Nato da un concorso aperto al pubblico con l'ambizioso improbabile fine di identificare un nuovo talento creativo, il tanto criticato"500 wants your adv", il format della Campagna per la nuova Fiat 500 nasce già datato, e il relativo spot televisivo non è da meno: in più è stato realizzato in modo piuttosto imbarazzante, almeno nello scritpt. Guardatevi i 30 secondi che seguono:
è probabile che dopo una prima programmazione, si sceglierà di continuare con commercials più orientati al prodotto.
Per ora, comunque, il risalto mediatico di cui ha goduto questa vettura ha permesso all'azienda di utilizzare uno spot nel quale l'auto non appare praticamente mai.
Per il testo integrale dello spot, ed il comunicato stampa potete fare un salto qui.
Un'altra antipatica multinazionale, dopo la Dove di cui avevo già scritto, utilizza ruffianamente la tematica della bellezza del corpo, della sua percezione, e di come ottenerla in modo non cruento, non violento contro noi stessi, ma armonico e sostenibile. Lo spot "educativo" della Nike, "carina" l'idea e simpatica la canzone, ma filmograficamente davvero bruttino, incita allo sport aerobico in vece del bisturi. La ruffianeria di queste campagne con tematiche "sociali" risiede nel fatto che è impossibile dissentire, anche se, come il sottoscritto, si preferisce abbigliamento sportivo di altre (o, fosse possibile!) di nessuna particolare marca.
La nuova Campagna della Nike lanciata nei Paesi latino americani sembra essere in controtendenza con quanto accade da noi, come scrive spotanatomy, ma più che da noi è proprio nei paesi latino americani emergenti che le giovanissime si sottopongono a inumane torture fisiche, diete mortificanti e "vagonate" di chirurgia estetica, molto più economica e quindi anche diffusa e pericolosa, a quelle che alle nostre latitudini.
Da vedere, anche se questa versione è davvero troppo lunga, sia come prodotto viral per il web, che come spot.
Per alcuni giorni hanno girato e fatto discutere i blog di mezzo mondo, ma sono un falso le tre fotografie mal ritoccate che sembravano suggerire un avvenuto ritorno di Oliviero Toscani e delle sue demagogiche campagne pseudosociali nelle pubblicità dei maglioni della Benetton. Direttamente sul blog 10ads.com la sintetica smentita dell'ufficio stampa di Benetton: "Ciao a tutti, questa NON è una Campagna Benetton...". Attenzione a queli egotisti dei bloggers
McCann Erickson has done an excellent job in the world Benetton brand. Now Benetton is trying to initiate some actions regarding the home violence against women.
The brand is brave enough to try with a negative view their same slogan - United Colors of Benetton (combined color Benetton), and make it a more cruel Colors of Domestic Violence (the color of domestic violence). Agency: McCann Erickson
Updated:Federico Sartor May 30th, 2007 at 2:18 pm
Dear All, this is NOT a United Colors of Benetton advertising campaign. Please don’t be deceived, see the official Benetton Group website www.benettongroup.com
Best regards, Federico Sartor
Direttore Stampa e Comunicazione Istituzionale Benetton Group Tel. 39 0422 519036 Fax 39 0422 519930
I have not received any denial email from anyone at Benetton Group. Therefore ads will remain on this blog until the denial email from the company.
Durerà almeno due anni, costerà all'ENI venti (dico io, venti!) milioni di euro, forse non servirà a molto in pratica, ma lo spot è davvero bello.
Eni (prima corporation italiana per capitalizzazione n.d.r.) ha dato il via a una Campagna sociale di formazione e informazione sull’efficienza energetica destinata a svilupparsi per i prossimi 2 – 3 anni. Con la creatività di TBWA/Italia e con un budget di 20 milioni di euro, la Campagna“30PERCENTO” mira a comunicare
...che:
modificando il proprio stile di vita, senza stravolgerlo, si possono risparmiare circa 1.600 euro all’anno per famiglia
Eni ha assunto un senso di responsabilità sociale nei confronti della comunità
Eni è impegnata nella ricerca di fonti energetiche in linea con il trattato di Kyoto.
Il payoff dell'iniziativa è “Consumare meglio, guadagnarci tutti”. Iniziativa importante. Speriamo solo la conclusione della Campagna non sia un aumento delle tariffe, come avvenuto per la fiorentina Publiacqua!
UPDATE 27 maggio 2007: La splendida musica originale dello spot "ENI 30 PERCENTO" è del grande Ludovico Einaudi. Da non perdere il suo ultimo disco "Divenire" (Decca, 2006).
"Se provi a criticare un artista popolare come Spencer Tunick sei inevitabilmente accusato di snobberia, ma voglio chiarirlo subito: non credo che nessuno possa confondere il suo sensazionalismo per arte.
Tunick è appena riuscito a persuadere 18'000 persone a spogliarsi per lui a Città del Messico per l'ultima della serie di sue fotografie di nudi di massa in giro per il mondo. Bene, buon per lui. Ne avrà pubblicità, e i partecipanti sicuramente si son divertiti, e magari lo hanno pure trovato un atto terapeutico.
E allora? Il lavoro di Tunick non è arte, e nessuno che lo ha davvero cosiderato tale per un momento continuerà a sostenere che lo era davvero: non c'è un "pensiero" davvero interessante sotto il suo lavoro, nè si tratta di una sfida provocatoria a quello che rappresenta il mondo dell'arte. Le sue prodezze fotografiche si posizionano allo stesso livello di una scema Campagna pubblicitaria: trovo davvero spregevole il modo in cui Tunick viene acclamato per qualcosa di così chiassosamente cinico.
[...]
Penso che molte persone segretamente odino l'arte. Non molto tempo fa era perfettamente rispettabile esprimere questo odio, almeno per l'arte moderna o contemporanea, ma oggi l'arte recita un ruolo così importante nella nostra cultura che tutti si sentono obbligati a creditarle servizio incondizionato... malgardo ciò l'ancestrale odio sopravvive sotto le ceneri..."
In effetti è vero, Spencer Tunick è molto chiassoso, è un po' come Christo senza averne la classe, ma, nonostante la sua sfacciataggine e la sottiliezza della sua visione del mondo, non mi dispiace il suo semplice messaggio di armonia fra l'uomo ed il suo paesaggio urbano.
Condivido invece in pieno la sentenza sul servilismo verso l'arte che pervade certi ambienti, e mi risuona addirittura un po' demagogico il restringerlo unicamente all'arte moderna (o contemporanea), quando invece risale alla notte dei tempi, alla irresolvibile questione della definizione dell'arte.
Non sapendo più che strada percorrere per attirare l'attenzione di consumatori sempre meno propensi a spendere sul prodotto discografico, le major dell'industria musicale sembrano aver recentemente scoperto la frontiera del pseudo impegno sociale. Esaminiamo due casi: Simone Cristicchi e i Tinariwen. Su Cristicchi, sicuramente innescata da una encomiabile vera esperienza personale, in vista del Festival di Sanremo, viene magistralmente costruita la leggenda del suo impegno con i malati di mente, in modo da far diventare automaticamente impegnato il suo pop, e attirare così l'attenzione su di un "nuovo" argomento: la canzone d'autore impegnato.
I Tinariwen invece suonano canti tradizionali Tuareg su base blues elettrico alla Led Zeppelin, un po' come nello splendido "Talking Timbuktu" di Ali Farka Touré e Ry Cooder del 1991. Niente di nuovo? Macchè, questa volta è la leggenda della presunta passata appartenenza di alcuni membri della band alla falange rivoluzionaria Tuareg, forse armata dallo stesso Geddafi per combattere i vicini del Mali, a calamitare l'attenzione su di una minoranza etnica che ha i suoi diritti da rivendicare.
Ancora una volta un problema sociale o politico come strumento di promozione commerciale! E la comunicazione integrata confezionata ad arte per il Cristicchi e per i Tinariwen ricalca perfettamente questo concept: un corridoio da manicomio è lo sfondo della nuova pagina web del Cristicchi, mentre i Tinariwen imbracciano le loro chitarre come fossero mitra nella home del loro sito, a mo di sfida contro coloro che, anche solo con lo sguardo, osano insinuarsi nel loro deserto.
Pare proprio che il 2007 sia l'anno delle luci frontali, piatte e fredde, e, almeno nelle intenzioni, sexy. Dopo Steven Klein per Dolce e Gabbana, è la Campagna donna di Sisley realizzata dall'eclettico Terry Richardson a farmi rabbrividire appena salgo in macchina per uscire dal comune della cintura metropolitana dove risiedo. Tutta la città, tutte le città invero, sono tapezzate dalla ennesima foto di Richardson che passerebbe inosservata, ma questa volta è un ragno tempestato di brillanti sul volto della modella a catturare l'attenzione.
Quasi in risposta a questa piatta omologazione, meglio allora fare come Andrea Spotorno esagerandola e rendendo artificiose le solite fredde ambientazioni, a pag.274 dell'ultimo numero di D (La Repubblica delle Donne).
In particolare del cartellone di Richardson non mi piace il taglio, forse imposto dal formato 2x6. Meglio va quando raggiungo il centro, dove i piccoli formati costringono al taglio verticale: si perde la pseudo sensualità ricercata nel taglio precedente, per guadagnarne in forza espressiva.
Questa volta Oliviero Toscani ce l'ha contro la piaga dell'anoressia, e sfrutta superficialmente questo tema per promozionare Nolita, un brand per bambini fighetti. L'inventore del "pubblicizzare i maglioni con campagne (pseudo-)sociali" pubblica la sua ennesima Campagna chock realizzata fotografando, come al solito in modo semplice e scontato, una magrissima modella anoressica, ritratta nuda. E' francese e si chiama Isabelle Caro, e da diversi anni è afflitta da una grave forma di anoressia che l'ha portata a pesare poco più di trenta chili. Fabiola De Clerq, presidente di Aba (Associazione per lo studio e la ricerca sull'anoressia, la bulimia e l'obesità): "L'utilizzo di questa immagine è suscettibile di indurre fenomeni di emulazione e non aiuta certo i diretti interessati né le loro famiglie: si accendono i riflettori e poi si spengono, e le famiglie si vedono sbattere le porte in faccia dai grandi ospedali".
Almeno il buon Oliviero sembra aver ritrovato la sua strada; quella che lo ha reso celebre e che sembrava aver perso negli ultimi tempi.
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