All'epoca dei fatti, quando le Germanie erano due e un muro lungo 46 km attraversava le strade e il cuore dei Tedeschi, il regista Florian Henckel von Donnersmarck era poco più che un bambino. Per questa ragione ha riempito il suo film dei dettagli che colpirono il fanciullo che era allora. L'incoscienza e la paura diffuse nella sua preziosa opera prima sono quelle di un'infanzia dotata di un eccellente spirito di osservazione.
La riflessione e l'interesse per il comportamento della popolazione, degli artisti e degli intellettuali nei confronti del regime comunista appartengono invece a uno sguardo adulto e documentato sulla materia. Ricordi personali e documenti raccolti rievocano sullo schermo gli ultimi anni di un sistema che finirà per implodere e abbattere il Muro. [...]
Davvero un ottimo film, anche se è un peccato l'eccesso di pervasività di una morale sfacciatamente da banale filmone buonista, dove il traditore finisce sempre male, se non schiacciato da un camion.
Yesterday night we watched this movie at my friend's house, and tonight I dreamt of it and became conscious of what I am now writing down.
First of all, I love the movie making style: film editing is top notch, but also photography and music seem to be used on purpose to render my own personal nonlinear, neurotic and recurrent way of seeing reality.
Then, the story is, with a drama fingerprint, a very positive one indeed, telling of an individual (Tom) who realize a very important change in life: from a cr@p life devoTed to easy money, always around evicting poor people with baseball bats, to a sensitive life devoTed to love and art.
In bullets: - The story analyzes the relation between father and son: the movie starts with Tom's friend outing about the inversion of roles when fathers get old, and it ends with the beating-up of the Russian con artist which both avenges Toms' dad and definitely close a cycle in Tom's life.
- Tom in the beginning is a high performance professional, but he is anxious and unbearably neurotic… and he still suffers an Oedipus complex for his dead mother… Thus Tom initially fully incarnates the projection of his father into the business world, and he ends by transforming himself to become like his mother's former lover (and manager): such a change in life seems possible right through the psychological switch of parental referral model.
- The episode of Tom who rediscovers his own way of expression through a person who does not speak his language at all is romantic for me, albeit quite predictable. He can achieve that through an art, music, which will turn into his the turning point of his life.
- Finally, Tom is able to find his own dimension. He can both express his sensitivity and his relational ability which imply a clear managing and business attitude.
The fact that director Jacques Audiard was able to render this illuminating progression of events using a filming language which is also my language explains my enthusiasm about this movie Am I too cerebral?
[Seen with Alessia, Andrea, Cecco, Francesca, Nino, Paolino, Zago on Nov. 20th 2006]
Il 2010 è l'anno in cui la Reflex Digitale diventa fenomeno consumer di massa. Ecco perchè sempre più spesso amici e conoscenti proprio quest'anno mi fanno sempre la stessa domanda: "quale reflex digitale cosigli per iniziare?". Quasi tutti provengono dall'esperienza con fotocamere digitali compatte, e pochi da fotocamere "super-zoom". Di seguito elenco alcune reflex digitali (DSLR) sotto i 1000 Euro con ottica a corredo. Hanno tutte autofocus efficace, scatto immediato, mirino ottico con visione attraverso l'obiettivo, sensore di grandi dimensioni (formato "APS-C", poco meno delle dimensioni della pellicola formato "35mm" tradizionale) con nitidezza e sensibilità molto superiori alle fotocamere compatte, dotate di sensore di dimensioni inferiori. Lo schermo posteriore serve quasi esclusivamente a rivedere le immagini già scattate, non a inquadrarle. Forniscono tutte ottimi file codificati direttamente in formato standard JPEG, ma possono scattare anche in un formato proprietario di alta qualità (detto RAW), che rappresente l'equivalente digitale del negativo dei tempi della pellicola: è possibile "sviluppare" manualmente i file RAW mediante appositi software su PC in modo da ottenere risultati personalizzati, sempre in formato JPEG (lo standard per la visualizzazione su PC e la stampa fotografica).
che offre qualità analoghe alle più blasonate Nikon e Canon, in un corpo macchina più compatto e leggero (grazie al sensore formato "4 terzi", lievemente più piccolo di quello in formato "APS-C" delle altre DSLR sopra elencate).
Qualità: Pixel e Obbiettivi
Più o meno tutte hanno fra i 12 e 17 MegaPixel, ma non fa tanta differenza a questi livelli perchè da 10Mpix in su (di una Reflex) si è già superata la qualità di pellicola+scansione (i MPix di una compatta, essendo il sensore di dimensioni ridottissime, non sono confrontabili con quelli di una Reflex di grandi dimensioni come queste). Più differenza la fanno gli obiettivi, e quelli standard di dimensioni ridotte a corredo con le reflex citate sono ovviamente modelli base, ma sufficienti per iniziare a fare le cose seriamente.
L'obiettivo standard per le reflex digitali in formato APS-C come queste è in genere uno zoom 18-55mm (da grandangolare a piccolo tele, equivalente su pellicola al classico zoom 28-80mm) con luminosità limitata (f/3.5-5.6). A volte vengono proposti un abbinamento con uno zoom più spinto verso il tele (es. 18-135mm), oppure abbinamento con coppia di ottiche 18-55 e un teleobiettivo vero e proprio (es. 55-200m f/4.5-5,6): l'accoppiata di 2 zoom ha qualità e prestazioni superiori al singolo zoom più spinto, ma ha l'inconveniente di richiedere il cambio obiettivi.
L'obiettivo che utilizzo per il 90% degli scatti ha una focale di 17-55mm analoga a quelli degli zoom compatti di serie con le reflex di cui sopra, ma ha una luminosità doppia o tripla (f/2.8), ed è per questo che è così pesante e di grandi dimensioni.
Altra prestazione delle ottiche utile sul campo è il sistema di riduzione vibrazioni (Canon la battezza "IS", Nikon "VR", Sony incorpora la funzione nel corpo macchina).
Conclusioni
Tutto sommato, per quanto è disponibileoggi 6 settembre 2010 nei negozi (o online), la macchina più aggiornata per cominciare a fare le cose seriamente e con il miglior rapporto prezzo/prestazioni è la Canon EOS 550D con un ottica "IS". Oppure la Nikon D90 con un ottica "VR" (qualche megapixel in meno, ma ergonomia e precisione superiori).
Il mercato
Altro marchio emergente (azienda che spinge sia con innovazioni che con strategie di marketing aggressive) è la Sony, che ha rilevato un paio d'anni fa il business delle macchine fotografiche di Minolta. Le Panasonic, Samsung e Olympus hanno solo prodotti entry level, anche ottimi (Oly e Panasonic), e/o dal marketing molto aggressivo (Samsung), mentre Pentax è in grossa crisi di identità (e di mercato), dopo l'acquisizione del settore "photo" da parte di Hoya/Tokina. Il resto del mercato è fatto da una miriade di prodotti compatti di fascia bassa, o da soluzioni esoteriche per fotoamatori super-tecnofili, dal rapporto prezzo prestazioni decisamente dubbio, e di fatto raramente utilizzate davvero dai professionisti nel campo del reportage, advertising o fashon.
Negozi fisici
I negozi fisici, rispetto a quelli online, garantiscono un livello di servizio (consulenza e assistenza) altrimenti impossibile da ottenere, al costo di davvero solo pochi euro in più.
Un negozio in centro a Bologna dove sono molto forniti e hanno un supporto specialistico dedicato alle reflex digitali è l'Immagine di Via Manzoni 6: http://www.limmaginefotocine.it/ ma ne esistono anche altri più storici o meno.
Le FAQ:
1) sono macchine "professionali" quelle consigliate?
Sono macchine posizionate nel segmento "consumer", ma che possono offrire risultati del tutto analoghi a quelli delle macchine "professionali", soprattutto sfruttando utilizzando al meglio le ottiche e scattando nel formato RAW. Ecco perchè sono tutte DSLR di successo, molto diffuse.
2) cosa ha in più una DSLR del segmento "professionale" rispetto ad una DSLR "consumer"?
- qualche pixel in più, ma non è detto in quanto 12/14 sono sufficienti per molte applicazioni professionali.
- un sensore ancora più ampio dell'APS-C, ad esempio il pieno formato della pellicola "35mm", per maggiore sensibilità e migliore resa generale, ma non è detto perchè i fotografi di sport e naturalistici preferiscono i sensori APS-C che meglio sfruttano le ottiche esistenti per inquadrare soggetti lontani.
- un mirino più preciso, più ampio e più luminoso, per inquadrature più facili anche al buio.
- un autofocus più veloce e con più punti sensibili dell'inquadratura.
- uno scatto a raffica ancora più veloce, ma i 3 fotogrammi al secondo delle macchine consigliate non sono pochi.
- una carrozzeria in lega di metallo e non in plastica, magari con guarnizioni stagne a prova di pioggia. Di contro è più ingombrante e più pesante.
- possibilità di usare doppie batterie e doppie schede di memoria per aumentare a dismisura l'autonomia in campo, ma già la durata delle batterie e delle schedeoggidisponibili sulle macchine consigliate è sufficiente per moltissimi usi.
3) Molte Reflex recenti (e tutte quelle consigliate esclusa la Olympus) possono registrare spezzoni video in HD. E' una funzione utile?
E' una funzione molto utile, ma che non sostituisce una telecamera dedicata (compatta o professionale) per registrare falcilmente molti video di alta qualità. Comunque realizzare video è molto diverso dallo scattare foto, sia in sede di ripresa, che in sede di post- produzione. E' un gadget simpatico, e permette la realizzazione di filmati di alta qualità video e ottica, grazie al parco ottiche diponibili per le reflex e all'effetto sfocata molto cinematografico possibile solo con sensori di grandi dimensioni come gli APS-C.
All'inizio degli anni sessanta l'industria italiana era alla massima espressione per tecnologia e design, solo che non lo sapeva ancora: troppo vicini erano i ricordi di una terribile guerra, di un regime totalitario e limitativo, e della conseguente miseria materiale e morale che aveva afflitto la penisola nei decenni precedenti. Forse l'Italia non sarebbe stata mai più così vicina ad americani/giapponesi/Tedeschi per tecnologie di base e design. Per quanto riguarda le tecnologie, basta ricordare l'innovativo "super" calcolatore Elea 9003 del 1959, mentre, sempre dalla storia dell'azienda di Adriano Olivetti, per il design basti ricordare una piccola storia fatta per apparecchi di scrittura:
D-Copia 55, sistema digitale multifunzione -2002
Explor@, e-cash - 2002
Copy Lab 200, sistema multifunzione a base copy , flat bed - design: Michele De Lucchi, 2001
Gioconda, calcolatrice da tavolo - design: Michele De Lucchi, 2001
Nomad Jet, stampante mobile a getto d'inchiostro - 2001
Jet Lab 600@, sistema multifunzione a colori a base fax - 2000
Art Jet 10, stampante a getto d'inchiostro - design: Michele De Lucchi, 1999. Vince il premio di design Compasso d'oro
Divisumma 18, calcolatrice elettronica da tavolo - design: Mario Bellini, 1973
Logos 68, calcolatrice elettronica da tavolo - design: Mario Bellini, 1973
Logos 68, calcolatrice elettronica da tavolo - design: Mario Bellini, 1973
Valentine, macchina per scrivere portatile - design: Ettore Sottsass, 1969. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York
Valentine, macchina per scrivere portatile - design: Ettore Sottsass, 1969. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York
Programma 101, calcolatore elettronico da tavolo su progetto di Piergiorgio Perotto - design: Mario Bellini, 1965
Elea 9003, calcolatore elettronico, sviluppato nel Laboratorio di Ricerca di Borgolombardo guidato da Mario Tchou - design: Ettore Sottsass, 1959. Particolare della consolle
Elea 9003, calcolatore elettronico, sviluppato nel Laboratorio di Ricerca di Borgolombardo guidato da Mario Tchou - design: Ettore Sottsass, 1959
Divisumma 24, calcolatrice meccanica da tavolo - design: Marcello Nizzoli, 1956. Vista laterale del meccanismo interno
Lettera 22, macchina per scrivere - design: Marcello Nizzoli, 1950. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York
Lettera 22, macchina per scrivere - design: Marcello Nizzoli, 1950. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York. Bozzetto del progetto
Summa 15, calcolatrice da tavolo meccanica, design: Marcello Nizzoli, 1949
Summa 15, calcolatrice da tavolo meccanica, design: Marcello Nizzoli, 1949. Dettaglio della tastiera
Divisumma 14, prima macchina calcolatrice meccanica al mondo ad eseguire le quattro operazioni - design: Marcello Nizzoli, 1948
Lexikon 80, macchina per scrivere - design: Marcello Nizzoli, 1948. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York.
Lexikon 80, macchina per scrivere - design: Marcello Nizzoli, 1948. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York. Vista laterale del meccanismo interno
Lexikon 80, macchina per scrivere - design: Marcello Nizzoli, 1948. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York. Bozzetto del progetto
MP1, prima macchina per scrivere portatile prodotta dalla Olivetti tra il 1932 e il 1935, disegnata da Aldo Magnielli
MP1, prima macchina per scrivere portatile prodotta dalla Olivetti tra il 1932 e il 1935, disegnata da Aldo Magnielli
MP1, prima macchina per scrivere portatile prodotta dalla Olivetti tra il 1932 e il 1935, disegnata da Aldo Magnielli
M1, prima macchina per scrivere prodotta dalla Olivetti nel 1911, disegnata da Camillo Olivetti
M1, prima macchina per scrivere prodotta dalla Olivetti nel 1911, disegnata da Camillo Olivetti
M1, prima macchina per scrivere prodotta dalla Olivetti nel 1911, disegnata da Camillo Olivetti
Sulla punta della lingua, o tip of the tongue, come dicono oltremanica, è un nuovo progetto che inizia pubblicando il saggio della curatrice newyorkese Charlotte Cotton "The New Color: The Return of Black-and-White", notato grazie agli articoli su photo muse-ings. Su questo promettente nuovo sito dedicato alla fotografia contemporanea, il saggio della Cotton, autrice anche dell'eccellente libretto "The Photograph as Contemporary Art" recita:
..But it is definitely more hit-and-miss for a photographer working in black-and-white to anticipate whether or not the full meaning and contemporary relevance of their imagery will be understood in light of color art photography’s dominance. At the beginning of this millennium, I found it difficult to keep my confidence that photography’s monochrome history continued to exert a strong influence on the way we see...
A career-orienTed art photographer (and maybe this is the first generation of artists who can consider it a “career”) sticks very close to the now well-traveled path of contemporary color photography’s aesthetic homage and partial remembrance of, for example, gorgeous Kodachrome, or the beam of an enlarger. In a career-orienTed era, perhaps this strategy is wiser than trying to beat a path through the resistance to presenting imagery in other ways and forms that actually respond to the potential of digitization. Of course I feel bemused at why a nascent art photographer would be so openly conservative as to adhere to apparent conventions, and at my most pessimistic, I wonder if there’s too much “trying-to-be-like” Eggleston, Shore, et al., and too little “creative-departure-from” the stellar standards that they have set...
Che sia corretta o meno nelle sue previsioni, o giustificabile nei suoi entusiasmi, questa è tutta un'altra questione. Di certo si tratta di una lettura provocatoria, e penso che molti fotografi tradizionalisticamente analogici e figurativi, compreso il digitalissimo sottoscritto, forse non approveranno alcune delle sue scelte di bianco e nero contemporaneo. E, malgrado personalmente ami anch'io visionare o produrre quello che si potrebbe definire fotografia a colori contemporanea, sono abbastanza consapevole del fatto che esistano ulteriori direzioni da esplorare col bianco e nero...
Sarà inoltre interessante vedere se questo nuovo revival del bianco e nero prenderà davvero mai piede. Francamente ci sono anche alcuni fotografi dell'era pre-colori degli anni '70 che realizzavano progetti meno narrativi e più grafici, più simili alla serie The New Scent di Jason Evans. Se mai il Bianco e nero prendesse di nuovo piede, rivitalizzarà anche il mercato delle pellicole, della camera oscura tradizionale, etc. etc. oppure la sua resurrezione rimarrà, come credo, totalmente digitale?
Infine mi chiedo come possa evolvere l'arte visuale che amo di più dalla propria intrinseca ancestrale derivatività nell'era della manipolazione teconolgica, ma questa e tutta un'altra storia, che spero di poter coprire con un apposito articolo appena possibile...
Yesterday it was the second cultural happening at the house of a very close friend of mine: we use to meet there to watch a movie and discuss it almost every week.
On our first evening, I had the chance to have an absent look at 1933 "She done him wrong" with Mae West... absolutely too far away from my vision, my way of thinking, my way of seeing reality, making imageries or way of shooting movies. http://www.imdb.com/title/tt0024548/
Yesterday we saw Fellini's "La Dolce Vita" and... wow, what a great, inspiring and important movie. I had watched that movie almost 20 years ago, when I was a stupid young teenager, but now, in my middle age lifetime walk, I enjoy all of it: the story, the melancoly and sadness, the good looking women and the over-the-top useless parties of perdition... http://www.imdb.com/title/tt0053779/
Fellini has become utterly famous, most of all, for his outstanding ability to render stories and facts that barely exist on screen, always in between reality and dreams, lights and shadows, just as the Rome of movie starlets and the Pope. Everything is abstracTed like in a dream. Every story is the good one for making a movie.
[Seen on Nov. 8th with Adirana, Alessia, Andrea, Francesca, Nino, Paolino, ...]
With the Web it (the radio) has become an asynchronous medium. We can find all kinds of archived audio streams on the Web. And ‘radio’ now includes pictures and video streams and statistics and print. Print itself has exploded through the Web. In the mid-20th century people were predicting that print, the written text as an object of thought, was obsolete. Look at how the written text has exploded with the WWW and blogs! Artists always have to look to new media for opportunities to reach audiences, but media considered old and obsolete are also being revitalized. Look at television. Television is being abandoned by audiences who seek more control over programming. Maybe the time will come for television to be programmed by artists!
E del rapporto post-Duchampiano fra arte concettuale e bello nell'era della comunicazione totale:
Marcel Duchamp critiqued painting as a mindless activity early in the 20th century. He advocaTed for an art of intent and concept. I don’t think Duchamp was arguing against visual sensuality or pleasure, but he was pointing out that art is fundamentally a philosophical discipline. Philosophical discourse is not restricTed to pretty pictures. Ideas are not limiTed to visual images. 21st century culture and art involves a full spectrum of sensual information, including highly coded languages transmitTed and received by machines across networks. Sure we still read most of the world through our eyes, but it is absurd to think that art and aesthetics are limiTed to beautiful images. Concept and context and data and information come in all kinds of textures and frequencies.
Sembra quasi la teorizzazione della società dell'informazione come messaggio (contenuto) e non solo come medium (espressivo). Infatti, secondo me, c'è una incolmabile contraddizione in termini fra le informazioni espresse in linguaggi condificati fra macchine, e la possibilità di esprimere una qualsiasi sensorialità, seppur evocata in senso allargato. Però la sonorità anglofona di "sensual information" accostato ad "highly coded transmitTed language" è molto seducente, anche se, secondo me, it makes no sense.
Here we go again with yet another Magnum-Photos a-la-Henri-Cartier-Bresson photographer on display in Modena this winter: just 2 large rooms with 3 dozens of big catchy colorful prints from Asia and a lot of rumbling people in the overheaTed gallery.
Different from many contemporary photojournalists who tend to "machine gun" their subjects, Steve McCurry immediately distinguished himself for his vivid personal way of seeing reality and by taking his time to slow down, wait for the right light, and know his subjects well before taking timeless shots of vibrant life.
The results are outstanding stunningly saturaTed portraits of people, places and moods, be them happy tribal dances or lands devastaTed by a war. Every single image vibrantly speaks both of the portrayed situations (be it in Afghanistan or in Tibet) and of its author at the same time: this is what I call the absolute reportage photography.
Thus a fairly straightforward exposition, easy to be understood by the general public and light years far from the conceptual contemporary art, but nevertheless inspiring as a unique vision of reality and beauty.
[Seen in Modena on Jan. 13th with Davide, Fabri, Patty and Nic]
Last week I had a shooting to an Opera produced by my friend (and singer) Luca Gallo (http://www.lucagallo.com). "Il Macco" is an "opera buffa" by the nearly unknown Italian composer Ferdinando Ranuzzi. It was played only very few times with good critics back when it was composed in mid-19th century. Then the traces of "Il Macco" and its composer are nearly lost, and music sheets were thought lost until only recently discovered by a descendant of Ferdinando Ranuzzi inside an old cellar. A local non-for-profit art guild recovered the music sheets and orchestraTed the return to play.
Music was really catchy, lyrics quite amusing and production was top level.
Ok, here they go again: another couple of friends asked for my help in producing their graduation thesis lately. This fall the first one is just yet another private survey, but the second one is an interesting real project by a friend who is preparing a feasibility report for a post graduation school for art-curator wannabes. The project's subject is "The relation between architecture and art in contemporary visual culture".
Location for the exposition is given and maximum budget is less than 6 grands, insurance included
Any help is appreciaTed, expecially great concepts that are cheap to realise, and a list of inexpensive services for expositors available to a big city in central Italy... Please write to me privately if you wish to contribute.
News will follow within Christmas, and my friend's project might also be produced for real by her art school
L'allargamento del periodo in cui spostare le lancette avanti o indietro rispetto all'effettiva ora convenzionale astronomica era stato pubblicizzato come un'occasione per risparmiare un po' di energia. Lo stesso nome inglese dell'ora legale è Daylight Saving Time, qualcosa del tipo "orario per il risparmio con la luce solare"... ma proprio questa, forse l'unica mossa dell'amministrazione Bush introdotta proprio per indurre una teorica riduzione delle emissioni inquinanti, è stata un colossale buco nell'acqua. Leggo infatti su arstecnica dell'inutilità provata di tale anticipo:
As it turns out, the US Department of Energy (and almost everyone else except members of Congress) was correct when they predicTed that there would be little energy savings. This echoed concerns voiced after a similar experiment was attempTed in Australia. Critics poinTed out a basic fact: the gains in the morning will be offset by the losses at night, and vice-versa, at both ends of the switch. That appears to be exactly what happened.
I was sleeping today, exhausTed by too many nights up for too long, needless to say, longer than really needed. In between thoughts, dreams, nightmares and punches from my overloaded liver, an old song starTed rambling on my head…
…the original is daTed back to 1982, from the States, explicit lyrics, and those "big sounds" which make it so 80s and mystify the underlying R&B mood.
AAMOF the version echoing in my mind is much newer, acoustic, suffered, and really really great.
Lyrics are in a basic and direct English, so un-poetic and somehow sexist, but explicit enough to merit a temporary ban from radio and TVs at that time.
Actually I don't feel like it, and currently not looking for it: it was just a mid-afternoon dream. Dry and distorTed by a long playlist in the background.
Marvin Gaye - Sexual Healing (1982)
(Marvin Gaye/David Ritz/Odell Brown)
Ooh, now let's get down tonight
Baby I'm hot just like an oven
I need some lovin'
And baby, I can't hold it much longer
It's getting stronger and stronger
And when I get that feeling
I want Sexual Healing
Sexual Healing, oh baby
Makes me feel so fine
Helps to relieve my mind
Sexual Healing baby, is good for me
Sexual Healing is something that's good for me
Whenever blue tear drops are falling
And my emotional stability is leaving me
There is something I can do
I can get on the telephone and call you up baby, and
Honey I know you'll be there to relieve me
The love you give to me will free me
If you don't know the things you're dealing
I can tell you, darling, that it's Sexual Healing
Get up, Get up, Get up, Get up, let's make love tonight
Wake up, Wake up, Wake up, Wake up, 'cos you do it right
Baby I got sick this morning
A sea was storming inside of me
Baby I think I'm capsizing
The waves are rising and rising
And when I get that feeling
I want Sexual Healing
Sexual Healing is good for me
Makes me feel so fine, it's such a rush
Helps to relieve the mind, and it's good for us
Sexual Healing, baby, is good for me
Sexual Healing is something that's good for me
And it's good for me and it's good to me
My baby ohhh
Come take control, just grab a hold
Of my body and mind soon we'll be making it
Honey, oh we're feeling fine
You're my medicine open up and let me in
Darling, you're so great
I can't wait for you to operate
I can't wait for you to operate
When I get this feeling, I need Sexual Healing [Ad lib ..> ..>
La Gapminder di Hans Rosling ha sviluppato un innovativo software per visualizzare dati statistici con video animazioni: è in grado di rappresentare dati multidimensionali mediante accattivanti rappresentazioni animate che vanno oltre le tradizionali tecnologie di OLAP e reporting attualmente diffuse sul mercato. Hans in questo intervento alla Ted Conference dimostra una bravura narrativa degna dell'Adriano De Zan dei tempi d'oro come ci fa notare Luca De Biase:
Il prof. svedese ha portato i suoi concept in giro per il mondo con comunicazione tanto efficace che è del 18 marzo la notizia che Google compra Gapminder.
Google buys Gapminder, a graphical display company By Matt Marshall 03.19.07 7:58 AM
Google has acquired Swedish non-profit company Gapminder that produces visually attractive graphics to display facts, figures, and statistics in presentations. See the site's new home page for an example of what it does, which includes moving graphics and other effects. Hans Rosling, a scientist who led the company, gives an entertaining presentation of the company's offerings at Ted. He explains how important public data from UN, government institutions and universities has been hidden in the basement of databases, but that it not been available on the Web in a search format, and that is what Gapminder, as a non-profit had been trying to pursue. The Ted audience was clearly moved, and we can only assume some Googlers in the audience likely recommended the purchase. Notably, only software and the Web site were sold to Google, and Rosling apparently didn't get a dime. Swivel, you'll recall is another San Francisco start-up that lets users play with statistics, and encourages the use of graphics. The company launched last year, after working on its technology for a year. Depending on what Google does with this, Swivel may be forced to focus on its paid version, for sale to companies that want to keep their data private.
Hans Rosling selling Gapminder to Google posTed on 19. March 2007 at 08:47 PM
Venture Beat has the story: Google buys Gapminder. This is cool. Gapminder was founded by the very smart and entertaining Hans Rosling who has delivered outstanding presentations at several high-level conferences including Ted and WEF. Loic also inviTed Rosling to speak at the LeWeb3 conference in Paris where I was so fortunate to see him present live. At the recent Ted07 he even swallowed a sword on stage; I guess that impressed the Google founders who were also present at the conference. Note that Rosling didn't cash in with this transaction as Gapminder (the software) is developed by a non-profit foundation. More details on the story here.
Io non so se essere contento o meno della notizia della cessione. Di certo sono contento per il fatto che forse fra pochi mesi/anni avremo un servizio "gratuito" e facilitato di analisi visuale dei dati multidimensionali. Ma se, dopo quella dei GIS, anche la nicchia della Business Intelligence, forse una delle poche ancora galoppanti nell'asfittico panorama dell'IT, venisse banalizzata ed in parte fagocitata da Google? E' ormai storia che con il servizio "maps" prima, ed "earth" poi, realizzati a suon di analoghe annessioni, Google ha messo a disposizione di tutti gli utenti e gli sviluppatori web un'insieme di servizi cartografici molto limitato che ha puntato sulla gradevolezza dell'interazione utente e su ruffiane foto aeree per sfondare in un mondo molto più attento all'apparenza che alla reale qualità dei servizi. Infatti, pur riconoscendo l'innovatività della semplice ed usabile interfaccia utente realizzata per GoogleMaps, e l'efficienza della consolidata architettura a server distribuiti tipica delle soluzioni made in Google, la qualità e accuratezza delle cartografie servite non arriva alla sufficienza per molti utilizzi che vanno al di là del trovare la pizzeria da asporto più vicina a casa. Malgrado ciò, grazie all'innovativo marketing di Google, GoogleMaps e GoogleEarth sono il nuovo punto di riferimento nell'area delle applicazioni GIS. Succederà così anche per le tecnologie acquisite da Gapminder?
La mia morale sulla Google-mania pervasiva è: - Pro: vulgarizzare servizi vuol dire diffondere democraticamente conoscenza in modo gratuito, o quasi. - Contro: banalizzare tecnologie a volte causa l'impoverirne l'accuratezza informativa. - Devastante: fornire tutto ciò nominalmente "gratis" (in realtà secondo un modello di business alternativo) significa rivoltare il mercato come un calzino.
Infatti, offrendo "gratis", pur con qualità inferiori, servizi che altrimenti hanno una complicazione ed un costo non banali, succederà che: da una parte gli operatori del settore (come la Swivel citata da Matt Marshall, ma anche molti altri specializzati in soluzioni di alto profilo anche se più glocal) dovranno fornire un valore aggiunto ancora maggiore per differenziarsi da un prodotto di base molto accattivante disponibile gratis, dall'altra i prezzi scenderanno e i margini (esigui) si ridurranno ulteriormente, e, infine, qualche altro operatore dell'IT chiuderà i battenti. La legge del libero mercato, si dirà. E, col liberismo, la democratica diffusione della conoscenza per tuttri coincide paradossalmente proprio con il declino della pluralità tecnologica e l'affermazione dei giganti dell'industria informatica? Fra Google e Microsoft, IBM e Oracle, Sun e SAP... proprio non saprei quale fra i "monopolisti" mi sta più antipatico... Ah, dimenticavo Apple, il monopolista dei lettori mp3
Sarà un bene? Chissà... intanto sembra proprio che l'informatica sia sulla stessa strada che fu dell'automotive un secolo fa: dai tempi pionieristici in cui qualsiasi mente lucida (o qualsiasi officina famigliare) poteva contribuire al progresso producendo qualcosa di innovativo e di pregevole, ai tempi in cui sono rimasti solo 7 grandi nomi che, d'accordo con 7 sorelle, detengono il monopolio globale del know-how e soprattutto delle risorse per sostenere la ricerca e sviluppo ai soli propri fini. Ai restanti solo piccole cose, e alle microimprese solo servizi di manutenzione programmata... in franchising, ovviamente. Per fortuna che oggi, grazie alla relativa economicità del mondo digitale rispetto a quello dell'industria pesante, abbiamo l'opzione offerta dalle tecnologie Open. Basterà?
Nel suo discorso, parla degli ultimi 25 anni di guerre coperte come reporter, e sottolinea due filoni paralleli nei suoi lavori. Il primo che la violenza, la carestia, la malattie, tutti i "fronti" delle guerre contemporanee sono esattamente dove la gente vive. E il secondo che, quando una fotografia attira l'attenzione del mondo, può davvero guidare all'azione per il cambiamento. Mettendosi in mezzo al conflitto, la ruffiana intuizione di Nachtwey è quella di raccontare la verità, di documentare le lotte dell'umanità, e così facendo svegliare gli animi e spingerli all'azione.
L'utopia di questo premio risiede nel fatto che Ted garantisce ad ogni vincitore 100,000 dollari e il supporto di multinazionali, che così si fanno pubblicità e scaricano utili in eccesso, per aiutarli in progetti che si propongono di cambiare il mondo, in un modo o nell'altro.
Il desiderio di Nachtwey è "lavorare sulle storie che il mondo deve conoscere, e influenzarle provando la potenza del fotogiornalismo nell'era digitale".
Di seguito ecco il suo a tratti terrificante discorso (in inglese) accompagnato dalle note e sensazionali immagini di invincibile sofferenza... vale la pena seguire questi 20 minuti di presentazione malgrado le non sue ottimali doti oratorie.
Non ho ancora letto l'intero articolo di Jim Johnson, ma l'abstract mi risuona interessante: "La sovraesposizione di immagini crude e violente potrebbe, trasformando i diffusi problemi socio-politico-economici in melodrammatiche storie di umano interesse, diminuire la reale capacità degli individui e delle organizzazioni ad intraprendere azioni correttive e preventive" efficaci e tempestive.
Ciònonostante una populistica visione convenzionale del fotogiornalismo continua a premiare gli atteggiamenti più demagocici al riguardo, come quello di un James Nachtwey da guerra che si racconta alla Ted conference come se produrre le immagini che in primis gli procurano il successo personale fosse un'operazione messianica di salvataggio del mondo dal male.
Fogne e tombini illuminati, a Jena, ex Germania dell'Est, per un'installazione choc. L'idea è dell'artista Ronen Eidelman, originario di Israele, che vuole attirare l'attenzione sulla condizione segreta, in ombra, di migliaia di rifugiati, costretti a vivere agli angoli della società. Illuminando la rete fognaria della città, l'artista mostra quelle esistenze costrette a rimanere invisibili. L'intero progetto, "UndocumenTed disappearance", è sul sito dell'autore.
UPDATE 25 Aprile 2007: Tolgo il codice che replica le facce dei 2000 bloggers con i 2000 link perchè falsa i risultati puramente quantitativi di un meccanismo di ranking user-generaTed come quello di Technorati. Questa è la pagina originale di Sid05 con le 2000 nostre facciotte:
Ecco il viral post del duemila..... e sette:
[...snip...]
Ciao a tutti!
Questo articolo serve unicamente da test, dopo che, inspiegabilmente, la risposta HTTP restituita dal server su cui è installato il dBlog di davidegaazzotti.com, è passata da essere codificata "ISO-8859-1" a "Unicode UTF-8":
L'applicazione dBlog non imposta lato server alcuna codifica per le pagine web che genera dinamicamente in base al contenuto del DB Access, ma indica al browser client la codifica tramite il meta tag HTTP-EQUIV. Tale tag è fissato nel "modulo meta" a "ISO-8859-1" in modo da permettere l'uso dell'intero set di caratteri dell'europa occidentale: dagli accenti francesi e italiani, alla cediglia spagnola, al "beta" Tedesco o alle strane "vocali" nordiche... senza necessità di indicarli tramite la codifica &#numero_codice; di cui esistono anche indicatori mnemonici, tipo à etc.
Per ovviare al cambiamento di codifica delle pagine web servite dal provider, la soluzione è stata modificare l'applicazione dBlog per rendere parametrica la tabella codici: (1) aggiungendo un parametro fra quelli generali del blog; (2) modificando il "modulo meta" e i tre script ASP per i feed RSS
In questo modo se il provider imposta di nuovo forzatamente e inaspettatamente una particolare codifica caratteri delle risposte, allora sarà possibile modificarla al volo.
Since I've not been shooting any picture today, even though there was nobody around my studio as usual for a Sunday night, I finally turned the camera against me and took some silly pictures of myself and my Teddy rabbit... just for fun, since this pictures don't deserve more than a second rate microstock agency
But.... look at those dark rings round my eyes! I definitely need some peaceful sleep
Ando Gilardi è il pioniere degli studi italiani sulla fotografia e il fondatore della Fototeca storica nazionale. Ha lavorato a lungo come giornalista e fotoreporter. È stato per alcuni anni direttore tecnico di “Popular Photography Italiana” e tra i fondatori e condirettori di “Photo 13”. È autore di numerosi saggi e articoli. Per la Bruno Mondadori ha pubblicato: Storia sociale della fotografia (2000), Storia della fotografia pornografica (2002), WanTed! Storia, tecnica ed estetica della fotografia criminale, segnaletica e giudiziaria (2003) e Meglio ladro che fotografo. Tutto quello che dovreste sapere sulla fotografia ma preferirete non aver mai saputo (2007).
"MEGLIO LADRO CHE FOTOGRAFO - Tutto quello che dovreste sapere sulla fotografia ma preferirete non aver mai saputo" In questo agile libretto, un grande protagonista del panorama della fotografia italiana concentra la sua straordinaria esperienza maturata in più di mezzo secolo vissuto tra le immagini. La sua attività di fotografo nel campo del sociale, lo sviluppo di un’impostazione anarchica della teoria fotografica, l’indagine dei cambiamenti della società attraverso un’osservazione partecipata: sono soltanto alcuni degli ingredienti che compongono la vita avventurosa di Ando Gilardi e che, qui, si trasformano in riflessioni indispensabili per tutti i giovani che aspirano a diventare fotografi. La fotografia è un’arte difficile, spesso praticata in modo amatoriale come distrazione dai pensieri quotidiani. E proprio a chi fotografa per diletto può risultare preziosa l’esperienza di Gilardi che, pur nella consapevolezza di trovarsi di fronte a un mezzo in continua evoluzione, conosce a fondo i meccanismi e i segreti di uno dei modi più meravigliosi che abbiamo per soddisfare il nostro “bisogno visivo”.
Per alcuni giorni hanno girato e fatto discutere i blog di mezzo mondo, ma sono un falso le tre fotografie mal ritoccate che sembravano suggerire un avvenuto ritorno di Oliviero Toscani e delle sue demagogiche campagne pseudosociali nelle pubblicità dei maglioni della Benetton. Direttamente sul blog 10ads.com la sintetica smentita dell'ufficio stampa di Benetton: "Ciao a tutti, questa NON è una campagna Benetton...". Attenzione a queli egotisti dei bloggers
McCann Erickson has done an excellent job in the world Benetton brand. Now Benetton is trying to initiate some actions regarding the home violence against women.
The brand is brave enough to try with a negative view their same slogan - UniTed Colors of Benetton (combined color Benetton), and make it a more cruel Colors of Domestic Violence (the color of domestic violence). Agency: McCann Erickson
UpdaTed:Federico Sartor May 30th, 2007 at 2:18 pm
Dear All, this is NOT a UniTed Colors of Benetton advertising campaign. Please don’t be deceived, see the official Benetton Group website www.benettongroup.com
Best regards, Federico Sartor
Direttore Stampa e Comunicazione Istituzionale Benetton Group Tel. 39 0422 519036 Fax 39 0422 519930
I have not received any denial email from anyone at Benetton Group. Therefore ads will remain on this blog until the denial email from the company.
Dates and numbers count. Ever seen "La parola amore esiste" by Italian director Mimmo Colapresti? No?
Well, my life has gone through various traumatic changes, like any life. We could better name them "turning points". The last two are bound to the date of today: July 23rd
(1) 07 - 23 - 2005 ... I'll write about it someday, but not today since I got something else more urgent at the moment
(2) 07 - 23 - 2006 Yesterday I was diagnosed a bad pneumonia (Bronchiolitis obliterans organizing pneumonia - BOOP): it is good it is absolutely curable, but it is bad since potentially fatal and, in my case, originaTed by a very common "Commonly acquired pneumona - CAP" that has not been identified and cured for several months, too many months acutally, till the inevitable final breakdown.
The good news is that I can be cured with a 99% probability to practically fully recover. Well, well well, the even greater news is that today I am quitting smoking, after 20 years of insane numbers of cigarettes a day...
Il bello dei portali video è che, sull'onda della loro novità, in barba a tutte le leggi che tutelano il diritto di copia e di sfruttamento delle produzioni multimediali, molti appassionati digitalizzano e ripubblicano materiale d'annata altrimenti perduto. Un esempio è il documentario di John Szarkowski su Garry Winogrand, autore della fondamentale raccolta di street photographyThe Man in the Crowd: The Uneasy Streets of Garry Winogrand, che rappresenta la summa della sua produzione, pubblicata postuma nel 1998.
Questo è il video notato su 2point8:
Sempre su 2point8 è anche presentata la trascrizione delle interviste, dalle quali cito alcuni passaggi significativi della valenza estetica del lavoro di Winogrand, e del suo "pensiero artistico" dal valore concettualmente davvero molto relativo.
I am surprised that my prints sell. They’re not pretty, they’re not those kind of pictures that people easily put on their walls, they’re not that window onto a nice landscape or something. They aren’t.
I don’t have pictures in my head, you know. Look, I am stuck with my own psychology. With my own, uh, with me. So I’m sure that there’s some kind of thread, whatever, but I don’t have pictures in my head.
Ashes and Snow, ceneri e neve, sono i poetici componenti del più maestoso progetto artistico che la fotografia contemporanea ricordi. Gregory Colbert, nato in Canada 47 anni fa, ma davvero cittadino del mondo, è autore di un progetto che indaga la sensibilità poetica degli animali nel loro habitat naturale nell'interazione con gli esseri umani. Non più visti unicamente come appartenenti al genere umano, gli uomini di Colbert sono animali in armonia con la natura e col mondo animale. Ashes and Snow è un grandioso progetto in progress, realizzato nel corso di più di un decennio grazie anche al generoso contributo di una multinazione svizzera che utilizza il lavoro di Colbert come strumento di marketing alternativo. Nel museo itinerante, appositamente allestito per essere trasferibile in diversi angoli del mondo (Nomadic Museum), vengono esposte grandiose realizzazioni fotografiche stampate in enorme formato, tre filmati girati in 35mm, alcune installazioni ed infine un romanzo. Con intima pazienza e forte dedizione alla natura espressiva e artistica degli animali, Gregory Colbert è riuscito a carpire, ed a trasmettere, una straordinaria ed inesplorata interazione fra gli esseri viventi.
In una delle rarissime sue apparizioni pubbliche, Gregory Colbert ha presentato alla Ted conference2006 un sensazione filmato tratto proprio da Ashes and Snow. Nella presentazione, Colbert annuncia anche la sua nuova utopica iniziativa Animal Copyright Foundation, che si prefigge di raccogliere royalties dalle compagnie che sfruttano le immagini della natura nelle loro campagne pubblicitarie... immagino però che sarà dura costringere il mondo del business a pagare, seppur poco, quando ciò non è previsto per legge. Questo filmato è assolutamente da non perdere.
(Registrato nel Febbraio 2006 a Monterey, California. Duration: 18:42)
Il mio unico rammarico, ivece, è proprio essermi perso, ormai alcuni anni or sono, la tappa veneziana di Ashes and Snow allestita in un Arsenale trasformato per l'occasione in un Nomadic Museum molto speciale.
E' stato distribuito e presentato a vari festival nel 2001 "War Photographer" di Christian Frei, che ha seguito James Nachtwey, il più famoso fotografo di guerre al mondo, per un paio di anni. Particolare l'utilizzo per la prima volta proprio in questo reportage di una telecamera montata sulla fotocamera di Nachtwey per simulare la stretta visione possibile al fotografo inquadrando le concitate scene di guerra. Anche questo fattore, oltre che alle qualità del lavoro del fotografo in questione, e alla pericolosità dei momenti delle riprese durante la guerriglia palestinese, ha contribuito a rendere famoso questo documentario che per altri versi appare un po' demagogico e filmograficamente perfettibile. Ecco un frammento di 4 minuti disponibile on-line:
In questo frammento Nachtwey filosofeggia impersonando le vesti un po' messianiche di chi il fotogiornalista lo fa per salvare il mondo:
"Why photograph war? Is it possible to put an end to human behavior which has exisTed throughout history by means of photography? The proportions of that notion seem ridiculously out of balance yet that very idea has motivaTed me." - James Nachtwey
Voi ragni pelosi Voi tassi barbassi lumache bavose e gechi orbettini restate lontani dai nostri bambini. Voi bestie notturne amanti del buio Voi che non dormite se non al mattino vegliate sul sonno di questo bambino.
L'originale filastrocca shakespeariana suona invece più o meno così:
You spotTed snakes with double tounge, Thorny hedgehogs, be not seen; Newts and blind-worms, do no wrong, Come not near our fairy queen.
Philomel, with melody, Singy in our sweet melody, Lulla, lulla, lullaby; lulla, lulla, lullaby; Never harm, nor spell, nor charm, Come our lovely lady nigh; So goodnight, with lullaby.
Weaving spiders, come not here; Hence you long-legg'd spinners, hence! Beetles black, approach not near; Worm nor snail, do no offence. II ii 9-23
Rischiando il linciaccio della SIAE, pubblico qui un piccolo estratto, campionato a bassa qualità in monofonia, dal CD che contiene la colonna sonora del bel film di Salvatores. Autore di queste musiche è il grande contrabassista Ezio Bosso, che con questi temi raggiunge i vari Morricone, Nyman, Newman e Astatke nell'olimpo dei grandi compositori di musiche adatte anche per film. Un gran bel CD, questo, che si trova anche on-line, ad esempio su Nannucci.it.
Martin Parr è uno dei migliori shooter istintivi al mondo: oltre che membro di Magnum Photos, è anche autore, fra le altre cose, di "Boring Postcards" e "Bliss: Postcards of Couples and Families". Nel suo intervento spiega come le comuni fotoricordo di famiglia rappresentino una qualche forma di propaganda, poi espone qualche sua opinione tecnica, e quali sono i suoi piani futuri. Infine pronostica la dismissione di Corbis e Getty a favore di flickr, e presenta quello che potrebbe essere il miglior business model per avere successo con la fotografia. Ma, soprattutto, ci ricorda di come sia terribile, piena di clichée sostanzialmente noiosa gran parte della fotografia amatoriale.
Una delle parti più sconcertanti è proprio quando Parr parla di un lavoro che il suo collega in Magnum PhotosBruce Davidson avrebbe perso in favore di Rebekka Guðleifsdóttir. Forse si riferisce a questo.
“All the boundaries are collapsing. One of the things that’s interesting about flickr, is that it’s probably emerged as the most intelligent photo-sharing site - it’s become the brand leader. And what will happen with flickr is that within five years it will start licensing pictures. In other words, they’ll be part of the Getty Corbis machinery…the agencies are concerned about this. It’s something we discuss at Magnum…”
“…within five years flickr will emerge as one of the major sources for licensing imagery…”
“…the other point about flickr, is I can’t tell you how bad the most of the pictures are. I mean, we see this in the site up there (at Musee de L’Elysee) the noise of this contemporary photography is relentless and ultimately, nullifyingly boring.”
“…we have this amazing interest, resurgence in photography, a renaissance, but boy do we have to wade through a lot of rubbish in order to get to anything half-decent.”
“…the best business model is to have fantastic pictures, that have a unique vision and say something different. And you get away from the turgid quantities of cliches and propaganda which we see not only surrounding our lives, but we also see in the exhibition here.”
“…I’m totally in favor of flickr. I haven’t spent enough time trawling through flickr to find the new stars who may be emerging on flickr itself…”
“… but the last thing I’m going to do - is looking at flickr for my stars of the future.”
“I come back to this individual voice in homogenized times. Connecting with a subject matter, doing it with passion, resolving a set of pictures, coming out with a personal statement - there’s always going to be room for that, because we still, whatever the process, whatever the method, we still need stories that touch us as human beings.”
Ovviamente lui ad un business model basato su flickr per i suoi lavori non ci crede. E' facile parlare a ruota libera senza approfondire alcunché, vero Martin?
"Non è pornografico, non è volgare. E' creare nuove forme con i nostri corpi" Spencer Tunick
Ottenuto il Bachelor of Arts nel 1988, il newyorkese Spencer Tunick cominciò a fotografare nudi nelle vie di New York nel 1992, ed è molto conosciuto proprio per le sue fotografie che ritraggono folti gruppi di persone nude in contesti urbani o paesaggistici insoliti, non solo negli Stati Uniti, ma anche in tutto il mondo. Le sue non sono semplici fotografie in posa, ma complesse installazioni con le quale Tunick, loro regista, vuole celebrare la bellezza artistica della pura nudità, al di là della taglia o del colore della pelle, quando ci si è spogliati di abiti e di pudore, e magari ci si è sdraiati sull’asfalto della nostra città.
"Generalmente lavoro alle prime ore dell'alba perché le persone sono più distese, meno violente, e poi non amo la luce piena del giorno, preferisco colori come il blu inchiostro o il grigio. Per le mie foto non capita mai che selezioni le persone in base a criteri di bellezza fisica, ritraggo solo chi me lo chiede espressamente" E così l’artista invade gli spazi metropolitani e naturali componendo strade, architetture e paesaggi di nudo umano. Nelle sue foto centinaia di corpi nudi, si costituiscono come parte del paesaggio. I nudi di Spencer Tunick non hanno niente a che fare con le rivendicazioni di ideali comunitari d'amore libero su modello Woodstockiano: la sua finalità è quella di restituire al corpo umano, nella sua imperfezione, la sua inalienabile dignità.
Le immagini scattate da Spencer Tunick raccontano di centinaia di centinaia di corpi che denudati perdono le loro differenze. Simmetrico, patinato, perfetto, è questo il corpo che la gran parte dei media c'impongono. Su questo stereotipo culturale riflette il lavoro di Tunick, immagini dove i corpi perdono, le loro caratteristiche corporali per acquisire quelle di forme astratte in un paesaggio metropolitano. Ma c’è anche qualcosa di più. Le sue foto descrivono paesaggi epici, antichissimi o forse di un futuro in cui sarà accaduto qualcosa di bellissimo o di terribile, ma comunque irreparabile. Da cui non si torna indietro.
Nel suo sito Tunick raccoglie le immagini archiviandole come "temporary site-relaTed installations" e non si dilunga sulla "filosofia" che guida le sue composizioni: in poche righe riassume il suo punto di vista mentre, al contrario, racconta più dettagliatamente la battaglia legale affrontata per far valere il proprio diritto di esprimersi in base al primo emendamento della costituzione americana. Dopo anni di attività ha proseliti in tutto il mondo, ma ancora nessuno è riuscito a oscurare la sua fama e il formidabile attivismo. In cambio, il suoi modellli non chiedono assolutamente nulla: sono "volontari" chiamati attraverso la rete o con un passaparola in grado di solcare gli oceani pronti a posare in quel determinato luogo e a quell'ora, naturalmente senza nemmeno un braccialetto. Diventare "tunickomani" è facilissimo: è sufficiente indicare i propri dati nel form "sign to pose" ("firma per posare") e indicare la tonalità di colore della propria pelle. Quindi inviare. Spencer non richiede la "bella presenza", ma l'adesione al suo progetto che oggi si chiama "Naked World".
Esilarante, ironica, audace o impudente e triviale? Una nuova frontiera dell’arte figurativa o un’offesa al pubblico decoro? Oppure semplicemente un'altra storia di ordinaria follia? Non solo ai posteri l’ardua sentenza, se consideriamo che Spencer Tunick alla fine è uscito vincitore da tutte le battaglie legali e che le sue fotografie si sono guadagnate un posto in prima fila nei musei d’arte contemporanea. Nudi e crudi, come mamma ci ha fatto. Di tutte le taglie, di ogni colore. E' così che ci vuole Spencer Tunick, spogliati di abiti e di pudore magari sdraiati sull’asfalto delle nostre città. Ma il fine è nobile e sublime: la celebrazione della "bellezza artistica della pura nudità”. Una proposta troppo indecente? Dipende. Certamente sì per Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York, che fece arrestare Tunick nel 1999 per aver fatto distendere 50 corpi nudi a Times Square. Assolutamente no per il governo del Canada che lo ha invitato come ospite d’onore, o in Russia dove lo stesso direttore di un grande museo ha posato senza veli, o in Australia e Spagna con le adesioni trionfali di 4500 e 7000 volontari con i glutei gioiosamente al vento. E' dal 1994 che Tunick realizza scene di nudo di massa e ritratti. E’ stato in tutti e sette i continenti, reclutando migliaia di volontari in oltre 50 città del mondo, da Montreal a San Pietroburgo, da Santiago del Cile a Parigi, da Barcellona a Basilea, da Buenos Aires a Londra, da New York a Roma. Definisce le sue opere artistiche “installazioni di nudo su larga scala”, una forma surreale di collage umano dove i tasselli sono i corpi spogliati e utilizzati come elementi di nuove forme. E così l’artista invade gli spazi metropolitani e naturali componendo strade, architetture e paesaggi di nudo umano. A Roma in Piazza Navona, a New York in Times Square e Central Park, in Nevada nel deserto. E ogni volta puntualmente fornisce materiale di disquisizione non solo a studiosi d’arte ma anche a psicologi sociali e ad ospiti di talk show. Vi è per caso venuta la voglia di partecipare al prossimo happening di nudo su larga scala? Potrebbe essere il vostro momento di gloria. Il modulo d’iscrizione è on line.
Proprio in questo week-end Spencer Tunick sta realizzando un'altra delle sue installazioni a Città del Messico. Sarà un altro record di presenze?
UPDATE 6 maggio 2007: Leggo su Repubblica.it che nella piazza principale di Città del Messico l'ultima installazione di Spencer Tunick ha superato il record precedente stabilito a Barcellona. Ecco alcune foto dell'evento che ha raccolto circa ventimila persone, così come sono state rimbalzate dalle agenzie di stampa:
Davvero splendide le luci, le inquadrature e le sfocature della Taranto e dei personaggi di questa tenera storia di provincia nelle riprese del bravo Paolo Carnera sotto la direzione di Edoardo Winspeare.
...quello del regista nato a Klagenfurt, ma che da sempre vive nel Salento, era sicuramente uno dei film più attesi. Winspeare conferma le sue doti di regista di talento e di profondo conoscitore della terra in cui vive e dalla quale trae ispirazioni e sentimento. Sensazioni tradotte con capacità nelle aeree visioni di insieme dei paesaggi e dei personaggi che si fondono in attraenti panorami. Sensazioni espresse nel gusto del dettaglio o nelle morbide carrellate che aprono scenari e si allargano fino a scoppiare in grandangoli chiarissimi e luminosissimi, così atipici nel cinema di casa nostra. Il tutto per riprendere una tipica città del nostro Meridione. Una città tanto sensuale nel suo cuore pulsante quanto brutale ai suoi confini epidermici, periferie di metano ed acciaio dove fumeggiano ostili le ciminiere. Stiamo parlando di Taranto, dove Winspeare ambienta la sua storia. Una storia, in verità, piccola piccola, che racconta di un miracolo che solo in alcuni luoghi del mondo può accadere.
Bambini sempre piu' saggi e adulti sempre piu' fragili in una Taranto insolita, valorizzata dalla suggestiva fotografia di Paolo Carnera. Edoardo Winspeare, anglo-Tedesco di origini ma salentino di adozione, racconta, al ritmo di una pizzica contaminata da sonorita' orientali, l'incontro di due solitudini: Tonio, un bambino che dopo un incidente sente di avere acquisito il dono di guarire chi sta male e Cinzia, la problematica ragazza che lo ha investito con l'automobile. Il regista adotta uno stile asciutto, non si perde in fronzoli, evita facili leziosita' e costruisce personaggi in cui e' facile credere. Ad alcuni momenti riusciti (il rapporto tra il giovane protagonista e il suo buffo compagno di scuola, la caratterizzazione dei genitori) se ne alternano altri meno efficaci (il determinante primo incontro tra Tonio e Cinzia, che finisce per suonare un po' falso, la critica scontata alla televisione spazzatura) e dopo una prima parte compatta e coinvolgente il film sembra incartarsi, fino a un finale che non convince.
Non saprei come presentare questo concorso di street photography chiamato “HYPE“, che ha la giuria diretta nientepopodimeno che dal presidente della Magnum Photos Stuart Franklin. Sembra l'ennesimo modo furbo per la HP di raccogliere adepti qualificati, promettendo l'opportunità di esibire i loro lavori al rinomato foto festival Recontres d’Arles nel luglio 2007 ben stampati dalle loro ink-jet. Cosa presentare? Ecco i pleonastici loro consigli:
A spray-painTed fence, a wall flaky with peeling stucco, a paper bag in the wind, a broken sign: strange, moving, disturbing, witty, banal, or anywhere in between.
Esistono altri significativi archivi on-line di street photography, ad esempio il sito in-public. Anche in questo caso però, la quantità supera di gran lunga la qualità. Sarà questo l'inevitabile trend al ribasso dell'user-generaTed contet?
Attenzione: la navigazione del sito Hype è sperimentale: intrigante, ma complessa.
Articolo/comunicato stampa sul concorso si trovano QUI.
[Letto ancora una volta sull'ottimo blog di street photography 2point8]
Newspapers yesterday reporTed that in the UK the Advertising Standards Authority (ASA) said it had received dozens of complaints from people who objecTed to seeing the banner ads from the latest campaign by Domenico Dolce e Stefano Gabbana, since they are considered too violent for a general public: http://www.kataweb.it/multimedia/media/522278
Images from the 2006/2007 campaign are visible navigating through here: http://ita.dolcegabbana.it/dolcegabbana.asp (click slideshow). They are really boring modern reinterpretations of uninspiring classics from the 19th century, depicting murders and suicides. I don't actually know if those pictures were taken by the great photographer Steven Meisel based on directions from Domenico Dolce himself as the gay-friendly underwear campaign last year, but the overall concept of the 2007 campaign is far from being original, even though it has been perfectly and proficiently execuTed.
It is an undoubTed fact that those dull artworks are hung at least all over Europe, but a public moaning of supposed violence incitation is reporTed only in the UK so far. Yes, those pictures possess their own visual coherence and an impact which fit them well inside their own series, but we are definitively not in face of such a memorable piece of creativity, if not because of that same censure attitude from Great Britain.
All this reminds me of a leading creative and second-rate photographer whose name is Oliviero Toscani. Less than ten years ago he staTed his own decline by challenging the American way of thinking. Through his usual dull photographic style, he managed to obtain the final brave combination of social matters and pullovers by portraiting the human expressions of death sentenced men waiting their day in the death row (http://www.repubblica.it/online/societa/toscani/toscani/toscani.html). That campaign raised so many protests that some federal states sued Luciano Benetton in person, and even sensitive (or desperate?) housewives fell in love of the portraiTed jail-birds... Then, it was not censure but Luciano himself who immediately withdrew the ads, he surely hardly hit himself in his guts, and he finally understood that in order to continue to seriously affect the Italian economy he should have diversified his businesses. Thus he ended with buying Societ� Autostrade (the national motorway company)� now on sale.
I do sincerely hope that our dear D&G will have a brighter future, so they won't reinvent their business ruining, let's say, Trenitalia o Alitalia which is actually on sale now as well�
Era il 1936, e la fotografa amercana Dorothea Lange stava lavorando per uno dei progetti voluti dall'amministrazione di Franklin Delano Roosvelt al fine di verificare e documentare lo stato dell'economia rurale di un paese duramente provato dalla crisi economica seguito al crollo del 29.
In questo contesto la Lange scattò la sua fotografia più famosa e più sopravvalutata. D'altra parte, con questi progetti si stava segnando la nascita del fotoreportage, o fotografia documentaristica che dir si voglia... eravamo giustappunto nel 1936, e finalmente erano disponibili apparecchi trasportabili: era la prima volta che la macchina fotografica era vista come strumento di documentazione di importante valore sociale e politico, esattamente come affermato oltre 70 anni più tardi da James Natchwey nel suo discorso di accettazione del Ted Prize 2007. Quello che forse passerà alla storia come l'orazione funebre della documentary photography.
Sono quasi certo che l'avete vista prima... si intitola Migrant Mother ed è una delle più famose fotografie americane. Quando scattò questa foto, Dorothea Lange si dimenticò di annotare il nome della donna (o altri dettagli utili al suo progetto di documentazione) così la sua identità rimase anonima anche se la foto si apprestava a diventare un simbolo della Grande Depressione.
"I wish she hadn't taken my picture. I can't get a penny out of it. [Lange] didn't ask my name. She said she wouldn't sell the pictures. She said she'd send me a copy. She never did."
Oltre a non aver registrato il nome della donna, la Lange ha anche sbagliato un'altra cosa: la Thompson e la sua famiglia non erano affatto i tipici migranti della Grande Depressione, ma erano stanziali in California da più di 10 anni. Come tutte le fotografie, Migrant Mother non è nè realtà nè finzione, piuttosto qualcosa di intermedio...
Dal 16 marzo è on air il nuovo spot Chanel per la promozione di un rossetto.
La regista Bettina Rheims ha voluto omaggiare lo stupendo film di Jean-Luc Godard “Il disprezzo” (1963), che aveva come protagonista Brigitte Bardot, oggi re-interpretata dalla modella svizzera Julie Ordon.
La scena “ricalcata” è quella d’apertura del film dove BB chiede, piccolina piccolina, al suo uomo (Michel Piccoli) se ama la sua bocca, le sue gambe...
E a seguire ecco proprio la scena di apertura originale da Le Mépris di Godard (audio in Tedesco), dove la splendida fotografia di Raoul Coutard è molto più intima e toccante rispetto alla ruffiana sparata di "fanaloni" utilizzata per lo spot in stile molto fashion realizzato per Chanel:
Il direttore artistico di Chanel, Jacques Helleu, ha scelto proprio la Rheims perchè una delle più apprezzate fotografe di ritratto femminile, nonchè regista: sarà anche, come richiesto, riuscita a cogliere la femminilità e la sensualità senza alcuna volgarità, però lo ha fatto semplicemente citando senza pathos quella splendida scena del "disprezzo" di Jean-Luc Godard. Anche la musica è la stessa del film, composta da Georges Delerue.
Peccato, di Bettina Rheims avevo parlato soltanto bene sin'ora...
AGGIORNAMENTO: Chanel aveva già realizzato uno spot, questa volta filmograficamente stupefacente, citando un famoso film anche nella scorsa stagione. Allora era toccato a Nicole Kidman interpretare se stessa nella versione brandizzata da 30 secondi del Moulin Rouge! di Baz Luhrmann del 2001.
La misurabilità è paradossalmente il male di Internet
, allo stadio attuale. A questi numeri impressionanti non è possibile purtroppo contrapporre quanti lettori/telespettatori leggono/guardano riviste e televisioni a luci rosse in un dato momento o nell'arco di un mese, come è invece possibile con Internet.
Se fosse possibile fare queste misurazioni, chi ci dice che Internet si rivelerebbe invece un medium né più, né meno uguale agli altri, se non meno invaso dal porno? Tutto sommato ad Internet accede una popolazione decisamente inferiore a quella che può guardare tv o andare in edicola, no?
Ornette Coleman, indiscutibilmente il maggior innovatore del free jazz nell'america degli anni 60, ha vinto il Premio Pulitzer per la Musica con la sue registrazione Sound Grammar, un documento del concerto registrato live in Germania nel 2005. La musica di Coleman non era fra le 140 nomination musicali, ma i giurati del Pulitzer hanno esercitato il loro diritto di dare uno strappo alle regole tradizionali, acquistare il CD, e nominare il 77enne maestro del jazz per il premio. Questa è la prima volta che una registrazione e non una composizione vince il premio Pulitzer per la musica, e per di più musica puramente improvvisata.
This is a portrait of composer and muscian Ornette Colemen who just won the Pulitzer Prize for composition. Here is the mention from The New York Times (16 April 07): "Mr. Coleman, the 77-year-old jazz saxophonist and composer, won for 'Sound Grammar,' a live album by his most recent quartet, recorded in 2005. Elastic and bracing, with two acoustic basses and much collective improvisation, the music harks back to the 1960s records that made him famous. 'I’m tearing and I’m surprised and happy — and I’m glad I’m an American,' he said. 'And I’m glad to be a human being who’s a part of making American qualities more eternal.'" More from The Times and npr.
This new album is really terrific - a live recording from 2005. But Coleman has been making wild, frenetic, and soulful music since the late 1950s and is is truly wonderful to see him, a true innovator, recognized for his contributions. You can find a nice essay on Coleman (a bit daTed but still worth reading) by the great jazz critic Francis Davis reprinTedhere.
UPDATE 27 Aprile 2007: anche se non credo in questi premi "ad honorem", la grammatica dei suoni di Ornette Coleman è un disco davvero bellissimo! Ecco un estratto dalla recensione di Emiliano Neri letta su allaboutjazz.it:
Sound Grammar è un disco per cui ci si può sprecare in complimenti, per cui ci si può rilassare e rallegrare.
E questo perché la nuova registrazione riprende il filo tutt’altro che infeltrito della poetica ornettiana, là dove si era smesso di tesserlo; perché la nuova formazione, rodata da un numero ormai cospicuo di esibizioni live, funziona alla perfezione, in particolar modo nell’occasione di questo concerto in Germania dello scorso anno; perché alcune delle nuove composizioni hanno un carattere talmente deciso da proporsi come nuovi classici e temi di studio; e, soprattutto, perché Ornette Coleman torna a far sentire la propria voce immutata per carisma e bellezza, e le proprie idee fedelmente trasfigurate se non in qualcosa di nuovo, in qualcosa che vale sicuramente la pena di definire ‘evento’.
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