una generazione che ha visto Maradona fare campagne contro la droga. Cresciuti col mito di Van Basten e che hanno visto San Siro cambiare per Italia'90.
Siamo i primi ad essere entrati nel mondo del lavoro come Co.Co.Co. e quelli per cui non gli costa niente licenziarci. Ci ricordano sempre fatti accaduti prima che nascessimo, come se non avessimo vissuto nessun avvenimento storico. Abbiamo imparato che cos'è il terrorismo, abbiamo visto cadere il muro di Berlino, e Clinton avere relazioni improprie con la segretaria nella Stanza Ovale; Siamo state le più giovani vittime di Cernobyl.
Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore prima di chiunque altro, abbiamo giocato a Pac-Man, odiamo Bill Gates e credevamo che internet sarebbe stato un mondo libero. Abbiamo visto prima di chiunque altro il compact disc, detto anche cd room ora semplice cd. Gli ultimi ad aver usato e posseduto un mangianastri.
Siamo la generazione di Bim Bum Bam, di Clementina-e-il-Piccolo-Mugnaio-Bianco e del Drive-in. Siamo la generazione che and al cinema a vedere i film di Bud Kamen, e gli ultimi a usare dei gettoni del telefono. Ci Siamo emozionati con Superman, ET o Alla Ricerca dell'Arca Perduta.
Bevevamo il Billy e mangiavamo le Big Bubble, ma neanche le Hubba Bubba erano male; al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di zucchero come resto. Siamo la generazione di Crystal Ball ("con Crystal Ball ci puoi giocare..."), delle sorprese del Mulino Bianco, dei mattoncini Lego a forma di mattoncino, dei Puffi, i Volutrons, Magnum P.I., Holly e Benji, Mimì Ayuara, l'Incredibile Hulk, Poochie, Yattaman, Iridella, He-Man, Lamù, Creamy, Kiss Me Licia, i Barbapapà, i Mini-Pony, le Micro-Machine, Big Jim e la casa di Barbie di cartone ma con l'ascensore.
La generazione che ancora si chiede se Mila e Shiro alla fine vanno insieme.
La generazione che non ricorda l'Italia Mondiale '82, e che ci viene un riso smorzato quando ci vogliono dare a bere che l'Italia di quest'anno è la favorita...
L'ultima generazione a vedere il proprio padre caricare il portapacchi della macchina all'inverosimile per andare in vacanza 15 giorni.
L'ultima generazione degli spinelli, delle canne...
Guardandoci indietro è difficile credere che Siamo ancora vivi:
viaggiavamo in macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag; facevamo viaggi di 10-12 ore. Non avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure a prova di bambino. Andavamo in bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti. Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi e il gioco delle penitenze era bestiale.
Non c'erano i cellulari. Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni, tutti infilati in una cartella che raramente aveva gli spallacci imbottiti, e tanto meno le rotelle!!
Mangiavamo dolci e bevevamo bibite, ma non eravamo obesi. Al limite uno era grasso e fine. Ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere e nessuno si è mai infettato. Non avevamo Playstation, Nintendo 64, videogiochi, 99 canali televisivi, dolby-surround, cellulari, computer e Internet, per ce la spassavamo tirandoci gavettoni e rotolandoci per terra tirando su di tutto; bevevamo l'acqua direttamente dalle fontane dei parchi, acqua non imbottigliata, che bevono anche i cani! E le ragazze si intortavano inseguendole per toccar loro il sedere e giocando al gioco della bottiglia o a quello della verità, non in una chat dicendo :P
Abbiamo avuto libertà, fallimenti, successi e responsabilità e abbiamo imparato a crescere con tutto ciò.
Congratulazioni a tutti coloro, che come me, hanno avuto la fortuna di crescere come bambini.»
Rendiamo giustizia ad una generazione
Alessandro Marcias
buncone@tiscali.it

 
PHOTO SPENCER TUNICK"Non è pornografico, non è volgare. E' creare nuove forme con i nostri corpi" Spencer Tunick

Ottenuto il Bachelor of Arts nel 1988, il newyorkese Spencer Tunick cominciò a fotografare nudi nelle vie di New York nel 1992, ed è molto conosciuto proprio per le sue fotografie che ritraggono folti gruppi di persone nude in contesti urbani o paesaggistici insoliti, non solo negli Stati Uniti, ma anche in tutto il mondo.
Le sue non sono semplici fotografie in posa, ma complesse installazioni con le quale Tunick, loro regista, vuole celebrare la bellezza artistica della pura nudità, al di là della taglia o del colore della pelle, quando ci si è spogliati di abiti e di pudore, e magari ci si è sdraiati sull’asfalto della nostra città.

"Generalmente lavoro alle prime ore dell'alba perché le persone sono più distese, meno violente, e poi non amo la luce piena del giorno, preferisco colori come il blu inchiostro o il grigio. Per le mie foto non capita mai che selezioni le persone in base a criteri di bellezza fisica, ritraggo solo chi me lo chiede espressamente"
E così l’artista invade gli spazi metropolitani e naturali componendo strade, architetture e paesaggi di nudo umano. Nelle sue foto centinaia di corpi nudi, si costituiscono come parte del paesaggio. I nudi di Spencer Tunick non hanno niente a che fare con le rivendicazioni di ideali comunitari d'amore libero su modello Woodstockiano: la sua finalità è quella di restituire al corpo umano, nella sua imperfezione, la sua inalienabile dignità.

Le immagini scattate da Spencer Tunick raccontano di centinaia di centinaia di corpi che denudati perdono le loro differenze. Simmetrico, patinato, perfetto, è questo il corpo che la gran parte dei media c'impongono. Su questo stereotipo culturale riflette il lavoro di Tunick, immagini dove i corpi perdono, le loro caratteristiche corporali per acquisire quelle di forme astratte in un paesaggio metropolitano. Ma c’è anche qualcosa di più. Le sue foto descrivono paesaggi epici, antichissimi o forse di un futuro in cui sarà accaduto qualcosa di bellissimo o di terribile, ma comunque irreparabile. Da cui non si torna indietro.

Nel suo sito Tunick raccoglie le immagini archiviandole come "temporary site-related installations" e non si dilunga sulla "filosofia" che guida le sue composizioni: in poche righe riassume il suo punto di vista mentre, al contrario, racconta più dettagliatamente la battaglia legale affrontata per far valere il proprio diritto di esprimersi in base al primo emendamento della costituzione americana. Dopo anni di attività ha proseliti in tutto il mondo, ma ancora nessuno è riuscito a oscurare la sua fama e il formidabile attivismo. In cambio, il suoi modellli non chiedono assolutamente nulla: sono "volontari" chiamati attraverso la rete o con un passaparola in grado di solcare gli oceani pronti a posare in quel determinato luogo e a quell'ora, naturalmente senza nemmeno un braccialetto. Diventare "tunickomani" è facilissimo: è sufficiente indicare i propri dati nel form "sign to pose" ("firma per posare") e indicare la tonalità di colore della propria pelle. Quindi inviare. Spencer non richiede la "bella presenza", ma l'adesione al suo progetto che oggi si chiama "Naked World".

(NicoleDiver su thepillowbook)


PHOTO SPENCER TUNICK

PHOTO SPENCER TUNICK

PHOTO SPENCER TUNICK

Vai alla fotogallery. Clicca qui! Esilarante, ironica, audace o impudente e triviale?
Una nuova frontiera dell’arte figurativa o un’offesa al pubblico decoro?
Oppure semplicemente un'altra storia di ordinaria follia?
Non solo ai posteri l’ardua sentenza, se consideriamo che Spencer Tunick alla fine è uscito vincitore da tutte le battaglie legali e che le sue fotografie si sono guadagnate un posto in prima fila nei musei d’arte contemporanea. Nudi e crudi, come mamma ci ha fatto. Di tutte le taglie, di ogni colore. E' così che ci vuole Spencer Tunick, spogliati di abiti e di pudore magari sdraiati sull’asfalto delle nostre città. Ma il fine è nobile e sublime: la celebrazione della "bellezza artistica della pura nudità”.
Vai alla fotogallery. Clicca qui! Una proposta troppo indecente? Dipende.
Certamente sì per Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York, che fece arrestare Tunick nel 1999 per aver fatto distendere 50 corpi nudi a Times Square. Assolutamente no per il governo del Canada che lo ha invitato come ospite d’onore, o in RusSia dove lo stesso direttore di un grande museo ha posato senza veli, o in Australia e Spagna con le adesioni trionfali di 4500 e 7000 volontari con i glutei gioiosamente al vento.
Vai alla fotogallery. Clicca qui! E' dal 1994 che Tunick realizza scene di nudo di massa e ritratti.
E’ stato in tutti e sette i continenti, reclutando migliaia di volontari in oltre 50 città del mondo, da Montreal a San Pietroburgo, da Santiago del Cile a Parigi, da Barcellona a Basilea, da Buenos Aires a Londra, da New York a Roma.
Definisce le sue opere artistiche “installazioni di nudo su larga scala”, una forma surreale di collage umano dove i tasselli sono i corpi spogliati e utilizzati come elementi di nuove forme.
E così l’artista invade gli spazi metropolitani e naturali componendo strade, architetture e paesaggi di nudo umano. A Roma in Piazza Navona, a New York in Times Square e Central Park, in Nevada nel deserto.
E ogni volta puntualmente fornisce materiale di disquisizione non solo a studiosi d’arte ma anche a psicologi sociali e ad ospiti di talk show. Vi è per caso venuta la voglia di partecipare al prossimo happening di nudo su larga scala? Potrebbe essere il vostro momento di gloria. Il modulo d’iscrizione è on line.

(ilaria besana su alice.it)


Spencer Tunick Performance in Times Square



Spencer Tunick in Lyon (F) - audio in French


Proprio in questo week-end Spencer Tunick sta realizzando un'altra delle sue installazioni a Città del Messico. Sarà un altro record di presenze?

UPDATE 6 maggio 2007: Leggo su Repubblica.it che nella piazza principale di Città del Messico l'ultima installazione di Spencer Tunick ha superato il record precedente stabilito a Barcellona. Ecco alcune foto  dell'evento che ha raccolto circa ventimila persone, così come sono state rimbalzate dalle agenzie di stampa:








 
Il Miracolo di Edoardo WinspeareDavvero splendide le luci, le inquadrature e le sfocature della Taranto e dei personaggi di questa tenera storia di provincia nelle riprese del bravo Paolo Carnera sotto la direzione di Edoardo Winspeare.
"Il miracolo" (2003), il terzo film di Edoardo Winspeare, è stato presentato nella Sezione principale della 60° Mostra del Cinema di Venezia. Dopo il notevole successo di critica del suo film precedente ("Sangue vivo" del 2000)...
...quello del regista nato a Klagenfurt, ma che da sempre vive nel Salento, era sicuramente uno dei film più attesi. Winspeare conferma le sue doti di regista di talento e di profondo conoscitore della terra in cui vive e dalla quale trae ispirazioni e sentimento. Sensazioni tradotte con capacità nelle aeree visioni di insieme dei paesaggi e dei personaggi che si fondono in attraenti panorami. Sensazioni espresse nel gusto del dettaglio o nelle morbide carrellate che aprono scenari e si allargano fino a scoppiare in grandangoli chiarissimi e luminosissimi, così atipici nel cinema di casa nostra. Il tutto per riprendere una tipica città del nostro Meridione. Una città tanto sensuale nel suo cuore pulsante quanto brutale ai suoi confini epidermici, periferie di metano ed acciaio dove fumeggiano ostili le ciminiere. Stiamo parlando di Taranto, dove Winspeare ambienta la sua storia. Una storia, in verità, piccola piccola, che racconta di un miracolo che solo in alcuni luoghi del mondo può accadere.

Daniele Sisti su FilmUp
Bambini sempre piu' saggi e adulti sempre piu' fragili in una Taranto insolita, valorizzata dalla suggestiva fotografia di Paolo Carnera. Edoardo Winspeare, anglo-tedesco di origini ma salentino di adozione, racconta, al ritmo di una pizzica contaminata da sonorita' orientali, l'incontro di due solitudini: Tonio, un bambino che dopo un incidente sente di avere acquisito il dono di guarire chi sta male e Cinzia, la problematica ragazza che lo ha investito con l'automobile. Il regista adotta uno stile asciutto, non si perde in fronzoli, evita facili leziosita' e costruisce personaggi in cui e' facile credere. Ad alcuni momenti riusciti (il rapporto tra il giovane protagonista e il suo buffo compagno di scuola, la caratterizzazione dei genitori) se ne alternano altri meno efficaci (il determinante primo incontro tra Tonio e Cinzia, che finisce per suonare un po' falso, la critica scontata alla televisione spazzatura) e dopo una prima parte compatta e coinvolgente il film sembra incartarsi, fino a un finale che non convince.

Luca Baroncini su CentralDoCinema
[Visto ieri con AlesSia, Angela, Cecco, Francesca, Paolino...]
 
PHOTO DAVID LACHAPELLELa superficialità e la chiassosità del fotografo americano David LaChapelle sono la sua vera forza. E' sempre così dichiaratamente e volutamente provocatorio che non gli si può dire nulla: lui, quando comunica, non parla, ma URLA. Ultimo vero baluardo della culura pop degli anni 70, è diventato uno dei più acclamati fotografi dello show-business. Nel suo sito però, soprattuto tra i portrait, ci sono fotografie che sono veri e propri capolavori di espressività, molte delle quali gli hanno guadagnato, oltre al successo commerciale, anche fama nel mondo della fotografia d'arte.


The Last Supper

LaChapelle è un fotografo, anzi è il fotografo, ha fotografato TUTTI. Se vi viene in mente il nome di una star dello show business, una QUALUNQUE, una che conti almeno qualcosa, state certi che lui l’ha fotografata, perchè se conti qualcosa nella torbida valle di Hollywood non puoi non avere una foto di David. E per David si intende proprio lui LaChapelle. Roba che Courtney Love dovrebbe baciare la terra su cui lui cammina e ringraziarlo a vita per le foto che le ha fatto a quella sciamannata con il mascara sempre sbavato, gli NSYNC dovrebbero genuflettersi per quella foto in cui hanno per la prima e probabilmente l’ultima volta nella loro vita uno spessore artistico. Perfino Tori Spelling sembra possedere un qualche tipo di fascino e di mistero.


Madonna

David, il cappellaio matto, il prestigiatore delle star, riesce a far apparire tutti stupendi e speciali in qualche modo. E’ riuscito a far sembrare le tette di Pamela Anderson giustificabili dal punto di vista artistico. E il bello è che lui non trasforma la persona che ha davanti, non la cambia, ma solo la ESPANDE, prende il lato migliore e lo esagera fino a farlo sembrare irresistibile per chiunque guardi, per lui, come per mia nonna quando cucina, niente è mai troppo.


Paris Hilton

Quando ero piccola mi raccontavano una favola su di un anello che se lo indossavi faceva innamorare tutti di te, ecco, secondo me David possiede quell’anello, ma invece di tenerselo solo per se, lo presta alla persona che deve fotografare, ma per poco, giusto il tempo dello scatto, poi possono continuare a fare la loto, banale, noiosa vita da star. I colori sono ovviamente saturi, si sparano diretti nel cervello, alla base del sistema nervoso di chi guarda. Se è eccessivo è lui. Se è colorato è lui. Se vi sembra pornografia di bassa lega e coi colori sbagliati è lui. Se vi sembra che qualcuno stia urlando mentre guardate una foto è sempre lui.


Angelina Jolie

L’espressione GENIO sembra essere stata coniata apposta per lui, ma nel senso di diavoletto, di genietto ‘platonico’ e malizioso, un Daemon, un Satiro che scorrazza nel dorato mondo di Hollywood, un Puck contemporaneo che sparge la polvere magica dello scandalo sugli occhi della gente.


Britney Spears

Ha girato video musicali, ha girato spot pubblicitari che voi vedete ogni giorno quando accendete la televisione, ha fatto le copertine di innumerevoli dischi che voi probabilmente possedete (Maria Carey spero di no), ha firmato le copertine di praticamente qualSiasi settimanale Sia uscito negli ultimi dieci anni in ogni parte del mondo. Gael Garcia Bernal non sapeva di essere Gael Garcia Bernal prima di essere fotografato da LaChapelle, o pensavate che fosse tutto merito di quella motocicletta scarcassata che guidava? LaChapelle è intorno a voi e voi neanche ve ne accorgete, e ne avrete ancora e ancora finchè LaChapelle avrà vita.

Se ancora non vi basta, qualSiasi cosa si Sia anche accidentalmente frapposta tra l’obbiettivo fotografico di quest’uomo e la realtà negli ultimi dieci anni è probabilmente arte. LaChapelle è America, è come uno di quei mega barattoli di maionese o di burro di arachidi che qui in Italia non esistono. LaChapelle è un Big Mac, ipercalorico, coloratissimo, grande, eccessivo, immangiabile.


Definire fotografia l'opera di LaChapelle è sicuramente una semplificazione, le sue sono immagini dove realtà, sogno e dissacrante surrealismo, si fondono in una rappresentazione che lascia sconcertati e affascinati.
Nasce a Farmington Connecticut nel 1963, nel 1978 si trasferisce a New York cominciando la sua avventura artistica con Andy Warhol, per la rivista INTERVIEW fino al 1987, anno della scomparsa del grande artista. A 24 anni David è già una grande firma del fotogiornalismo con servizi per VOGUE, VANITY FAIR, THE FACE (fra le più importanti riviste di moda e costume). Nel 1996 vince il premio come fotografo dell'anno, inoltre il suo primo libro fotografico "LaChapelle Land" va a ruba, nel 1999 il secondo libro di immagini "Hotel LaChapelle" si conferma un best seller.


Pubblicità Motorola

Il genio creativo, esplode in tutta la sua virulenza espressiva, quando LaChapelle esce dagli angusti limiti del genere ritrattistico o giornalistico. Le sue creazioni falsamente astratte, anzi di un simbolismo deflagrante e volutamente blasfemo, sono il prodotto di una ricerca tanto lucida quanto visionaria. Si tratta di immagini pensate e costruite con senso del grottesco e dell'impossibile, in una miscela esplosiva di colori violenti, ironia, sensualità, oltraggio. Il tutto però non è gratuito, ma vuole essere una satira della vacuità, dell'edonismo, del vuoto apparire privo di contenuti del nostro tempo, ma senza drammatizzazioni e anzi con una visione divertita e disincantata. Quella di David LaChapelle è poi una ricerca di sperimentazione pura, essendo le sue opere frutto di elaborazione e fotoritocco digitale, dello stesso autore.



“Cerco il brutto nel bello e il bello nel kitsch. I miei scenari preferiti sono i McDonald's e le auto da poco, all'inizio oziavo in questi posti, ora li fotografo. Mi allontano deliberatamente dalla realtà di tutti i giorni, la vita è troppo triste. La comicità è una forma di bellezza: guardate John Belushi, lui era bello perché era buffo”

LaChapelle in fondo con la sua arte cerca il grottesco del quotidiano e il bello dove proprio non c'è.

Moby - "Natural blues"

(NicoleDiver su thepillowbook)



Profile of David LaChapelle
 
E' importante renderlo desiderabile. Non ci sono riusciti con Michael Schumacher perchè non era abbastanza attraente (per le femminuccie) ed espansivo (per i maschietti). Non ci sono riusciti con Lapo Elkann perchè nel suo caso i guai personali hanno tragicamente avuto il sopravvento. Ma questa volta, almeno a giudicare dalla "sexy" copertina di Style, supplemento del Corriere della Sera di oggi, potrebbero davvero farcela a trasformalo in un personaggio glamour.
In copertina troviamo un aitante Kimi Raikkonnen, nuova prima guida, e quindi frontman, della squadra Ferrari Formula One, belloccio, truccato e vestito di tutto punto. All'interno l'immancabile articolo celebrativo, rafforzato dalla prima vittoria ottenuta con la squadra del cavallino con un po' di fortuna (il suo più veloce compagno di squadra aveva avuto un guasto fatale nelle prove di qualificazione) nella gara di apertura del campionato.
E' importante per l'immagine del Gruppo Fiat che almeno lui risulti in fondo desiderabile, Sia dagli uomini, che così si fidelizzano al brand Ferrari, comprando gadgets e grandi Punto da famiglia, che alle loro mogli, che meglio supporteranno tali diseconomie famigliari. Ebbravi ai nuovi marketer del dopo Lapo ; - )...
 
di davide del 07/05/2007 in Notizie e Stili di vita,  2220 link
DODI

Questa mattina all’alba, è morto il compagno Domenico Maracino, che tutti conosciamo come DODI. Esprimiamo il nostro dolore e la nostra vicinanza ai familiari e agli amici, al Circolo Iqbal Masih, alla Lista Reno e ai compagni tutti

“Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi. Ci sono altri che lottano un anno e sono più bravi. Ci sono quelli che lottano molti anni e sono ancora più bravi.Però ci sono quelli che lottano tutta la vita, essi sono gli imprescindibili” (B. Brecht)

Questa mattina all’alba, è morto il compagno Domenico Maracino, che tutti conosciamo come DODI.

La sua lunga malattia non ci ha preparato, nè può ora consolarci della sua scomparsa: Esprimiamo il nostro dolore e la nostra vicinanza ai familiari e agli amici, al Circolo Iqbal Masih, alla Lista Reno e ai compagni tutti.

Una vita, la sua, dal coraggio, dalla coerenza, dalla determinazione unica, nelle lotte, nelle discussioni, nella sua straripante umanità.

Tra i suoi tanti impegni ci fa piacere ricordarlo come fondatore dell’associazione inquilini e assegnatari della RdB/CUB di Bologna.

Ci mancherai perché con te “ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati” (B. Brecht).

Il funerale si terrà mercoledì 9 maggio.
Alle ore 13,30 Dodi sarà accompagnato al circolo Iqbal Masih in Via della Barca 24/3.
Da lì alle ore 14 ci muoveremo per accompagnarlo fino al Pantheon del cimitero della Certosa dove rimarrà fino alle ore 17.

I compagni e le compagne delle CUB di Bologna

un garofano rosso per dodi
Inserito da Lippo il 8 maggio, 2007 - 08:56

l'invito degli amici di dodi a tutti i compagni che si recheranno al funerale è quello di portare un garofano rosso

dalla parte dei più deboli
Inserito da Lippo il 8 maggio, 2007 - 09:23

Così lo saluta il sito dell'Iqbal (http://iqbal.bo.arci.it), che ne riporta un vecchio intervento in occasione del passaggio a Bologna della Global March against Child Labour, nel 1998:

Un saluto a tutti i presenti e grazie per avermi dato l'opportunità di questo intervento.

Voglio dire che non esiste crimine peggiore che negare la vita.

Viviamo in un mondo capitalista, o meglio sarebbe dire in due mondi capitalisti:

il primo e' quello sviluppato, delle società consumistiche , che ha potuto accumulare tante ricchezze depredando e saccheggiando per secoli il pianeta e soprattutto la classe operaia;

il secondo e' quello sottosviluppato, costituito dalle vecchie colonie che per secoli sono state sfruttate, e a cui si nega oggi lo sviluppo.

Mai come oggi sono necessari questi momenti di incontro e di riflessione.

Infatti, gli architetti della nuova società globale, i governi del primo mondo, stanno preparando il peggio per i popoli del secondo (il cosiddetto terzo mondo).

Oramai Siamo alle soglie del XXI secolo: già da tempo il mondo si sta sviluppando verso un modello in cui la politica degli stati più forti e delle multinazionali, dei settori ricchissimi, grava su una gran massa di miseria e popolazione che posSiamo definire superflua, perché priva di ogni diritto.

Questa popolazione superflua non contribuisce infatti alla produzione dei profitti, che e' l'unico valore (umano) riconosciuto oggi.

Le conseguenze della globalizzazione in rapporto al lavoro, all'educazione, alla democrazia, alle culture nazionali, dicevo, tali conseguenze non potranno che essere drammatiche e spaventose.

In questi due mondi, quelli a pagare di più sono i bambini.

Secondo i dati dell'UNICEF, il 40% dei bambini a New York vive al di sotto della soglia di povertà, senza alcuna speranza di sfuggire alla miseria e all'indigenza. la televisione, la droga , l'alcolismo, sono le armi con cui tenere sotto controllo questa realtà.

Ci giungono notizie di bambini che uccidono a scuola, che compiono atti di delinquenza e di vandalismo, vere e proprie stragi,... nel "primo" mondo. Nel mondo consumistico. Nell'altro, l'infanzia e' negata.

In ASia, in Africa, in America Latina sono oltre 14.000.000 i bambini da 1 a 5 anni, che muoiono ogni anno.

Quante bombe come quelle di Hiroshima e Nagasaki ? Credo oltre 100.

E dei bambini che si salvano? In che condizioni si trovano, come si nutrono?

Che sviluppo mentale e psicologico possono avere, dato che e' scientificamente provato che senza l'alimentazione adeguata si ha un sottosviluppo anche dell'intelligenza, delle capacita' intellettuali? Quale sarà la loro speranza di vita e di futuro dopo i 5 anni? Come faranno a vivere, quale sarà il loro destino?

Di queste terribili realtà non si parla se non in caso di episodi eclatanti e sempre molto raramente.

Si farfugliano solo ipocrisie sui diritti umani.

Un caso e' stato l'assassinio di Iqbal Masih : il 16 aprile e' ricorso il terzo anniversario della sua uccisione. Abbiamo intitolato a Iqbal Masih, tre anni fa, il circolo culturale che sono qui a rappresentare, con la convinzione che il suo esempio e la sua tragica storia avrebbero contribuito a far prendere coscienza della condizione di schiavitù a cui devono sottostare milioni di bambine e bambini.

Non voglio abusare della vostra pazienza, e quindi mi limiterò solo a nominare le rapine di organi ai bambini poveri per quelli ricchi; le mine antiuomo che per la stragrande maggioranza sono a forma di giocattolo (tutti sappiamo la devastazione che portano); l'infanzia rubata a tutti i bambini vittime delle guerre Sia armate (massacri in Algeria, profughi in Africa, spedizioni punitive serbe nel Kossovo), che della guerra diplomatica combattuta con le sanzioni economiche dell'embargo (Iraq e Cuba); lo sfruttamento della prostituzione minorile; non voglio parlare, qui, dei milioni di dollari annui spesi per i bilanci militari.

Voglio pero' ancora dire che, nonostante non si abbiano statistiche complete sul lavoro minorile (perché governi e datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l'esistenza) anche in Italia si stima in 300.000 il numero dei bambini che lavorano.

Nel mondo intero l'UNICEF dice che sono 250.000.000 i bambini che lavorano. E' di pochi giorni fa l'iniziativa, promossa dall'UNICEF , in tutta Italia contro lo sfruttamento minorile.

Voglio qui ricordare che e' una vergogna, una cosa ripugnante, alle soglie del XXI secolo, che milioni di bambini muoiano o Siano sfruttati nel lavoro. Dico che, fintanto che il profitto di tutta la nostra tecnologia cosi' avanzata entrerà nelle tasche di pochi, il divario fra chi sta bene e chi sta male aumenterà. Se non vogliamo sentirci complici di questo sfruttamento, di questo crimine, dobbiamo sin da ora chiedere ai nostri governi di azzerare i debiti dei paesi poveri. Ripensare ad un modo di produzione che Sia per ciò che serve e non per il profitto di pochi. Dobbiamo esportare la nostra conoscenza la nostra tecnologia. Non posSiamo pensare di sopire la nostra coscienza con gesti di carità. Dobbiamo farci carico in prima persona di questa enorme ingiustizia.

Il nostro compito e' difficile e complesso ma, se vogliamo sentirci parte di tutta l'umanità, penso, come sono certo pensate voi, che posSiamo e dobbiamo adempierlo. Dobbiamo combattere questa battaglia se vogliamo sentirci degni dell'essere umani. Se vogliamo parlare di futuro per l'umanità, dobbiamo lottare in tutti i modi possibili prima di tutto perché' ad ogni bambina e bambino a questo mondo non Sia più' negato il diritto al gioco allo studio alla salute all'educazione e alla possibilità di partecipare in prima persona ad una società democratica.

Finche' anche ad un solo bambino sarà negata la libertà e il diritto ad una vita dignitosa e felice, l'intera umanità sarà meno libera.

Per avermi ascoltato, grazie.

Domenico Maracino

Questa mattina allalba, morto il compagno Domenico Maracino, che tutti conosciamo come DODI.Esprimiamo il nostro dolore e la nostra vicinanza ai familiari e agli amici, al Circolo Iqbal Masih, alla Lista Reno e ai compagni tutti

Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi. Ci sono altri che lottano un anno e sono pi bravi. Ci sono quelli che lottano molti anni e sono ancora pi bravi.Per ci sono quelli che lottano tutta la vita, essi sono gli imprescindibili (B. Brecht)

Questa mattina allalba, morto il compagno Domenico Maracino, che tutti conosciamo come DODI.

La sua lunga malattia non ci ha preparato, n pu ora consolarci della sua scomparsa: Esprimiamo il nostro dolore e la nostra vicinanza ai familiari e agli amici, al Circolo Iqbal Masih, alla Lista Reno e ai compagni tutti.

Una vita, la sua, dal coraggio, dalla coerenza, dalla determinazione unica, nelle lotte, nelle discussioni, nella sua straripante umanit.

Tra i suoi tanti impegni ci fa piacere ricordarlo come fondatore dellassociazione inquilini e assegnatari della RdB/CUB di Bologna.

Ci mancherai perch con te ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati (B. Brecht).

Il funerale si terr mercoled 9 maggio.
Alle ore 13,30 Dodi sar accompagnato al circolo Iqbal Masih in Via della Barca 24/3.
Da l alle ore 14 ci muoveremo per accompagnarlo fino al Pantheon del cimitero della Certosa dove rimarr fino alle ore 17.

I compagni e le compagne delle CUB di Bologna


un garofano rosso per dodi
Inserito da Lippo il 8 maggio, 2007 - 08:56

l'invito degli amici di dodi a tutti i compagni che si recheranno al funerale quello di portare un garofano rosso


dalla parte dei pi deboli
Inserito da Lippo il 8 maggio, 2007 - 09:23

Cos lo saluta il sito dell'Iqbal (http://iqbal.bo.arci.it), che ne riporta un vecchio intervento in occasione del passaggio a Bologna della Global March against Child Labour, nel 1998:

Un saluto a tutti i presenti e grazie per avermi dato l'opportunit di questo intervento.

Voglio dire che non esiste crimine peggiore che negare la vita.

Viviamo in un mondo capitalista, o meglio sarebbe dire in due mondi capitalisti:

il primo e' quello sviluppato, delle societ consumistiche , che ha potuto accumulare tante ricchezze depredando e saccheggiando per secoli il pianeta e soprattutto la classe operaia;

il secondo e' quello sottosviluppato, costituito dalle vecchie colonie che per secoli sono state sfruttate, e a cui si nega oggi lo sviluppo.

Mai come oggi sono necessari questi momenti di incontro e di riflessione.

Infatti, gli architetti della nuova societ globale, i governi del primo mondo, stanno preparando il peggio per i popoli del secondo (il cosiddetto terzo mondo).

Oramai Siamo alle soglie del XXI secolo: gi da tempo il mondo si sta sviluppando verso un modello in cui la politica degli stati pi forti e delle multinazionali, dei settori ricchissimi, grava su una gran massa di miseria e popolazione che posSiamo definire superflua, perch priva di ogni diritto.

Questa popolazione superflua non contribuisce infatti alla produzione dei profitti, che e' l'unico valore (umano) riconosciuto oggi.

Le conseguenze della globalizzazione in rapporto al lavoro, all'educazione, alla democrazia, alle culture nazionali, dicevo, tali conseguenze non potranno che essere drammatiche e spaventose.

In questi due mondi, quelli a pagare di pi sono i bambini.

Secondo i dati dell'UNICEF, il 40% dei bambini a New York vive al di sotto della soglia di povert, senza alcuna speranza di sfuggire alla miseria e all'indigenza. la televisione, la droga , l'alcolismo, sono le armi con cui tenere sotto controllo questa realt.

Ci giungono notizie di bambini che uccidono a scuola, che compiono atti di delinquenza e di vandalismo, vere e proprie stragi,... nel "primo" mondo. Nel mondo consumistico. Nell'altro, l'infanzia e' negata.

In ASia, in Africa, in America Latina sono oltre 14.000.000 i bambini da 1 a 5 anni, che muoiono ogni anno.

Quante bombe come quelle di Hiroshima e Nagasaki ? Credo oltre 100.

E dei bambini che si salvano? In che condizioni si trovano, come si nutrono?

Che sviluppo mentale e psicologico possono avere, dato che e' scientificamente provato che senza l'alimentazione adeguata si ha un sottosviluppo anche dell'intelligenza, delle capacita' intellettuali? Quale sar la loro speranza di vita e di futuro dopo i 5 anni? Come faranno a vivere, quale sar il loro destino?

Di queste terribili realt non si parla se non in caso di episodi eclatanti e sempre molto raramente.

Si farfugliano solo ipocrisie sui diritti umani.

Un caso e' stato l'assassinio di Iqbal Masih : il 16 aprile e' ricorso il terzo anniversario della sua uccisione. Abbiamo intitolato a Iqbal Masih, tre anni fa, il circolo culturale che sono qui a rappresentare, con la convinzione che il suo esempio e la sua tragica storia avrebbero contribuito a far prendere coscienza della condizione di schiavit a cui devono sottostare milioni di bambine e bambini.

Non voglio abusare della vostra pazienza, e quindi mi limiter solo a nominare le rapine di organi ai bambini poveri per quelli ricchi; le mine antiuomo che per la stragrande maggioranza sono a forma di giocattolo (tutti sappiamo la devastazione che portano); l'infanzia rubata a tutti i bambini vittime delle guerre Sia armate (massacri in Algeria, profughi in Africa, spedizioni punitive serbe nel Kossovo), che della guerra diplomatica combattuta con le sanzioni economiche dell'embargo (Iraq e Cuba); lo sfruttamento della prostituzione minorile; non voglio parlare, qui, dei milioni di dollari annui spesi per i bilanci militari.

Voglio pero' ancora dire che, nonostante non si abbiano statistiche complete sul lavoro minorile (perch governi e datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l'esistenza) anche in Italia si stima in 300.000 il numero dei bambini che lavorano.

Nel mondo intero l'UNICEF dice che sono 250.000.000 i bambini che lavorano. E' di pochi giorni fa l'iniziativa, promossa dall'UNICEF , in tutta Italia contro lo sfruttamento minorile.

Voglio qui ricordare che e' una vergogna, una cosa ripugnante, alle soglie del XXI secolo, che milioni di bambini muoiano o Siano sfruttati nel lavoro. Dico che, fintanto che il profitto di tutta la nostra tecnologia cosi' avanzata entrer nelle tasche di pochi, il divario fra chi sta bene e chi sta male aumenter. Se non vogliamo sentirci complici di questo sfruttamento, di questo crimine, dobbiamo sin da ora chiedere ai nostri governi di azzerare i debiti dei paesi poveri. Ripensare ad un modo di produzione che Sia per ci che serve e non per il profitto di pochi. Dobbiamo esportare la nostra conoscenza la nostra tecnologia. Non posSiamo pensare di sopire la nostra coscienza con gesti di carit. Dobbiamo farci carico in prima persona di questa enorme ingiustizia.

Il nostro compito e' difficile e complesso ma, se vogliamo sentirci parte di tutta l'umanit, penso, come sono certo pensate voi, che posSiamo e dobbiamo adempierlo. Dobbiamo combattere questa battaglia se vogliamo sentirci degni dell'essere umani. Se vogliamo parlare di futuro per l'umanit, dobbiamo lottare in tutti i modi possibili prima di tutto perch' ad ogni bambina e bambino a questo mondo non Sia pi' negato il diritto al gioco allo studio alla salute all'educazione e alla possibilit di partecipare in prima persona ad una societ democratica.

Finche' anche ad un solo bambino sar negata la libert e il diritto ad una vita dignitosa e felice, l'intera umanit sar meno libera.

Per avermi ascoltato, grazie.

Domenico Maracino

 
Ovvero l'evoluzione della percezione della propria bellezza... grazie alle moderne tecniche di produzione d'immagine, dal trucco al ritocco finale.
Encomiabile l'iniziativa, pur di una fondazione sponsorizzata, che ha il fine di educare i giovanissimi (e le giovanissime) al valore relativo della bellezza, rispetto ai modelli propugnati come assoluti dai media.
 
Manifestazione No CPT Non stiamo a discutere la indicibile vergogna dei Centri di Permanenza Temporanea, veri e propri lager della porta accanto (leggi l’articolo "La vergogna dei CPT, i nuovi lager italiani" scritto da Valerio Evangelisti per Carmilla Online e trovato tramite Antonella Beccaria), ma piuttosto la mancanza di coordinazione e dialogo fra la sinistra (quella vera, quella che ora vogliono distingure in "radicale") e quella specie di grande centro in cui si è trasformata la reggenza governativa di monsier Romano Prodi.
Una sacrosanta manifestazione, che avrebbe semplicemente voluto portare alla ribalta ciò che accade all'interno dei CPT e di tutte le struttura analoghe presenti non solo in Italia, assume fin troppo facilmente posizioni che vanno al di là della "imbarazzata" linea di governo. Ma questa volta, ad una settimana dal misfatto dei ministri a Vicenza, e della conseguente caduta presidenziale, l'intera compagine governativa non si presenta, e la sinistra radicale dei nomi noti della cultura e dello spettacolo appoggia a parole, ma diserta nei fatti la manifestazione. Tanto, chissenefrega, quelli dentro i CPT mica votano o comprano dischi...


BOLOGNA, 3 MARZO 2007 - PHOTO DAVIDE GAZZOTTI

Imperdibile la parata per le strade di Bologna di una acerba gioventù (10000 per gli organizzatori, molti meno purtroppo in realtà) che è partita da un centro cittadino tutto indaffarato nell'immancabile shopping del sabato pomeriggio. Da analizzare separatamente invece, la pressochè totale mancanza di cittadini di origine straniera alla manifestazione.
I pochissimi soliti noti(?) lanciasassi non hanno poi evitato di aizzare all'assalto finale al muro vietato del CPT di via Mattei. Peccato per i 5 feriti e i 7 più facinorosi fermati dalla polizia, a cui non è riuscito di conquistare la ribalta nè della prima pagina di Repubblica.it nè di Corriere.it fra sabato e domenica. D'altra parte era il week-end di Sanremo! E d'altra parte, monsier Prodi, mentre quei quattro scalmanati tiravano sassi per una giusta causa, lo hanno visto sfilare fra le vetrine della zona più esclusiva del centro di Bologna, contorniato dal suo ormai enorme stuolo di accompagnatori, magari anche lui in preda al tipico shopping compulsivo da annoiato sabato pomeriggio centraiolo...

Proprio in concomitanza con la tanto sbandierata demagogica commemorazione del movimento del 77 (e delle sue vittime), sembra in realtà che Sia cambiata un'epoca nella sinistra in questi 30 anni... ...ma se il sasso che lanci finisce in questa indifferenza pressochè totale, che senso ha continuare a tirarlo? Cosa si dovebbe fare invece? Bastasse urlare dai blog...

Leggi la notizia su l'Unità >>
 
di davide del 12/03/2007 in Fotografia / Pubblicità,  2095 link
Pare proprio che il 2007 Sia l'anno delle luci frontali, piatte e fredde, e, almeno nelle intenzioni, sexy. Dopo Steven Klein per Dolce e Gabbana, è la campagna donna di Sisley realizzata dall'eclettico Terry Richardson a farmi rabbrividire appena salgo in macchina per uscire dal comune della cintura metropolitana dove risiedo.
Tutta la città, tutte le città invero, sono tapezzate dalla ennesima foto di Richardson che passerebbe inosservata, ma questa volta è un ragno tempestato di brillanti sul volto della modella a catturare l'attenzione.

Quasi in risposta a questa piatta omologazione, meglio allora fare come Andrea Spotorno esagerandola e rendendo artificiose le solite fredde ambientazioni, a pag.274 dell'ultimo numero di D (La Repubblica delle Donne).



In particolare del cartellone di Richardson non mi piace il taglio, forse imposto dal formato 2x6. Meglio va quando raggiungo il centro, dove i piccoli formati costringono al taglio verticale: si perde la pseudo sensualità ricercata nel taglio precedente, per guadagnarne in forza espressiva.

 
Foto Follies: How Photography Lost Its Virginity on the Way to the Bank - PHOTO DUANE MICHALSDuane Michals è stato uno dei fotografi più innovativi ed influenti quando la fotografia, negli anni 60, era ancora dominata dagli stili documetaristico e ritrattistico dei vari Ansel Adams, Robert Frank, Irvin Penn, o, al limite, di Richard Avedon. Michals, invece, esplorava il medium fotografia con senso di libertà e sperimentazione, introducendo sequenze narrative di immagini per parlare di tematiche quali il desiderio, il tempo, la giovinezza o la morte. Ma non si considerava, nè si considera tuttora, un vero artista, non si autodefinisce un radicale.
Il suo nuovo libro "Foto Follies: How Photography Lost Its Virginity on the Way to the Bank" è una graffiante satira del mondo della fotografia trainato dai soldi, Sia si tratti di arte concettuale, che di fotografia commerciale. Al confronto con un libro fotografico tradizionale, si tratta di un antologico e godevole "libretto". Su photo-eye trovo scritto:
Di questo sguardo satirico sulla fotografia contemporanea, Duane Michals ha detto: "Più sei serio, più sciocco devi essere. Io ho una grande capacità per le sciocchezze. Ciò è essenziale." Sia che stia parodiando Wolfgang Tillmans o Andres Serrano, Sherrie Levine ("Una fotografia di Duane Michals di una fotografia di Sherrie Levine di una fotografia di Walker Evans") o Cindy Sherman ("Chi è Sydney Sherman?"), Michals usa la sua feroce arguzia e il suo buon occhio per creare immagini che risultano contemporaneamente umoristiche e profonde. Michals prende di mira i pregiudizi spesso percepiti come deliberatamente apposti per oscurare l'arte contemporanea, e nel fare ciò dimostra bravura Sia nel campo visuale che con la parola scritta, riuscendo sempre ad produrre il piacere ancestrale di una buona risata.

SELF PORTRAIT - PHOTO DUANE MICHALS



"SYNCHRONICITY" ALBUM COVER (THE POLICE, 1983) - PHOTO DUANE MICHALS

Poi ho incrociato questo post su una presentazione di questo "mostro sacro" alla libreria Strand di New York - su The View from the Edge of the Universe - e non ho resistito dal riportare alcune citazioni di Michals che, a 75 anni, dice pane al pane e vino al vino:

"I've always relied on the kindness of ideas"

"Everything you think makes sense doesn't. Get out of the fuckin' box."

"My gift to you is that I'm not you"

"As long as you believe in consensus reality, you will never experience true reality"

"What a cheap joint, I have to do my own slides" .... and .... "Jesus, what do I have to do to get fucked around here"

"You are the alpha, the omega. You are the event"

"You affect what you see through the participation of your observations"

"Have you ever thought about the not-nowness of now?"

"I love to photograph what cannot be seen"

"Reality is not a set of observable facts walking down the street."

"Photography is not about looking, its about feeling"

"Can you imagine defining your life so narrowly that Nirvana is sex with 72 virgins"

"Someone just paid $3 million for a Gursky. $2.5 million I can see, but 3?"

"You should always be a beginner"

"I love ideas I've never thought of before"

 
Questa volta Oliviero Toscani ce l'ha contro la piaga dell'anoresSia, e sfrutta superficialmente questo tema per promozionare Nolita, un brand per bambini fighetti. L'inventore del "pubblicizzare i maglioni con campagne (pseudo-)sociali" pubblica la sua ennesima campagna chock realizzata fotografando, come al solito in modo semplice e scontato, una magrissima modella anoressica, ritratta nuda. E' francese e si chiama Isabelle Caro, e da diversi anni è afflitta da una grave forma di anoresSia che l'ha portata a pesare poco più di trenta chili.
Fabiola De Clerq, presidente di Aba (Associazione per lo studio e la ricerca sull'anoresSia, la bulimia e l'obesità): "L'utilizzo di questa immagine è suscettibile di indurre fenomeni di emulazione e non aiuta certo i diretti interessati né le loro famiglie: si accendono i riflettori e poi si spengono, e le famiglie si vedono sbattere le porte in faccia dai grandi ospedali".

Almeno il buon Oliviero sembra aver ritrovato la sua strada; quella che lo ha reso celebre e che sembrava aver perso negli ultimi tempi.

 

Ricerca fotografie per Sia

Anteprima - Clicca per ingrandire
di davide del 22/10/2007 alle 00:00,  5568 link
Cibo aSiatico alla piastra ...

 

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15/03/2007 - Ritratti senza frontiere cercando la vera anima dell'uomo - Marco Sasia
"
La felicità è benefica per il corpo, ma è il dolore che sviluppa i poteri della mente.

Marcel Proust
"
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