All'inizio degli anni sessanta l'industria italiana era alla massima espressione per tecnologia e Design, solo che non lo sapeva ancora: troppo vicini erano i ricordi di una terribile guerra, di un regime totalitario e limitativo, e della conseguente miseria materiale e morale che aveva afflitto la penisola nei decenni precedenti. Forse l'Italia non sarebbe stata mai più così vicina ad americani/giapponesi/tedeschi per tecnologie di base e Design. Per quanto riguarda le tecnologie, basta ricordare l'innovativo "super" calcolatore Elea 9003 del 1959, mentre, sempre dalla storia dell'azienda di Adriano Olivetti, per il Design basti ricordare una piccola storia fatta per apparecchi di scrittura:
D-Copia 55, sistema digitale multifunzione -2002
Explor@, e-cash - 2002
Copy Lab 200, sistema multifunzione a base copy , flat bed - Design: Michele De Lucchi, 2001
Gioconda, calcolatrice da tavolo - Design: Michele De Lucchi, 2001
Nomad Jet, stampante mobile a getto d'inchiostro - 2001
Jet Lab 600@, sistema multifunzione a colori a base fax - 2000
Art Jet 10, stampante a getto d'inchiostro - Design: Michele De Lucchi, 1999. Vince il premio di Design Compasso d'oro
Divisumma 18, calcolatrice elettronica da tavolo - Design: Mario Bellini, 1973
Logos 68, calcolatrice elettronica da tavolo - Design: Mario Bellini, 1973
Logos 68, calcolatrice elettronica da tavolo - Design: Mario Bellini, 1973
Valentine, macchina per scrivere portatile - Design: Ettore Sottsass, 1969. Esposta nella collezione permanente di Design al Museum of Modern Art di New York
Valentine, macchina per scrivere portatile - Design: Ettore Sottsass, 1969. Esposta nella collezione permanente di Design al Museum of Modern Art di New York
Programma 101, calcolatore elettronico da tavolo su progetto di Piergiorgio Perotto - Design: Mario Bellini, 1965
Elea 9003, calcolatore elettronico, sviluppato nel Laboratorio di Ricerca di Borgolombardo guidato da Mario Tchou - Design: Ettore Sottsass, 1959. Particolare della consolle
Elea 9003, calcolatore elettronico, sviluppato nel Laboratorio di Ricerca di Borgolombardo guidato da Mario Tchou - Design: Ettore Sottsass, 1959
Divisumma 24, calcolatrice meccanica da tavolo - Design: Marcello Nizzoli, 1956. Vista laterale del meccanismo interno
Lettera 22, macchina per scrivere - Design: Marcello Nizzoli, 1950. Esposta nella collezione permanente di Design al Museum of Modern Art di New York
Lettera 22, macchina per scrivere - Design: Marcello Nizzoli, 1950. Esposta nella collezione permanente di Design al Museum of Modern Art di New York. Bozzetto del progetto
Summa 15, calcolatrice da tavolo meccanica, Design: Marcello Nizzoli, 1949
Summa 15, calcolatrice da tavolo meccanica, Design: Marcello Nizzoli, 1949. Dettaglio della tastiera
Divisumma 14, prima macchina calcolatrice meccanica al mondo ad eseguire le quattro operazioni - Design: Marcello Nizzoli, 1948
Lexikon 80, macchina per scrivere - Design: Marcello Nizzoli, 1948. Esposta nella collezione permanente di Design al Museum of Modern Art di New York.
Lexikon 80, macchina per scrivere - Design: Marcello Nizzoli, 1948. Esposta nella collezione permanente di Design al Museum of Modern Art di New York. Vista laterale del meccanismo interno
Lexikon 80, macchina per scrivere - Design: Marcello Nizzoli, 1948. Esposta nella collezione permanente di Design al Museum of Modern Art di New York. Bozzetto del progetto
MP1, prima macchina per scrivere portatile prodotta dalla Olivetti tra il 1932 e il 1935, disegnata da Aldo Magnielli
MP1, prima macchina per scrivere portatile prodotta dalla Olivetti tra il 1932 e il 1935, disegnata da Aldo Magnielli
MP1, prima macchina per scrivere portatile prodotta dalla Olivetti tra il 1932 e il 1935, disegnata da Aldo Magnielli
M1, prima macchina per scrivere prodotta dalla Olivetti nel 1911, disegnata da Camillo Olivetti
M1, prima macchina per scrivere prodotta dalla Olivetti nel 1911, disegnata da Camillo Olivetti
M1, prima macchina per scrivere prodotta dalla Olivetti nel 1911, disegnata da Camillo Olivetti
"Il talento è un malessere allo stato liquido, e nella maggior parte delle persone questo malessere non riesce a filtrare in quella parte di cervello che permette di trasformarlo in qualcosa d'altro. Ma in ogni caso il talento è sempre un malessere allo stato liquido e la frustrazione sta nell'incapacità di esprimere qualcosa che comunque c'è..." Sydney Pollack
"Nel produrre contenuti commerciali, nell'architettura così come nel cinema, è importante riuscire ad individuare quella piccola porzione di spazio in cui è il tuo apporto, la tua creatività, che fa la differenza." Frank Gehry
"Everything has already been done before, in one way or another. The only thing that changes is technology." Frank Gehry
"Quello che non sopporto sono le regole che la mia professione si è data: questo si può fare, questo non si può fare." Frank Gehry
"L'innovazione viene avvertita come una minaccia, ma una volta che hai saltato il fosso... you can't stop." Frank Gehry
“I prefer the sketch quality, the tentativeness, the messiness,
the appearance of in-progress rather than the assumption
of total resolution and finality..” Frank Gehry
The latest movies seen at our movie-forum were 2 comedies: "The big Lebowsky" by the Coens and "Ecce bombo" by the cult Italian author Nanni Moretti.
The problem is that everyone has a little Big Lebowski in them. ...but I've fortunately found a quiz by another blogger who is Designed to reveal your inner Lebowski... click here
Finalmente il Word Wide Web si sta davvero affermando, sia come qualità dei servizi disponibili, che come disponibilità delle necessarie tecnologie sottostanti (onestamente non saprei dire quale aspetto sia conseguenza dell'altro, ovvero se viene prima l'uovo o la gallina ). Così i guru d'oltre oceano hanno inventato un nuovo ed evocativo nome, un nome da promettente versione aggiornata, per etichettare qualsiasi servizio che banalmente sia utile, facile, bello, conveniente, ricco, stimolante, ... insomma che non sia come i troppi pessimi prodotti/servizi web realizzati nei pionieristici anni del boom speculativo della New Economy.
Una spiegazione più evocativa la si può trovare nel bellissimo video "The Machine is Us/ing Us":
Oppure altro nella miriade di materiali rimbalzati ancora una volta prima nella blogsfera, e solo poi sulle news dei canali mediatici ufficiali (esempio: Ti spiego il web2.0 di webfruits).
In fondo, quindi, Web2.0 non è un prodotto/servizio reale, ma una semplice buzzword : mentre fino allo scorso anno la parola chiave del marketing tecnologico era "lean" (magro), in onore del lean thinking derivato dal caso di successo della Toyota, ora, in onore del Web, tutto quanto è diventato "2.0": "Image2.0", "Design2.0", "Vision2.0", "ProjectManagement2.0", "BusinessIntelligence2.0"... insomma: evviva il buon vecchio marketing, che è riuscito a ridare fiducia e credibilità allo stesso mondo dell'ICT che era drammaticamente imploso poco più di un lustro fa, semplicemente sostituendo una parola (lean) che ricorda la crisi economica ed un modo tutto nipponico di uscirne, con un'etichetta (2.0) che invece è tutta una promessa.
Nel suo discorso, parla degli ultimi 25 anni di guerre coperte come reporter, e sottolinea due filoni paralleli nei suoi lavori. Il primo che la violenza, la carestia, la malattie, tutti i "fronti" delle guerre contemporanee sono esattamente dove la gente vive. E il secondo che, quando una fotografia attira l'attenzione del mondo, può davvero guidare all'azione per il cambiamento. Mettendosi in mezzo al conflitto, la ruffiana intuizione di Nachtwey è quella di raccontare la verità, di documentare le lotte dell'umanità, e così facendo svegliare gli animi e spingerli all'azione.
L'utopia di questo premio risiede nel fatto che TED garantisce ad ogni vincitore 100,000 dollari e il supporto di multinazionali, che così si fanno pubblicità e scaricano utili in eccesso, per aiutarli in progetti che si propongono di cambiare il mondo, in un modo o nell'altro.
Il desiderio di Nachtwey è "lavorare sulle storie che il mondo deve conoscere, e influenzarle provando la potenza del fotogiornalismo nell'era digitale".
Di seguito ecco il suo a tratti terrificante discorso (in inglese) accompagnato dalle note e sensazionali immagini di invincibile sofferenza... vale la pena seguire questi 20 minuti di presentazione malgrado le non sue ottimali doti oratorie.
“Pensa con i sensi - Senti con la mente. L'arte al presente” è il pay-off dell'edizione 2007 della più importante mostra di mostre d'arte contemporanea d'Europa, o, in inglese, “Think with senses – Feel with mind” senza il “the” di troppo, come mi ha fatto notare un amico filologo.
Se anche all'Arsenale spesso scarseggiano importanti novità e forti emozioni, le selezioni dei tradizionali padiglioni nazionali dei Giardini rappresentano un vero e proprio inno alla importanza della catena produttiva più che ai contenuti: lo sforzo creativo di light Designer, installatori, curatori e esperti di comunicazione supera troppo spesso la qualità o l'innovatività delle opere, che troppe volte risultano deja-vue, o addirittura appaiano come derivative delle produzioni anni 80 o 90 in modo alquanto imbarazzante.
Molte le “cose belle” viste, ma mi hanno emozionato davvero pochi padiglioni. Non voglio citare la pregevole e osannata da critica e pubblico “Abbi cura di te” della francese Sophie Calle, perchè uno sopra tutti ha presentanto il mio personale modo di vedere con le immagini: la cinematografica video installazione “Le donne che non conosciamo” del regista catalano José Luis Guerin, all'interno della reinterpretazione del “Paradiso Spezzato” di Ezra Pound voluta dalla curatoria spagnola.
Interessante anche la mercificazione dell'opera d'arte ben rappresentata dalla curatoria - manco a dirlo - americana che ha scelto le opere del già visto Felix Gonzales-Torres: gli avventori, invitati a portarsi a casa uno o più poster, diventano propagini viventi dell'installazione, e, sparsi per tutta Venezia, riconoscibili per i rotoli cartacei sotto braccio, incarnano la realizzazione del consumismo alla “take away”, che, infine, trova pace nel cestino delle pattumiere o dei nostri ingordi stomaci.
Troppo didascalica e davvero fuori tema l'opera fotografica presentata nel padiglione del Venezuela. Troppo rifinito invece il sottile concept della poetica del complesso di inferiorità nel “The Homo Species” del koreano Hyungkoo Lee.
Su quest'ennesima VERTIGO installativa non mi dilungo oltre, ma mi auguro solo che ogni tanto più ampia parte dei budget milionari che servono a produrre eventi del genere siano dedicati alla scoperta di nuovi e più inesplorati territori della comunicazione emotiva.
Avviso Questo blog non rappresenta una testata di nessun tipo, tanto meno giornalistica, in quanto viene aggiornato in modo scostante e discontinuo, come il suo autore.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale (e non potrebbe neanche fosse periodico) ai sensi della legge n.62 del 7.03.2001.
Watching Mostly French and Danish productions, all Stanley Kubrick's filmography, Wim Wenders, Woody Allen, Roman Polanski, Godard, Truffaut, Jim Jarmusch, Ken Loach, Kieslowsky...