Superato il dogmatismo integralista degli anni 90, il cinema tipicamente danese del nuovo bellissimo “Dopo il matrimonio” di Susanne Bier, alla fine mi ha fatto letteralmente piangere. Non poco, anzi, a dirotto. Per almeno 20 minuti.
Beh, era almeno da settembre, dal primo ascolto di “0” di Damien Rice, che non piangevo tanto 
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