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Le vite degli altri
All'epoca dei fatti, quando le Germanie erano due e un muro lungo 46 km attraversava le strade e il cuore dei tedeschi, il regista Florian Henckel von Donnersmarck era poco più che un bambino. Per questa ragione ha riempito il suo film dei dettagli che colpirono il fanciullo che era allora. L'incoscienza e la paura diffuse nella sua preziosa opera prima sono quelle di un'infanzia dotata di un eccellente spirito di osservazione.
La riflessione e l'interesse per il comportamento della popolazione, degli artisti e degli intellettuali nei confronti del regime comunista appartengono invece a uno sguardo adulto e documentato sulla materia. Ricordi personali e documenti raccolti rievocano sullo schermo gli ultimi anni di un sistema che finirà per implodere e abbattere il Muro. [...]

(via mymovies.it)


Davvero un ottimo film, anche se è un peccato l'eccesso di pervasività di una morale sfacciatamente da banale filmone buonista, Dove il traditore finisce sempre male, se non schiacciato da un camion.
 
di davide del 06/09/2010 in Blogging,  124753 link
DSLR
Il 2010 è l'anno in cui la Reflex Digitale diventa fenomeno consumer di massa. Ecco perchè sempre più spesso amici e conoscenti proprio quest'anno mi fanno sempre la stessa domanda: "quale reflex digitale cosigli per iniziare?". Quasi tutti provengono dall'esperienza con fotocamere digitali compatte, e pochi da fotocamere "super-zoom".
Di seguito elenco alcune reflex digitali (DSLR) sotto i 1000 Euro con ottica a corredo. Hanno tutte autofocus efficace, scatto immediato, mirino ottico con visione attraverso l'obiettivo, sensore di grandi dimensioni (formato "APS-C", poco meno delle dimensioni della pellicola formato "35mm" tradizionale) con nitidezza e sensibilità molto superiori alle fotocamere compatte, dotate di sensore di dimensioni inferiori. Lo schermo posteriore serve quasi esclusivamente a rivedere le immagini già scattate, non a inquadrarle. Forniscono tutte ottimi file codificati direttamente in formato standard JPEG, ma possono scattare anche in un formato proprietario di alta qualità (detto RAW), che rappresente l'equivalente digitale del negativo dei tempi della pellicola: è possibile "sviluppare" manualmente i file RAW mediante appositi software su PC in modo da ottenere risultati personalizzati, sempre in formato JPEG (lo standard per la visualizzazione su PC e la stampa fotografica).

Di Canon:
Canon EOS 550D:
oppure (da ottobre), la sorella maggiore con mirino migliore, AF e scatto più veloce, e più facile da usare in manuale:
Canon EOS 60D:
Di Nikon:
Nikon D3100 (appena uscita):
oppure, la sorella maggiore con mirino e schermo LCD migliori, AF e scatto più veloce, e più facile da usare in manuale:
Nikon D90 (sarà sostituita dalla D7000 da ottobre):

Alternativa Olympus:
Olympus E620:
che offre qualità analoghe alle più blasonate Nikon e Canon, in un corpo macchina più compatto e leggero (grazie al sensore formato "4 terzi", lievemente più piccolo di quello in formato "APS-C" delle altre DSLR sopra elencate).

Qualità: Pixel e Obbiettivi
Più o meno tutte hanno fra i 12 e 17 MegaPixel, ma non fa tanta differenza a questi livelli perchè da 10Mpix in su (di una Reflex) si è già superata la qualità di pellicola+scansione (i MPix di una compatta, essendo il sensore di dimensioni ridottissime, non sono confrontabili con quelli di una Reflex di grandi dimensioni come queste). Più differenza la fanno gli obiettivi, e quelli standard di dimensioni ridotte a corredo con le reflex citate sono ovviamente modelli base, ma sufficienti per iniziare a fare le cose seriamente. 
L'obiettivo standard per le reflex digitali in formato APS-C come queste è in genere uno zoom 18-55mm (da grandangolare a piccolo tele, equivalente su pellicola al classico zoom 28-80mm) con luminosità limitata (f/3.5-5.6). A volte vengono proposti un abbinamento con uno zoom più spinto verso il tele (es. 18-135mm), oppure abbinamento con coppia di ottiche 18-55 e un teleobiettivo vero e proprio (es. 55-200m f/4.5-5,6): l'accoppiata di 2 zoom ha qualità e prestazioni superiori al singolo zoom più spinto, ma ha l'inconveniente di richiedere il cambio obiettivi.
L'obiettivo che utilizzo per il 90% degli scatti ha una focale di 17-55mm analoga a quelli degli zoom compatti di serie con le reflex di cui sopra, ma ha una luminosità doppia o tripla (f/2.8), ed è per questo che è così pesante e di grandi dimensioni.
Altra prestazione delle ottiche utile sul campo è il sistema di riduzione vibrazioni (Canon la battezza "IS", Nikon "VR", Sony incorpora la funzione nel corpo macchina).

Conclusioni
Tutto sommato, per quanto è disponibile oggi 6 settembre 2010 nei negozi (o online), la macchina più aggiornata per cominciare a fare le cose seriamente e con il miglior rapporto prezzo/prestazioni è la Canon EOS 550D con un ottica "IS". Oppure la Nikon D90 con un ottica "VR" (qualche megapixel in meno, ma ergonomia e precisione superiori).

Il mercato
Altro marchio emergente (azienda che spinge sia con innovazioni che con strategie di marketing aggressive) è la Sony, che ha rilevato un paio d'anni fa il business delle macchine fotografiche di Minolta.  Le Panasonic, Samsung e Olympus hanno solo prodotti entry level, anche ottimi (Oly e Panasonic), e/o dal marketing molto aggressivo (Samsung), mentre Pentax è in grossa crisi di identità (e di mercato), dopo l'acquisizione del settore "photo" da parte di Hoya/Tokina. Il resto del mercato è fatto da una miriade di prodotti compatti di fascia bassa, o da soluzioni esoteriche per fotoamatori super-tecnofili, dal rapporto prezzo prestazioni decisamente dubbio, e di fatto raramente utilizzate davvero dai professionisti nel campo del reportage, advertising o fashon.

Negozi fisici
I negozi fisici, rispetto a quelli online, garantiscono un livello di servizio (consulenza e assistenza) altrimenti impossibile da ottenere, al costo di davvero solo pochi euro in più.
Un negozio in centro a Bologna Dove sono molto forniti e hanno un supporto specialistico dedicato alle reflex digitali è l'Immagine di Via Manzoni 6: http://www.limmaginefotocine.it/ ma ne esistono anche altri più storici o meno.

Le FAQ:
1) sono macchine "professionali" quelle consigliate?
     Sono macchine posizionate nel segmento "consumer", ma che possono offrire risultati del tutto analoghi a quelli delle macchine "professionali", soprattutto sfruttando utilizzando al meglio le ottiche e scattando nel formato RAW. Ecco perchè sono tutte DSLR di successo, molto diffuse.
2) cosa ha in più una DSLR del segmento "professionale" rispetto ad una DSLR "consumer"?
     - qualche pixel in più, ma non è detto in quanto 12/14 sono sufficienti per molte applicazioni professionali.
     - un sensore ancora più ampio dell'APS-C, ad esempio il pieno formato della pellicola "35mm", per maggiore sensibilità e migliore resa generale, ma non è detto perchè i fotografi di sport e naturalistici preferiscono i sensori APS-C che meglio sfruttano le ottiche esistenti per inquadrare soggetti lontani.
     - un mirino più preciso, più ampio e più luminoso, per inquadrature più facili anche al buio.
     - un autofocus più veloce e con più punti sensibili dell'inquadratura.
     - uno scatto a raffica ancora più veloce, ma i 3 fotogrammi al secondo delle macchine consigliate non sono pochi.
     - una carrozzeria in lega di metallo e non in plastica, magari con guarnizioni stagne a prova di pioggia. Di contro è più ingombrante e più pesante.
     - possibilità di usare doppie batterie e doppie schede di memoria per aumentare a dismisura l'autonomia in campo, ma già la durata delle batterie e delle schede oggi disponibili sulle macchine consigliate è sufficiente per moltissimi usi.
3) Molte Reflex recenti (e tutte quelle consigliate esclusa la Olympus) possono registrare spezzoni video in HD. E' una funzione utile?
     E' una funzione molto utile, ma che non sostituisce una telecamera dedicata (compatta o professionale) per registrare falcilmente molti video di alta qualità. Comunque realizzare video è molto diverso dallo scattare foto, sia in sede di ripresa, che in sede di post- produzione. E' un gadget simpatico, e permette la realizzazione di filmati di alta qualità video e ottica, grazie al parco ottiche diponibili per le reflex e all'effetto sfocata molto cinematografico possibile solo con sensori di grandi dimensioni come gli APS-C.

 
Locandina de La Sconosciuta di Giuseppe Tornatore E' un film violento, a volte ingenuo, ma venato di suspence questo "La sconosciuta" di Giuseppe Tornatore, con tratti del cinema di genere, e con un crescendo molto intenso. E' la storia di Irena, giovane donna ucraina che fa la donna delle pulizie. In un bel palazzo Dove vivono molte famiglie di orafi, Irena riesce a diventare amica della tata di casa Venacher e poi a sostituirla. Tutto per stare vicino a Tea, una bella bambina che ha i suoi stessi riccioli castani, ma il suo passato di abusi e prostituzione continua a tormentarla, e torna a fare capolino...
"Il dna del film deriva da un fatto di cronaca, letto tanti anni fa su un giornale e che ho ritagliato, come fanno tanti registi. Era la storia di una donna che in complicità con il marito partoriva figli da vendere. Poi la storia è andata in un'altra direzione. Ho scelto il registro del mistero perché non avevo intenzione di fare un film di denuncia, se si vuole denunciare qualcosa si fa un esposto in polizia".
[Da un intervista a G. Tornatore]

Bravissima la bella e sconosciuta ucraina Xsenia Rappoport, e al meglio, per un film interamente italiano, anche il cast, che comprende Pierfrancesco Favino e Claudia Gerini nel ruolo del padre e della madre di Tea, Piera Degli Esposti in quello della prima tata di casa Venacher, Alessandro Haber viscido portiere del palazzo e Michele Placido nei terribili panni di "Muffa", il protettore violento e vendicativo di Irena. [Visto solo]
 

Sono quasi le tre del pomeriggio, e il baccano della tormenta si sta abbattendo sulla città. Con le sue violente raffiche di vento e pioggia, inframezzato dal vocìo della strada e dall'acre fumo dei tegami, mi ha sbattuto con forza giù dal letto dopo solo poche ore di sonno. Le ossa, il collo in particolare, mi fanno un po' male. Intorno solo tanti bicchieri di plastica rovesciati, qualche macchia sul tappeto e odore acido di liquori e di spezie, e del wok del ristorante sotto casa che sta sfriggendo carni e riso ormai da troppe ore.

 

Che serata ieri sera! Che bello vedere tanta gente in festa nel grande appartamento sperduto in questa immensa periferia che la compagnia mi ha messo a disposizione: c'erano tutti, e, quasi quasi, sono stati anche simpatici con me, anche se ci conosciamo e ci capiamo appena. Non avrei mai creduto che un po' di buon vecchio french touch che usciva dal mio lettore mp3, amplificato appena dai diffusori rigorosamente “Made in Taiwan” presi a prestito dal mio vicino, potessero creare una tale atmosfera... Merde, quanta merda rovesciata per terra. Azzz anche sul muro appena intonacato... speriamo che quel truce del padrone non s'incazzi poi se sarà difficile coprire l'odore da fetido bar di perifieria italiana che il martini e ore di sigarette hanno fatto già stagnare in questa casa. Dio che fastidio, vorrei vomitare.

Ora che ci penso, è una vita che non lo faccio. Da quando non fumo più, penso. Neanche dopo le sbronze più catastrofiche. Per questo, soprattutto per un ipocondriaco come me, non è bene star per vomitare. Proprio ora e per davvero, e per di più senza aver quasi toccato alcool ieri sera. Certo che per un ex-quasi-bulimico sto davvero mangiando troppo e male da quando sono lontano: dopo il pranzo di pesce crudo e riso al ristorante giapponese Dove c'era anche la tipa mora e alta, dai lunghi capelli corvini decorati con fiori di campo porpora, che quasi quasi avrebbe potuto farmi di nuovo battere il cuore, ieri ho poi fatto aperitivo al lounge bar finto-newyorkerse in centro, ma bevendo quasi nulla... Poi, a cena, prima pollo, curry, tanto pollo e tanto curry a dire il vero, e tante altre cose e altre spezie, alla taverna locale, eppoi formaggi, ostriche e profumate delizie al ristorante francese. Infine, al termine della nottata, tutte le pizzette che avevo fatto arrivare apposta per intrattenere gli ospiti chiamati da me per l'after-dinner. Merda che nausea.

Nella patria della tecnologia di consumo non sono ancora dotato di una connessione internet domestica, incredibile. Il mio cellulare, chissà perchè, proprio qui non trasferisce dati, e tutto quello che riesco a fare è sbattermi da una parte e dall'altra della metropoli per restituire quasi ogni fine giornata la chiavetta da 16 Giga ricolma di sgargianti immagini da mal di stomaco. E il mio blog, e gli altri progetti, e non solo quelli, ne risentono... ho sempre tanto sonno, e tanto ritardo nel fare le cose. Proprio dal primo giorno, proprio da quando sono salito sull'aereo alle 14 per uscirne a mezzanotte. Peccato che qui fossero le 8 del mattino, e che la prima riunione col mio agente distava solo due ore, e che a quasi quarant'anni le notti in bianco son pesanti...

Non sono più in occidente, ma neanche in estremo oriente forse. Sono qui, ora, ed è bellissimo. Ed è tutto molto, ma molto, strano, e molto istruttivo. Incantevole, vorrei dire, ma non so.

Peccato solo che ora non vorrei far altro che vomitare...

Taipei (Taiwan) - 07 ottobre 2007

 
di davide del 15/03/2007 in Musica,  2313 link
Esattamente trent'anni fa usciva un disco memorabile. Non stiamo parlando dell'elettronico Trans-Europa-Express dei Kraftwerk, o del melodico Hotel California degli Eagles, e neanche di Animals dei Pink Floyd. Non di Love you live degli Stones o del per altro noioso Before and after science di Brian Eno. Belle cose in hit parade nel 1977, eh?
No, è dello start-up della New Wave che stiamo parlando, di quel fertile periodo che ha rivoluzionato la musica rock per portala fino al nuovo millennio.
Due sono le pubblicazioni che rappresentano le spinte post-lisergiche più importanti di quell'iniziale periodo post-punk: il successo di 77 dei Talking Heads e la spinta di The Modern Dance dei Pere Ubu. I primi mio amore fin da piccolo, mentre i Pere Ubu li ho ascoltati per la prima volta in vita mia questa sera. Buon trentesimo compleanno Pere Ubu!
Difficile spiegare cosa passasse per la loro testa prima che entrassero negli studi per registrare una delle più grandi opere musicali di tutti i tempi. So però con certezza che al primo ascolto si intravedeva da un lato tutta la rabbia e l'ebbrezza del garage degli anni '60, condito con spezie beefheartiane e con un pizzico di Red Crayola, musica free-form, avanguardia e teatro dell'assurdo. E si riusciva, di scorcio, anche a leggere tra i versi di Thomas l'apocalisse e la sua bellezza tragica. C'era un non so che di altro tra i solchi, ma nell'ineffabilità del momento estetico il tutto svaniva per far posto a un silenzio di fondo, Dove riposano i nostri abissi più intimi e inaccessibili. Questa è musica che merita un ascolto attento e devoto, insomma. Musica totale, nel senso che allora come oggi, più che un semplice disco, The Modern Dance è un vero è proprio saggio sulla decadenza del nostro tempo, un poema sulla distanza spirituale che ci separa dal mondo e dall' estasi eternizzante dell'"Aperto" rilkiano. In 36 minuti e 20 secondi, i Pere Ubu riuscirono a condensare l'essenza di un'epoca pregna di nichilismo, devoluzione, irrazionalismo, meccanizzazione e paura.

E alla fine del 2006, col loro Why I hate women, i Pere Ubu hanno rinverdito la loro danza moderna. Rubo 30 secondi per pubblicarli qui, ma visitate un negozio di dischi per ascoltarli: ne vale davvero la pena : - )
 
di davide del 02/02/2007 in Arte,  2525 link

Qualche giorno fa ero all'inaugurazione della nuova galleria RestArt di un amico mercante d'arte. Mino, il gallerista, è sicuramente uno che le opere d'arte le sa vendere bene, e per la sua inaugurazione (ovviamente, per maggiore visibilità, in periodo ArteFiera) chi sceglie? Concedere un'opportunità ad un giovane emergente? No di certo. Celebrare un vecchio mostro sacro? Troppo impegnativo. ; - )


Succede invece che l'artista prescelto sembra piuttosto essere una conoscenza da facile televendita: il fiorentino Gianpaolo Talani (http://www.talani.it) presenta le sue opere originate da "strappi" di pezzi di muri da palazzi di Firenze usati come tele su cui appore i tipici viandanti della sua visione.

Punto più "qualificante" del curriculum artistico di Talani è proprio la citazione da parte di Vittorio Sgarbi, chissà Dove e chissa come... Ciònonostante le opere possono piacere e, soprattutto, possono arredare, quindi fate un piacere al mio amico di RestArt: andate a visitarlo in Via Grabinsky 2/f a Bologna.

 
Rockstar di Luigi Milani (sx) e Kurt Cobain (dx) Leggere “Rockstar†di Luigi Milani è un piacevole rientro alle atmosfere del grunge dei primi anni '90, quell'ibridazione rock che finalmente spedì nel dimenticatoio i suononi yuppistici di troppo pop anni '80.
L'inizio degli anni '90 musicalmente è stato dominato da loschi capelloni che indossavano jeans sdruciti e camicie di flanella a quadrettoni. Erano gli anni del grunge, dei riff di chitarre distorte ad accompagnare voci roche ed esistenzialiste.
Il romanzo ruota attorno alla precoce scomparsa di Phil Summers, leader dei Chaos Manor, nei sobborghi londinesi.
Dopo anni di successi interstellari, la rapida caduta, dovuta alla morte della sua tanto amata Marie, anch'essa leader di un gruppo rock.
Ma sarà davvero morto? In fondo del suo corpo sono state trovate solo un mucchio di ossa incenerite. A questa domanda cerca di dare risposta Kathy Lexmark, ex vee-jay in cerca di identità.
[da booksblog]

Se è fin troppo facile identificare Phil Summers nel mediaticamente iper-compianto Kurt Cobain, il tenebroso Frank Colan, il fotografo di tutta la musica Rock, ricorda l'Anton Corbijn che ha fotografato e ripreso tutti, ma proprio tutti, i tratti somatici della musica pop, almeno dagli anni ottanta in poi. Un uomo indurito dall'aver continuamente dovuto affrontare il vertiginoso bilico fra l'essere e l'apparire. In difficoltà con la propria vita ancor prima di Dover affrontare la prova definitiva, quella della malattia.


PHOTO ANTON CORBIJN

U2 - PHOTO ANTON CORBIJN

Depeche Mode - PHOTO ANTON CORBIJN
Depeche Mode - PHOTO ANTON CORBIJN

Davvero notevole la prosa nei momenti a forte impatto emozionale, nei quali vi è perfetta simbiosi fra personaggio, ambiente circostante, accadimento e descrizione dell'autore. Altre volte il lessico, forse inframezzato da alcuni tecnicismi di troppo, tradisce il background dell'autore, ma non toglie scorrevolezza ad una narrazione che fin dal principio trascina il lettore alla scoperta di una verità su di una realtà di vita che è invece influenzata da sogni e dal paranormale.

Per chi, come il sottoscritto, ha seguito molto da vicino, o addirittura dal di dentro, i meccanismi dello show-business, “Rockstar†ripropone la semplice verità che esiste dietro ogni impresa commerciale, ovvero che l'espressività, l'emozione, l'arte... lasciano il posto all'intrattenimento, a qualsiasi costo. Musica, teatro, arte contemporanea che sia.

Chi è Luigi Milani
Luigi MilaniLuigi Milani è nato a Roma, città Dove vive e lavora, nel 1963. Scrive di musica e tecnologia da oltre un decennio. Ha collaborato con le riviste M Macintosh Magazine e Virtual, occupandosi, tra l’altro, di recensioni letterarie e di interviste a personaggi del mondo dell’arte e dello spettacolo. Negli stessi anni ha curato per Agorà Telematica e MIX on Line la gestione di diverse aree tematiche. Attualmente scrive per Applicando, rivista leader della comunità Apple, e collabora con alcuni siti Web a carattere musicale. Sul finire degli anni Novanta ha realizzato i testi dei siti Web di alcuni noti personaggi del mondo dello spettacolo. In veste di sceneggiatore e consulente tecnico ha collaborato con una piccola società di produzione cinematografica di Roma. È autore di un blog molto frequentato, False Percezioni.
Compare con tre racconti nell’antologia “XIIâ€, il primo volume di racconti scritti da dodici autori italiani indipendenti incontratisi nella Rete, pubblicato con il sistema print on demand dell’editore statunitense Lulu.
[da Livia Bidoli su La Repubblica/Roma]

Link al libro su Lulu: http://www.lulu.com/content/600141
Blog di Luigi Milani: http://falsepercezioni.blogspot.com/

 
Taipei (TW)
Le città post moderne, lontane anni luce dalla zone di Apollinaire o dalla banlieu di Baudelaire, assomigliano sempre più a grandi, infiniti ammassi urbani, Dove periferia, grosse arterie e centro urbano si aggrovigliano senza soluzione di continuità fino a diventare indistinguibili. Proprio come in film quali True Stories, Blade Runner o anche Arancia Meccanica.

Davide Gazzotti, NO EXIT, DARC - Roma (2006)
In questi giorni è uscito un mio nuovo reportage: "Taipei City, Kowloon and Hong Kong". Una selezione si trova cliccando qui.

 


PHOTO DAVIDE GAZZOTTI 2007


PHOTO DAVIDE GAZZOTTI 2007


PHOTO DAVIDE GAZZOTTI 2007


PHOTO DAVIDE GAZZOTTI 2007

 
Inutile negare che la vita non è equa nel distribuire le sue fortune, pertanto, vivendo dalla nostra parte del mare, bisogna assolutamente fare qualcosa di concreto per aiutare gli altri. In ausilio a noi, in genere perennemente soggiogati dalle ansie del sistema produttivo, vengono svariate ONLUS che possono servire ad alleviare il pur giusto senso di colpa.
Per questo ho aggiunto al blog i link ad alcune ONG che stimo particolarmente utilizzando un servizio interessante: Bloggers for Equity.
Il Progetto prende il nome di “Bloggers for equity”, e nasce con lo scopo di rendere più visibili e più facilmente accessibili i metodi di donazione economica verso varie associazioni umanitarie. Al Progetto possono aderire tutti i proprietari di spazi Web che lo desiderano e - manco a dirlo - l’adesione è del tutto gratuita, come lo è l’intera operazione. Gli unici movimenti economici saranno le donazioni che verranno effettuate dai visitatori degli spazi Web dei Soci tramite i box di “Bloggers for equity”, che non passeranno per la nostra organizzazione; tali donazioni andranno direttamente dal donatore alle organizzazioni umanitarie sponsorizzate nei siti dei Soci. Il Progetto è sostanzialmente una vetrina per le associazioni umanitarie. “Bloggers for equity” si fonda su un doppio sistema di sicurezza e trasparenza:
* la scelta delle organizzazioni umanitarie da inserire nel Progetto è subordinata alla valutazione dell’operato della singola organizzazione umanitaria candidata da parte del Comitato Direttivo del Progetto, sulla base dei criteri della serietà e dell’affidabilità;
* il singolo Socio di “Bloggers for equity”, al momento di esporre il “Box for equity” nel proprio spazio Web, effettuerà un’ulteriore selezione, scegliendo quali e quante organizzazioni coinvolgere nel box personale dal novero di quelle a priori scremate dal Comitato Direttivo, sulla base del criterio soggettivo. In questo modo, ad un primo controllo fondato maggiormente sull’affidabilità oggettiva dell’organizzazione umanitaria se ne aggiunge un secondo che fa leva sulle inclinazioni soggettive del singolo Socio, che potrà scegliere in piena autonomia - sulla base di convinzioni personali - a quali delle organizzazioni umanitarie offrire una visibilità sul proprio spazio Web, sicuro che nel novero dal quale sceglie si troveranno solo organizzazioni verificate. Il Comitato Direttivo non suggerirà né limiterà in alcun modo questa scelta; si limiterà - se richiesto dal Socio - a fornire un parere sul singolo caso.

Francesco Minciotti
Riguardo l'affidabilità oggettiva delle ONLUS non dimentichiamoci infatti che l'uomo è uomo, ed è intrinsecamente diffettoso anche quando si concede, per "fare la carità", una qualsiasi forma organizzativa. Purtroppo, esistono anche situazioni potenzialmente imbarazzanti, come riportato ad esempio dalla trasmissione del 6 dicembre di Radioanch'io, approffondimento giornalistico del GR1 RAI condotto dal bravo Stefano Mensurati:
06/12/2006

CHE FINE FANNO I SOLDI DEGLI AIUTI UMANITARI?
Ascolta la puntata Ascolta
Che fine fanno i finanziamenti statali della cooperazione allo sviluppo, gli aiuti umanitari dei privati al Terzo mondo, le donazioni alle campagne di raccolta fondi per la ricerca, le offerte alla miriade di piccole associazioni no profit che spuntano come funghi nel nostro Paese? Quanto arriva a destinazione e quanto si perde per strada? E soprattutto, chi controlla? A Radioanch'io accenderemo i riflettori su di un settore Dove la straordinaria abnegazione e onestà di tanta gente perbene è talvolta offuscata da una gestione dei soldi poco trasparente e tutt'altro che parsimoniosa.
L'iniziativa B4= va proprio nella direzione di un utilizzo responsabile anche dei servizi degli operatori umanitari, anche perchè è difficile in genere reperire informazioni sulla trasparenza dei bilanci e sulla effettiva percentuale di risdistribuzione dei proventi delle elargizioni volontarie incassate dalle organizzazioni Non profit.

Qundi andate sul sito di B4= ed aderite numerosi all'iniziativa facendo le vostre scelte, e, mi raccomando, occhi ben aperti, e casco sempre ben allacciato ; - )
 
(C) PHOTO JIM GOLDBERG - Raised By WolvesHo avuto la fortuna di conoscerlo nell’agosto del 99. Bell’annata per me il 99, sì. Fra le mille persone interessanti, incrociai proprio lui, Jim Goldberg, che si trovava in toscana per tenere workshop a fortunati figli di papà con l’hobby della foto. Non siamo diventati amici però, forse emotivamente troppo lontani allora.
Ricordo, sbiadite ma emozionanti, un paio cordiali di cene in una lunga tavolata. Ricordo le risate, il vino, le ragazze che ascoltavano le sue storie. E lui che si compiaceva, con sommessa simpatia. E sì, già allora Jim di strada ne aveva fatta: aveva superato i 40 e praticamente si manteneva solo con le varie sponsorizzazioni che aveva ottenuto da fondazioni o musei d’oltreoceano, e aveva già pubblicato due o tre libri con progetti importati. Così, al contrario di altri fotografi che Dovevano intrappolare la loro sensibilità creativa all’interno delle regole del mondo del business professionale per il 99% del loro tempo, Jim poteva già allora esprimersi e basta. Poteva far correre i pensieri e le visioni. Poteva portare il suo intimo contributo alla documentary photography domestica, ormai surclassata dal bombardamento mediatico dei Nachtwey da guerra. E lo faceva con animo umile e curioso, con atteggiamento di condivisione, come fu condivisione anche il momento in cui accese il proiettore e mostrò alcuni suoi scatti, molti dei quali ora potete vedere sul sito della Magnum Photos.
Già, il bravo Jim Goldberg, l’artista reporter del disagio privato e sociale nell’america patinata della New Economy, è diventato membro ufficiale della scuderia Magnum da pochi mesi. Complimenti Jim: tu non lo sai, ma dopo che abbiamo sfogliato assieme il tuo splendido Raised by Wolves, lo ordinai. Su internet, ovviamente.
 
di davide del 18/02/2009 in Musica,  124543 link

E' vero che dalle finestre non riusciamo a vedere la luce perché la notte vince sempre sul giorno e la notte sangue non ne produce, è vero che la nostra aria diventa sempre più ragazzina e si fa correre dietro lungo le strade senza uscita, è vero che non riusciamo a parlare e che parliamo sempre troppo. E' vero che sputiamo per terra quando vediamo passare un gobbo, un tredici o un ubriaco o quando non vogliamo incrinare il meraviglioso equilibrio di un'obesità senza fine, di una felicità senza peso. E' vero che non vogliamo pagare la colpa di non avere colpe e che preferiamo morire piuttosto che abbassare la faccia, è vero cerchiamo l'amore sempre nelle braccia sbagliate. E' vero che non vogliamo cambiare il nostro inverno in estate, è vero che i poeti ci fanno paura perché i poeti accarezzano troppo le gobbe, amano l'odore delle armi e odiano la fine della giornata. Perché i poeti aprono sempre la loro finestra anche se noi diciamo che è una finestra sbagliata. E Siamo noi a far ricca la terra noi che sopportiamo la malattia del sonno e la malaria noi mandiamo al raccolto cotone, riso e grano, e noi piantiamo il mais su tutto l'altopiano. Noi penetriamo foreste, coltiviamo savane, le nostre braccia arrivano ogni giorno più lontane. Da noi vengono i tesori alla terra carpiti, con che poi tutti gli altri restano favoriti. E siamo noi a far bella la luna con la nostra vita coperta di stracci e di sassi di vetro. Quella vita che gli altri ci respingono indietro come un insulto, come un ragno nella stanza. Riprendiamola in mano, riprendiamola intera, riprendiamoci la vita, la terra, la luna e l'abbondanza. E' vero che non ci capiamo che non parliamo mai in due la stessa lingua, e abbiamo paura del buio e anche della luce, è vero che abbiamo tanto da fare e che non facciamo mai niente. E' vero che spesso la strada sembra un inferno o una voce in cui non riusciamo a stare insieme, Dove non riconosciamo mai i nostri fratelli. E' vero che beviamo il sangue dei nostri padri, che odiamo tutte le nostre donne e tutti i nostri amici. Ma ho visto anche degli zingari felici corrersi dietro, far l'amore e rotolarsi per terra. Ho visto anche degli zingari felici in Piazza Maggiore ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra. Ho visto anche degli zingari felici corrersi dietro, far l'amore e rotolarsi per terra. Ho visto anche degli zingari felici in Piazza Maggiore ubriacarsi di luna, di vendetta e di guerra.
 
di davide del 11/02/2007 in Progetti,  2192 link
Una mattina, al parco, la nebbia. E un alito gelido che penetra i vestiti fin dentro l’anima.
I tanti piccoli silenzi personali che vagano per il Parco stamane racchiudono altrettanti singoli drammi privati. Silenzi Dove rimbomba sordo il suono della città morta dei Massimo Volume che si racconta dalle mie cuffiette.

DAVIDE GAZZOTTI - Running on frozen grass (2007)
DAVIDE GAZZOTTI - Running on frozen grass (2007)


Running heebie-jeebies away - Test 1 - A spasso per il parco impacciato dai farmaci, ma trainato dal cagnolino
DAVIDE GAZZOTTI - Running heebie jeebies away - Test 1 (2007)

Quanta sofferenza nei visi e nei movimenti imperfetti dei frequentatori del Parco: chi piange camminando per i gelidi vialetti, chi, intontito della malattia e dai farmaci, si fa portar via da un lento cagnolino… quanta sofferenza devono aver vissuto questi alberi spogli.

Running heebie-jeebies away - Test 3 - Qanta sofferenza vista da questi alberi...
DAVIDE GAZZOTTI - Running heebie jeebies away - Test 3 (2007)

 
Una fotografia di Roger Ballen non è qualcosa che si guarda e si dimentica in fretta: possiede contemporaneamente una intensa bellezza formale ed una forza espressiva non comune, che affascina e colpisce diritto allo stomaco.
La recente intervista commissionata da American PHOTO a Jörg Colberg, pubblicata anche sul suo blog Conscientious, mi ha riportato alla mente il mio personale e folgorante incontro con l’immaginifico mondo visuale di Roger Ballen, con Outland, esposizione alla GAM di Bologna del 2002.

Nato a New York nel 1950, Roger Ballen studia geologia all’università di Berkley e si laurea in Economia Mineraria presso l’università del Colorado. Dopo la laurea si stabilisce in Sud Africa dal 1984, Dove lavora per una compagnia mineraria. Da questa esperienza professionale il primo importante progetto artistico, Chambers, che porta la documentary photography direttamente verso l’arte.


PHOTO ROGER BALLEN
La forza espressiva delle sue immagini è spesso introdotta dallo sguardo fermo e diretto dei suoi soggetti, che ci guardano, ci colpiscono, ci straniscono. Ballen ha preferito vedere il Sud Africa dal punto di vista della gente bianca povera che vive hai margini della società, in ambienti squallidi, sporchi e fatiscenti ma con la volontà di rendere a volte gioiosa una situazione disperata attraverso una sorta di humour e riuscendo perfettamente ad interagire ed ad entrare in empatia con i suoi soggetti, creando un punto di contatto tra il loro mondo e il suo inconscio. A livello formale, invece, nella sua opera esiste un’organicità, un equilibrio Dove le singole parti interagiscono tra loro, ottenendo, così, immagini pulite, formalmente e visivamente chiare e semplici. Il filo conduttore delle opere di Ballen sta proprio qui, nella dicotomia tra la pura forma e il suo interno, saturo di difetti, fatto di gente con caratteristiche inusuali, deformi, persone logorate dal tempo e dal degrado, mostri che vivono in ambienti miseri, sterili, infelici e abbandonati. La sua opera si allontana dall’ipotesi di una semplice denuncia sociale e va ben oltre l’intento documentaristico: ogni immagine è introspezione, in grado di rivelare la natura più intima dell’artista; quel che emerge dalle sue fotografie sono "autoritratti".

Roger Ballen Photography

Clicca qui per accedere ad una galleria di immagini di Roger Ballen su popphoto.com
 
Leggo su "A Photo a Day" che assieme all'ex-presidente Bill Clinton e all'ambientalista E.O. Wilson, il fotogiornalista James Nachtwey è uno dei vincitori del Premio TED (Technology, Entertainment, Design) 2007.

Nel suo discorso, parla degli ultimi 25 anni di guerre coperte come reporter, e sottolinea due filoni paralleli nei suoi lavori. Il primo che la violenza, la carestia, la malattie, tutti i "fronti" delle guerre contemporanee sono esattamente Dove la gente vive. E il secondo che, quando una fotografia attira l'attenzione del mondo, può davvero guidare all'azione per il cambiamento. Mettendosi in mezzo al conflitto, la ruffiana intuizione di Nachtwey è quella di raccontare la verità, di documentare le lotte dell'umanità, e così facendo svegliare gli animi e spingerli all'azione.

L'utopia di questo premio risiede nel fatto che TED garantisce ad ogni vincitore 100,000 dollari e il supporto di multinazionali, che così si fanno pubblicità e scaricano utili in eccesso, per aiutarli in progetti che si propongono di cambiare il mondo, in un modo o nell'altro.

Il desiderio di Nachtwey è "lavorare sulle storie che il mondo deve conoscere, e influenzarle provando la potenza del fotogiornalismo nell'era digitale".

Di seguito ecco il suo a tratti terrificante discorso (in inglese) accompagnato dalle note e sensazionali immagini di invincibile sofferenza... vale la pena seguire questi 20 minuti di presentazione malgrado le non sue ottimali doti oratorie.


 
Fogne e tombini illuminati, a Jena, ex Germania dell'Est, per un'installazione choc. L'idea è dell'artista Ronen Eidelman, originario di Israele, che vuole attirare l'attenzione sulla condizione segreta, in ombra, di migliaia di rifugiati, costretti a vivere agli angoli della società. Illuminando la rete fognaria della città, l'artista mostra quelle esistenze costrette a rimanere invisibili.
L'intero progetto, "Undocumented disappearance", è sul sito dell'autore.

(via Repubblica.it)
 
Suda el Jamon - Pubblicità NikeUn'altra antipatica multinazionale, dopo la Dove di cui avevo già scritto, utilizza ruffianamente la tematica della bellezza del corpo, della sua percezione, e di come ottenerla in modo non cruento, non violento contro noi stessi, ma armonico e sostenibile. Lo spot "educativo" della Nike, "carina" l'idea e simpatica la canzone, ma filmograficamente davvero bruttino, incita allo sport aerobico in vece del bisturi. La ruffianeria di queste campagne con tematiche "sociali" risiede nel fatto che è impossibile dissentire, anche se, come il sottoscritto, si preferisce abbigliamento sportivo di altre (o, fosse possibile!) di nessuna particolare marca.
La nuova campagna della Nike lanciata nei Paesi latino americani sembra essere in controtendenza con quanto accade da noi, come scrive spotanatomy, ma più che da noi è proprio nei paesi latino americani emergenti che le giovanissime si sottopongono a inumane torture fisiche, diete mortificanti e "vagonate" di chirurgia estetica, molto più economica e quindi anche diffusa e pericolosa, a quelle che alle nostre latitudini.
Da vedere, anche se questa versione è davvero troppo lunga, sia come prodotto viral per il web, che come spot.
 
Il mio blog me lo sono prescritto alla fine di gennaio del 2007: ho installato sul mio sito vecchio di sette anni (e si vede) dblog, una piattaforma open, e riversato una dozzina di articoli scritti su myspace per gioco, e quindi ho cominciato a registrare irregolarmente, col tono un po' saputello del professorino mancato, parte di quello che mi capitava sotto gli occhi o dentro le meningi al solo scopo di autocelebrazione personale, senza nessuna velleità che la mia vena artistica o comunicativa fosse degna di qualsiasi attenzione o di pubblico. D'altra parte esistono blog di professionisti della comunicazione che invece meritano davvero visite e successo, per qualità e/o originalità dei contenuti.
Quasi subito trovo l'inziativa di sid05, che a sua volta riprendeva una analogo post virale dalla blogsfera anglofona, delle facce di 2000 blogger italiani. Subito mi iscrivo, entro in "lista" ma pubblico il post virale in questione solo con almeno una 20ina di giorni di ritardo, ma retrodatato.
Ieri leggo (non so più Dove) che una piattaforma di nanoblogging (fenomeno di cui si parla in tutte le salse), tumblnr, è ancora altamente insatura. Quindi accendo l'account davidephoto.tumblnr.com e posto solamente 1 foto appena postata sul mio blog e i link al mio sito ed al mio blog. Succede che:
  • Raddoppiano i visitatori unici sul blog (da 70 a 150 visitatori al giorno)
  • Triplicano le pagine lette sul blog (da 120 a 450 al giorno)
  • Si moltiplicano a dismisura anche i link uscenti
  • Secondo Technorati ed altri tool di ranking la posizione in classifica del mio blog, per quello che vale, aumenta radicalmente ed immeritatamente in un paio di giorni soltanto
Progressioni del genere non le avevo ottenute neanche quelle 3 o 4 volte che sono stato linkato da importanti blog di professionisti della comunicazione. La mia interpretazione:
  • Il solo essere presenti nelle social network globali, quando ai loro inizi sono poco popolate anche se inspiegabilemnte molto popolari perchè ne parlano tutti (come la semplice e poco abitata internet di 12 anni fa quando mi affacciai al web), anche se senza contenuti causa curiosità, e quindi traffico.
  • L'autocitarsi, i meme virali come "2000 bloggers" e molti altri, e i meccanismi sociali di commenti e controcommenti, esaltati dai tool di ranking come Technorati non determinano il successo (ovvero l'utilità sociale) di una pubblicazione. Tantomeno ne qualificano la qualità, che, per altro, è assolutamente soggettiva.
  • Il traffico ora iniettato sul mio blog dall'effetto contemporaneo "tumblnr + esposizione di un meme" è traffico "finto", ovvero fatto per lo più di blogger non interessati ai contenuti (di qualità discutibilissima) del mio blog. Calerà presto per tornare ai volumi precedenti.
  • Vantaggi per me? Nessuno.
Ho tralasciato qualche considerazione? Immagino di sì...
Buona festa della liberazione.
 
Cristina DonàIl mio cardiofrequenzimetroPochi giorni fa è uscito l'ultimo bel disco di Cristina Donà, ma riascolto tuttora spesso i suoi primi folgoranti lavori ("Tregua" e "Nido") realizzati nel contesto creativo dei primi anni 90, in quel subbuglio del rock italiano che stava producendo la Mescal Records.
E domani è il suo quarantesimo compleanno: auguri Cristina : - )
Proprio ieri, come cantava Cristina in "Triathlon", ho registrato il mio battito minimo... mi devo preoccupare?

"Cristina Donà è la più grande cantautrice italiana e lo è suo malgrado. Perché, come accade a certi grandi artisti, se all'origine dell'espressione creativa non ci fosse un'esigenza profonda di verità su se stessi e sulla vita che si vive, la loro natura li avrebbe condotti ad altre occupazioni, forse più semplici e tranquillizzanti. E, invece, scrivere canzoni e cantare per Cristina Donà ha a che fare con un desiderio insopprimibile di vederci chiaro e di capire come debba essere vissuta questa vita che sembra scapparci da tutte le parti." - (Stas' Gawronski, critico letterario, dal sito di RaiLibro)
So che un braccio dopo l’altro
porterò a destinazione
questo corpo calpestato
dalle tue rigide mancanze.
Ho attraversato giorni da diluvio universale,
ora so scivolare sull’acqua...è una questione orizzontale.
Scivolerò sui tuoi rimpianti
mai pianti con me.
Scivolerò, ma il tuo amore dov’ era?
Tengo al minimo il battito,
controllo che il respiro non ceda.
Tengo al minimo il battito,
controllo che il respiro mi segua.
La ruota davanti m’implora di non insistere con la pressione.
Il cuore sul manubrio
sembra pronto a decollare.
Hai trasformato pianure in salite devastanti,
ora tornerò a sognare coi miei occhi scintillanti.
Aumento la distanza, il vantaggio su di te
e non aspetto che qualcun altro provveda.
Tengo al minimo il battito,
controllo che il respiro non ceda.
Tengo al minimo il battito,
controllo che il respiro mi segua.
I piedi toccano terra, comincerà la resurrezione.
E’ l’ultima parte di fuga, vedo la polvere che si solleva.
Fuori da un passato confuso con dentro l’alibi di una visione,
continuerò la corsa, ma non sono più preda.
Tengo al minimo il battito,
controllo che il respiro non ceda.
Tengo al minimo il battito,
controllo che il respiro mi segua

Cristina Donà - "Triathlon" da "Dove sei tu" - 2003

Il sole a settembre mi lascia vestire ancora leggera, il fiume riposa negli argini aperti di questa distesa.
Tu mi dicevi che la verità e la bellezza non fanno rumore: basta solo lasciarle salire, basta solo lasciarle entrare.
E' tempo di imparare a guardare. E' tempo di ripulire il pensiero. E' tempo di dominare il fuoco. E' tempo di ascoltare davvero.
L'amore a settembre mi ha fatto sentire ancora leggera. Il giorno sprofonda nei solchi bruciati di questa distesa.
Tu lo sapevi che nessuna gioia nasce senza un dolore? Basta solo farlo guarire, basta lasciarlo entrare.
E' tempo di imparare a guardare. E' tempo di ripulire il pensiero. E' tempo di dominare il fuoco. E' tempo di ascoltare davvero. E' tempo di imparare a cadere. E' tempo di rinunciare al veleno. E' tempo di dominare il fuoco. E' tempo di ascoltare davvero.
L'amore a settembre mi ha fatto sentire ancora leggera.

Cristina Donà - "Settembre" da "La quinta stagione" - 2007
 
Money from PicturesPochi anni fa non esistevano o quasi agenzie fotografiche Royality Free. Ora dicono siano la maggior parte del mercato della fotografia "stock", ovvero da archivi Dove trovare generiche immagini per editoriali, piccole borchure, siti web, etc., anche se, onor del vero, cifre certe è difficile elaborarne.

Tutto è nato anche perchè il prezzo delle immagini d'archivio, già reperibili on-line sui siti di tradizionali agenzie ad alta qualità, era davvero troppo elevato, quindi riservato ad impegnativi progetti di immagine coordinata e fuori dalla portata di micro imprese, progetti più piccoli (sono la maggioranza) o studenti di (web) publishing. I siti di Microstock photography sono la risposta a questi bisgoni: si affidano principalmente a fotoamatori che inviano e catalogano le loro immagini sul sito, ed offrono fotografie ad alta risoluzione addirittura a partire da 1 dollaro, normalmente dai 2 ai 10 dollari, e in più sono Royality Free, ovvero senza ulteriori Royalties da pagare a prescindere dal numero o dalla tipologia di utilizzi, commerciali e non, da parte dell'acquirente. Sono la risposta massificata alla richiesta generalizzata di enormi quantità di immagini sempre "nuove" con cui bombardare le masse.

L'avere come fonte di contenuti hobbysti desiderosi di sprecare tempo per incassi nel 99,9% dei casi marginali, e la meccanicità dei criteri di accetazione delle immagini, fa si che l'enorme mole di materiale catalogato su di un sito Microstock necessiti di una più accurata selezione da parte del committente per trovare l'immagine comunicativamente giusta e con qualità (non solo tecnica) giusta per il progetto in corso. L'enorme quantità di hobbysti, con a disposizione una fotocamera digitale ed una copia di Photoshop, desiderosi di esposizione, riconoscimento morale e condividisione dei risultati, ha fatto sì che le Microstock agencies strutturassero il proprio sito più come un social network che come il sito di un'agenzia fotografica on-line. Questa è stata la mossa vincente dei pochi nomi che ormai sono accapparrati il mercato.

La struttura di prezzo rivoluzionaria, inoltre, è riuscita a stravolgere questa nicchia di mercato nel giro di un paio d'anni: queste Microstock agencies stanno causando seria preoccupazione alle agenzie di stock photography tradizionali, e stanno già influenzando le loro strategie di mercato, dice questo articolo sul New York Times.

Dal punto di vista del diritto, Royality Free nulla c'entra con il Copyright o il Copyleft, o la sempre più diffusa licenza Creative Commons: il diritto di ripoduzione originario resta di proprietà teorica all'autore, e solo in alcuni casi può essere trasferito in esclusiva alla agenzia on-line, ma viene concesso in modo illimitato a chiunque acquisti a queste ridicole cifre le immagini.

Per provare personalmente questi servizi, anch'io mesi fa misi in vendita, sotto pesudonimo, qualche dozzina di scatti realizzati per caso, o qualche scarto da progetti di cui possiedo tutti i diritti, oppure ancora immagini che non avevano qualità sufficiente per essere accettate nei siti delle agenzie "macrostock". Da parte mia confermo i risultati economici insoddisfacenti, d'altra parte ad 1 o 2$ per immagine, per di più disperse in banche dati con uno o più milioni di foto tutte ugualmente mediocri, è difficile emergere e fare i grandi numeri necessari a giustificare il tempo impiegato per l'upload e la catalogazione delle immagini sul portale di stock photo. Chi ci è riuscito sono in pochi, i pochi pionieri un paio di anni fai di questo nuovo mercato fotografico, che avevano il tempo di inviare e catalogare centinaia immagini un pelo sopra la media in banche date da poche decine o centinaia di miliaia di foto, e che ora, per via dei meccanismi di misurazione di popolarità tipici delle social network si trovano un'esposizione molto maggiore del tipico nuovo arrivato.

La novità che ho scoperto oggi verificando il log delle vendite dell'ultima settimana è che anche i grandi nomi del marketing e dell'immagine coordinata hanno qaulcuno al loro interno che, magari per piccoli progetti o per comunicazione interna, evita i costosi siti ad alta qualità d'immagine di Alamy, Corbis e Getty, e si occupa di scaricare praticamente gratis dai vari Shutterstock o Fotolia, al solo maggior costo del maggior tempo necessario al tipicamente sottopagato addetto incaricato della selezione per trovare le immagini giuste e di ottima qualità. Nomi dal log delle mie vendite di questa settimana? Ecco: JWT, R&R Partners,......!!!!

Bene, questa è la conferma della morte ufficiale della Stock Photography come business.

Più in generale, dopo l'affermazione dell'Open Source nella produzione del software e del Peer2Peer nella distribuzione audiovisiva, è la morte nel mondo digitale del modello di business basato sul prodotto (o sul detenere esclusiva un brevetto o un'opera creativa). Stiamo irreversibilmente diventando una società di servizi, alcuni condivisi, altri a pagamento, e il modello di business produttivo tradizionale rimarrà unicamente per i prodotti tangibili, di cui è reso necessario (o di cui è reso necesario) il possesso. La conoscenza, unico vero asset nel nuovo mondo digitale, essendo anch'essa condivisa, non da diritto a nessuna remunerazione. Speriam solo che restino in piedi abbastanza business tradizionali per permettera a noi servitori nella società dei servizi di pagar tutte le bollette a fine mese ; - )

 
Spiando l’intimità delle persone, questo libro documenta il brusio e le vibrazioni di una delle più ammirate città del mondo. Le persone ritratte in questa galleria non sono frammenti dell’immaginazione dell’autore, ma sono gente reale: nella città che pulsa non esistono eroi ed eroine, ma solo uomini e donne alle prese con la loro vita, e con la necessità di superare limiti e difficoltà. Spingendo la fotografia documentaristica oltre i suoi confini, queste strade claustrofobiche raccontano il respiro della vita nella scomoda era della Grande Recessione del 2009, Dove l’ansia e l’incertezza incombono su una versione decadente del Sogno Americano. I personaggi calcano frenetici il più seducente palcoscenico mai realizzato, cullati dai fianchi slanciati e inarrivabili di New York.
 
di davide del 14/05/2007 in Media e Nuovi Media,  4370 link
Campagna ENI 30%Durerà almeno due anni, costerà all'ENI venti (dico io, venti!) milioni di euro, forse non servirà a molto in pratica, ma lo spot è davvero bello.
Eni (prima corporation italiana per capitalizzazione n.d.r.) ha dato il via a una campagna sociale di formazione e informazione sull’efficienza energetica destinata a svilupparsi per i prossimi 2 – 3 anni. Con la creatività di TBWA/Italia e con un budget di 20 milioni di euro, la campagna “30PERCENTO” mira a comunicare
...che:
  • modificando il proprio stile di vita, senza stravolgerlo, si possono risparmiare circa 1.600 euro all’anno per famiglia
  • Eni ha assunto un senso di responsabilità sociale nei confronti della comunità
  • Eni è impegnata nella ricerca di fonti energetiche in linea con il trattato di Kyoto.

Il payoff dell'iniziativa è “Consumare meglio, guadagnarci tutti”.
Iniziativa importante. Speriamo solo la conclusione della campagna non sia un aumento delle tariffe, come avvenuto per la fiorentina Publiacqua!

(via spotanatomy)

UPDATE 27 maggio 2007: La splendida musica originale dello spot "ENI 30 PERCENTO" è del grande Ludovico Einaudi. Da non perdere il suo ultimo disco "Divenire" (Decca, 2006).
 
Oggi Repubblica.it pubblica la notizia delle sperimentazioni su di un trattamento farmacologico che avrebbe il potere di eliminare il ricordo di singoli traumi.
Esattamente come succedeva nel film "The eternal sunshine of the spotless mind" di quel geniaccio di Charlie Kaufman (già sceneggiatore di Essere John Malkovich, Il ladro d’orchidee, Confessioni di una mente pericolosa) e diretto da Michel Gondry (autore, tra le altre cose, di videoclip di gente come Radiohead, White Stripes, Bjork, Chemical Brothers) nel 2004. Davvero un peccato per le sorti italiane del film la pessima traduzione del titolo ("Se mi lasci ti cancello") che lo hanno fatto sembrare l'ennesima stupida commedia di Jim Carrey/Ace Ventura.
Sembra che i ricercatori del Centro per le Scienze Neurologiche di New York siano riusciti ad intervenire sul meccanismo che regola il trasferimento dei ricordi dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine, Dove risiedono i ricordi permanenti, usando un farmaco di cui già si sapeva che procurava amnesia.


Dal solo apparentemente sconclusionato film con Jim Carrey emerge forte una domanda: è davvero questo quello che vogliamo? E' meglio dimenticare che evolvere grazie alla consapevolezza di quello che ci è davvero successo, nel bene e nel male, fisicamente e emotivamente?
Beh, è difficile formulare giudizi assoluti: ci sono avvenimenti che sembrano oggettivamente solo negativi, ad esempio i grossi traumatici eventi a seguito di attentati, incidenti, violenze personali, che possono ingenerare traumi molto problematici da superare in molti soggetti. Però, per quanto possa sembrare enorme il dolore di determinate situazioni, la consapevolezza è in molti casi forse ancora una cura migliore.
 
di davide del 24/02/2007 in Blogging,  2023 link
Stamane sono tornato nel parco Dove ho realizzato le foto di questo post... e il risultato è stato assolutamente diverso : - )

 
di davide del 04/03/2007 in Musica,  2705 link
Lo sapevano tutti, ed ha vinto Simone Cristicchi con la sua bella riedizione pop del volo iniziale(e finale) di Tom Tom in Million Dollar Hotel di Wim Wenders ; - )
Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

Mi chiamo Antonio e sono matto
Sono nato nel ’54 e vivo qui da quando ero bambino
Credevo di parlare col demonio
Così mi hanno chiuso quarant’anni dentro a un manicomio
Ti scrivo questa lettera perché non so parlare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E mi stupisco se provo ancora un’emozione
Ma la colpa è della mano che non smette di tremare

Io sono come un pianoforte con un tasto rotto
L’accordo dissonante di un’orchestra di ubriachi
E giorno e notte si assomigliano
Nella poca luce che trafigge i vetri opachi
Me la faccio ancora sotto perché ho paura
Per la società dei sani siamo sempre stati spazzatura
Puzza di piscio e segatura
Questa è malattia mentale e non esiste cura

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

I matti sono punti di domanda senza frase
Migliaia di astronavi che non tornano alla base
Sono dei pupazzi stesi ad asciugare al sole
I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole
Mi fabbrico la neve col polistirolo
La mia patologia è che son rimasto solo
Ora prendete un telescopio… misurate le distanze
E guardate tra me e voi… chi è più pericoloso?

Dentro ai padiglioni ci amavamo di nascosto
Ritagliando un angolo che fosse solo il nostro
Ricordo i pochi istanti in cui ci sentivamo vivi
Non come le cartelle cliniche stipate negli archivi
Dei miei ricordi sarai l’ultimo a sfumare
Eri come un angelo legato ad un termosifone
Nonostante tutto io ti aspetto ancora
E se chiudo gli occhi sento la tua mano che mi sfiora

Ti regalerò una rosa
Una rosa rossa per dipingere ogni cosa
Una rosa per ogni tua lacrima da consolare
E una rosa per poterti amare
Ti regalerò una rosa
Una rosa bianca come fossi la mia sposa
Una rosa bianca che ti serva per dimenticare
Ogni piccolo dolore

Mi chiamo Antonio e sto sul tetto
Cara Margherita son vent’anni che ti aspetto
I matti siamo noi quando nessuno ci capisce
Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce
Ti lascio questa lettera, adesso devo andare
Perdona la calligrafia da prima elementare
E ti stupisci che io provi ancora un’emozione?
Sorprenditi di nuovo perché Antonio sa volare

Simone Cristicchi - Ti regalerò una rosa

UPDATE: Riguardo alla produzione del video di Alberto Puliafito, ecco un pezzo tratto da La Repubblica - Torino (di Federica Cravero):
TORINO - Quando Simone Cristicchi ha trionfato sul palcoscenico dell´Ariston, anche un gruppetto di torinesi ha sentito la vittoria come propria. Sono gli autori del videoclip di Ti regalerò una rosa, la lettera d´amore di un malato di mente che Cristicchi ha cantato a Sanremo. Regia di Alberto Puliafito, montaggio di Fulvio Nebbia e Michela Sessa, direttore della fotografia Gianni Giannelli e postproduzione della Lumiq (colorist Giorgia Meacci). Una collaborazione, quella con il cantante, nata per caso proprio durante lo scorso Sanremo, quando Puliafito, che realizzava immagini per videofonini, si è imbattuto in un ragazzo che gestiva il blog di Cristicchi, allora famoso perché voleva «essere come Biagio Antonacci». Il rapporto si è consolidato e quest´estate hanno lavorato alla realizzazione del video Ombrelloni, clip autoprodotta poi acquistata dalla Sony.

Per mesi questo gruppetto di ragazzi è andato su e giù per l´Italia in quel che resta degli ospedali psichiatrici, a caccia di immagini, lettere e testimonianze di ex pazienti e infermieri. Il video della canzone fa parte di un progetto più ampio che comprende anche un libro, uno spettacolo teatrale e un documentario sulla realtà, oggi, dei manicomi in Italia, Dove Cristicchi ha fatto volontariato, tra riconversione in centri diurni e locali abbandonati. E proprio dal documentario, presentato in anteprima a Sanremo e venduto insieme all´album, sono state tratte le immagini del videoclip. «Per la prima volta ho fatto il tifo per qualcuno a Sanremo - ammette il regista - Ma al di là del giudizio di parte penso che sia una canzone molto bella, con un finale triste e forte. Alla fine è venuto fuori un video impegnato ma non strappalacrime».

(6 marzo 2007)
 
Copyright Thaniel LeeImpossibile non rimanere colpiti da queste drammatiche immagini in banco e nero di un corpo umano e della sua sofferenza. Dopo aver notato come ultimamente certe tematiche sono cavalcate dalle multinazionali per continuare comunque a promuovere creme oppure abbigliamento sportivo come strumenti per abbellire i corpi, fingendo impegno contro la spettacolarizzazione della bellezza dei corpi e la chirurgia plastica, ecco come descrive il suo progetto Thaniel Lee: "In questo mondo di spettacolo e chirurgia plastica, di spettacoli sulla chirurgia plastica, di programmi tv che selezionano finte modelle, di irreali reality show, io cerco di mostrare un corpo che non può cambiare, un corpo che nessun complicato intervento chirurgico al mondo potrà mai trasformare in un super modello, un corpo che non viene mostrato sulle riviste più lette, o su MTV.[...]
Ho scelto di documentare questo corpo attraverso l’obiettivo della macchina fotografica: il corpo che ho scelto di raccontare è il mio. Sono nato con una patologia chiamata Artrogriposi: questa condizione mi lascia un uso limitato delle braccia, delle gambe e delle dita. Undici operazioni chirurgiche mi hanno procurato interessanti cicatrici e atrettante storie interessanti. Ho cominciato nel 2000 a documentare il mio corpo, e le innumerevoli diverse forme in esso contenute... Spero che il mio lavoro faccia in modo che la gente guardi al proprio corpo mettendo in discussione il concetto di bellezza che pervade la nostra cultura ossessionata dai corpi."



PHOTO THANIEL LEE



Ogni scatto di Thaniel Lee è una performance unica, Dove le forme di un corpo esprimono contemporaneamente spudorata sofferenza e incredibile forza vitale.

[Trovato grazie, ancora una volta, ad un post sull'ottimo blog di Antonella Beccaria]
 
John GiornoJohn Giorno (nato a New York nel 1936) è uno dei più noti poeti e performance artist dell'area sperimentale americana.
Nel 1968 fondò il Giorno Poetry System Institute, una struttura destinata a promuovere lo sviluppo della comunicazione tra poeti e pubblico, e l'anno successivo avviò, presso il Modern Art Museum di New York ed in numerose altre sedi, un servizio denominato Dial-A-Poem, attraverso il quale, componendo alcuni numeri telefonici, era possibile ascoltare cinque minuti di poesia. Un'interessante iniziativa parallela a questa è stata Dial-A-Poem Poets, una vera e propria "rivista orale" costituita da una collana di dischi in vinile che presentava, tra l'altro, il meglio del panorama internazionale della poesia sonora.

Ha realizzato programmi radiofonici, pubblicato versi su scatole di fiammiferi, magliette, tendine da finestra, tavolette di cioccolata, ecc. Performer di notevole impatto sul pubblico per la sua presenza scenica e le sue qualit vocali, svolge anche attivit di attore. Nel 1963 ha lavorato nel film di Andy Warhol Sleep, ed ha collaborato anche con William Burroughs.
E' anche un attivista a favore della lotta contro l'AIDS.

Su ubu.com si trova una compilation di sue pubblicazioni audio di notevole impatto, mentre da non perdere l'ottimo video di "Just say no to family values" Dove Giorno recita diretto nel 2005 da Antonello Faretta: l'artista newyorkese tramite il paradosso dei suoi versi sembra irridere al clamore tutto italiano innescato dalle polemiche sui DICO. Questo video risulta proprio in tema con il Family Day prossimo venturo.
In effetti, risulta essere l'ennesima istrionica modalità di dissenso, però sarà sufficiente "fare all'amore e praticare la compassione"?

JUST SAY NO TO FAMILY VALUES

On a day when
you're walking
down the street
and you see
a hearse
with a coffin,
followed by
a flower car
and limos,
you know the day
is auspicious,
your plans are going to be
successful;
but on a day when
you see a bride and groom
and wedding party,
watch out,
be careful,
it might be a bad sign.

Just say no
to family values,
and don't quit
your day job.

Drugs
are sacred
substances,
and some drugs
are very sacred substances,
please praise them
for somewhat liberating
the mind.

Tobacco
is a sacred substance
to some,
and even though you've
stopped smoking,
show a little respect.

Alcohol
is totally great,
let us celebrate
the glorious qualities
of booze,
and I had
a good time
being with you.

Just
do it,
just do it
just don't
not do it,
do it.

Christian
Fundamentalists,
and fundamentalists
in general,
are viruses,
and they're killing us,
multiplying
and mutating,
and they destroying us,
now, you know,
you got to give
strong medicine
to combat
a virus.

Who's buying?
good acid,
I'm flying,
slipping
and sliding,
slurping
and slamming,

I'm sinking,
dipping
and dripping,
and squirting
inside you;
never
fast forward
a cum shot;
milk, milk,
lemonade,
round the corner
where the chocolate's made;
I love to see
your face
when you're suffering.

Do it
with anybody
you want,
whatever
you want,
for as long as you want,
any place,
any place,
when it's possible,
and try to be
safe;
in a situation where
you must abandon
yourself
completely
beyond all concepts.

Just say no
to family
values.

We don't have to say No
to family values,
cause we never
think about them;
just
do it,
just make
love
and compassion.

John Giorno, 1995

 
PHOTO SPENCER TUNICK"Non è pornografico, non è volgare. E' creare nuove forme con i nostri corpi" Spencer Tunick

Ottenuto il Bachelor of Arts nel 1988, il newyorkese Spencer Tunick cominciò a fotografare nudi nelle vie di New York nel 1992, ed è molto conosciuto proprio per le sue fotografie che ritraggono folti gruppi di persone nude in contesti urbani o paesaggistici insoliti, non solo negli Stati Uniti, ma anche in tutto il mondo.
Le sue non sono semplici fotografie in posa, ma complesse installazioni con le quale Tunick, loro regista, vuole celebrare la bellezza artistica della pura nudità, al di là della taglia o del colore della pelle, quando ci si è spogliati di abiti e di pudore, e magari ci si è sdraiati sull’asfalto della nostra città.

"Generalmente lavoro alle prime ore dell'alba perché le persone sono più distese, meno violente, e poi non amo la luce piena del giorno, preferisco colori come il blu inchiostro o il grigio. Per le mie foto non capita mai che selezioni le persone in base a criteri di bellezza fisica, ritraggo solo chi me lo chiede espressamente"
E così l’artista invade gli spazi metropolitani e naturali componendo strade, architetture e paesaggi di nudo umano. Nelle sue foto centinaia di corpi nudi, si costituiscono come parte del paesaggio. I nudi di Spencer Tunick non hanno niente a che fare con le rivendicazioni di ideali comunitari d'amore libero su modello Woodstockiano: la sua finalità è quella di restituire al corpo umano, nella sua imperfezione, la sua inalienabile dignità.

Le immagini scattate da Spencer Tunick raccontano di centinaia di centinaia di corpi che denudati perdono le loro differenze. Simmetrico, patinato, perfetto, è questo il corpo che la gran parte dei media c'impongono. Su questo stereotipo culturale riflette il lavoro di Tunick, immagini Dove i corpi perdono, le loro caratteristiche corporali per acquisire quelle di forme astratte in un paesaggio metropolitano. Ma c’è anche qualcosa di più. Le sue foto descrivono paesaggi epici, antichissimi o forse di un futuro in cui sarà accaduto qualcosa di bellissimo o di terribile, ma comunque irreparabile. Da cui non si torna indietro.

Nel suo sito Tunick raccoglie le immagini archiviandole come "temporary site-related installations" e non si dilunga sulla "filosofia" che guida le sue composizioni: in poche righe riassume il suo punto di vista mentre, al contrario, racconta più dettagliatamente la battaglia legale affrontata per far valere il proprio diritto di esprimersi in base al primo emendamento della costituzione americana. Dopo anni di attività ha proseliti in tutto il mondo, ma ancora nessuno è riuscito a oscurare la sua fama e il formidabile attivismo. In cambio, il suoi modellli non chiedono assolutamente nulla: sono "volontari" chiamati attraverso la rete o con un passaparola in grado di solcare gli oceani pronti a posare in quel determinato luogo e a quell'ora, naturalmente senza nemmeno un braccialetto. Diventare "tunickomani" è facilissimo: è sufficiente indicare i propri dati nel form "sign to pose" ("firma per posare") e indicare la tonalità di colore della propria pelle. Quindi inviare. Spencer non richiede la "bella presenza", ma l'adesione al suo progetto che oggi si chiama "Naked World".

(NicoleDiver su thepillowbook)


PHOTO SPENCER TUNICK

PHOTO SPENCER TUNICK

PHOTO SPENCER TUNICK

Vai alla fotogallery. Clicca qui! Esilarante, ironica, audace o impudente e triviale?
Una nuova frontiera dell’arte figurativa o un’offesa al pubblico decoro?
Oppure semplicemente un'altra storia di ordinaria follia?
Non solo ai posteri l’ardua sentenza, se consideriamo che Spencer Tunick alla fine è uscito vincitore da tutte le battaglie legali e che le sue fotografie si sono guadagnate un posto in prima fila nei musei d’arte contemporanea. Nudi e crudi, come mamma ci ha fatto. Di tutte le taglie, di ogni colore. E' così che ci vuole Spencer Tunick, spogliati di abiti e di pudore magari sdraiati sull’asfalto delle nostre città. Ma il fine è nobile e sublime: la celebrazione della "bellezza artistica della pura nudità”.
Vai alla fotogallery. Clicca qui! Una proposta troppo indecente? Dipende.
Certamente sì per Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York, che fece arrestare Tunick nel 1999 per aver fatto distendere 50 corpi nudi a Times Square. Assolutamente no per il governo del Canada che lo ha invitato come ospite d’onore, o in Russia Dove lo stesso direttore di un grande museo ha posato senza veli, o in Australia e Spagna con le adesioni trionfali di 4500 e 7000 volontari con i glutei gioiosamente al vento.
Vai alla fotogallery. Clicca qui! E' dal 1994 che Tunick realizza scene di nudo di massa e ritratti.
E’ stato in tutti e sette i continenti, reclutando migliaia di volontari in oltre 50 città del mondo, da Montreal a San Pietroburgo, da Santiago del Cile a Parigi, da Barcellona a Basilea, da Buenos Aires a Londra, da New York a Roma.
Definisce le sue opere artistiche “installazioni di nudo su larga scala”, una forma surreale di collage umano Dove i tasselli sono i corpi spogliati e utilizzati come elementi di nuove forme.
E così l’artista invade gli spazi metropolitani e naturali componendo strade, architetture e paesaggi di nudo umano. A Roma in Piazza Navona, a New York in Times Square e Central Park, in Nevada nel deserto.
E ogni volta puntualmente fornisce materiale di disquisizione non solo a studiosi d’arte ma anche a psicologi sociali e ad ospiti di talk show. Vi è per caso venuta la voglia di partecipare al prossimo happening di nudo su larga scala? Potrebbe essere il vostro momento di gloria. Il modulo d’iscrizione è on line.

(ilaria besana su alice.it)


Spencer Tunick Performance in Times Square



Spencer Tunick in Lyon (F) - audio in French


Proprio in questo week-end Spencer Tunick sta realizzando un'altra delle sue installazioni a Città del Messico. Sarà un altro record di presenze?

UPDATE 6 maggio 2007: Leggo su Repubblica.it che nella piazza principale di Città del Messico l'ultima installazione di Spencer Tunick ha superato il record precedente stabilito a Barcellona. Ecco alcune foto  dell'evento che ha raccolto circa ventimila persone, così come sono state rimbalzate dalle agenzie di stampa:








 
Il Miracolo di Edoardo WinspeareDavvero splendide le luci, le inquadrature e le sfocature della Taranto e dei personaggi di questa tenera storia di provincia nelle riprese del bravo Paolo Carnera sotto la direzione di Edoardo Winspeare.
"Il miracolo" (2003), il terzo film di Edoardo Winspeare, è stato presentato nella Sezione principale della 60° Mostra del Cinema di Venezia. Dopo il notevole successo di critica del suo film precedente ("Sangue vivo" del 2000)...
...quello del regista nato a Klagenfurt, ma che da sempre vive nel Salento, era sicuramente uno dei film più attesi. Winspeare conferma le sue doti di regista di talento e di profondo conoscitore della terra in cui vive e dalla quale trae ispirazioni e sentimento. Sensazioni tradotte con capacità nelle aeree visioni di insieme dei paesaggi e dei personaggi che si fondono in attraenti panorami. Sensazioni espresse nel gusto del dettaglio o nelle morbide carrellate che aprono scenari e si allargano fino a scoppiare in grandangoli chiarissimi e luminosissimi, così atipici nel cinema di casa nostra. Il tutto per riprendere una tipica città del nostro Meridione. Una città tanto sensuale nel suo cuore pulsante quanto brutale ai suoi confini epidermici, periferie di metano ed acciaio Dove fumeggiano ostili le ciminiere. Stiamo parlando di Taranto, Dove Winspeare ambienta la sua storia. Una storia, in verità, piccola piccola, che racconta di un miracolo che solo in alcuni luoghi del mondo può accadere.

Daniele Sisti su FilmUp
Bambini sempre piu' saggi e adulti sempre piu' fragili in una Taranto insolita, valorizzata dalla suggestiva fotografia di Paolo Carnera. Edoardo Winspeare, anglo-tedesco di origini ma salentino di adozione, racconta, al ritmo di una pizzica contaminata da sonorita' orientali, l'incontro di due solitudini: Tonio, un bambino che dopo un incidente sente di avere acquisito il dono di guarire chi sta male e Cinzia, la problematica ragazza che lo ha investito con l'automobile. Il regista adotta uno stile asciutto, non si perde in fronzoli, evita facili leziosita' e costruisce personaggi in cui e' facile credere. Ad alcuni momenti riusciti (il rapporto tra il giovane protagonista e il suo buffo compagno di scuola, la caratterizzazione dei genitori) se ne alternano altri meno efficaci (il determinante primo incontro tra Tonio e Cinzia, che finisce per suonare un po' falso, la critica scontata alla televisione spazzatura) e dopo una prima parte compatta e coinvolgente il film sembra incartarsi, fino a un finale che non convince.

Luca Baroncini su CentralDoCinema
[Visto ieri con Alessia, Angela, Cecco, Francesca, Paolino...]
 
PHOTO DAVID LACHAPELLELa superficialità e la chiassosità del fotografo americano David LaChapelle sono la sua vera forza. E' sempre così dichiaratamente e volutamente provocatorio che non gli si può dire nulla: lui, quando comunica, non parla, ma URLA. Ultimo vero baluardo della culura pop degli anni 70, è diventato uno dei più acclamati fotografi dello show-business. Nel suo sito però, soprattuto tra i portrait, ci sono fotografie che sono veri e propri capolavori di espressività, molte delle quali gli hanno guadagnato, oltre al successo commerciale, anche fama nel mondo della fotografia d'arte.


The Last Supper

LaChapelle è un fotografo, anzi è il fotografo, ha fotografato TUTTI. Se vi viene in mente il nome di una star dello show business, una QUALUNQUE, una che conti almeno qualcosa, state certi che lui l’ha fotografata, perchè se conti qualcosa nella torbida valle di Hollywood non puoi non avere una foto di David. E per David si intende proprio lui LaChapelle. Roba che Courtney Love dovrebbe baciare la terra su cui lui cammina e ringraziarlo a vita per le foto che le ha fatto a quella sciamannata con il mascara sempre sbavato, gli NSYNC dovrebbero genuflettersi per quella foto in cui hanno per la prima e probabilmente l’ultima volta nella loro vita uno spessore artistico. Perfino Tori Spelling sembra possedere un qualche tipo di fascino e di mistero.


Madonna

David, il cappellaio matto, il prestigiatore delle star, riesce a far apparire tutti stupendi e speciali in qualche modo. E’ riuscito a far sembrare le tette di Pamela Anderson giustificabili dal punto di vista artistico. E il bello è che lui non trasforma la persona che ha davanti, non la cambia, ma solo la ESPANDE, prende il lato migliore e lo esagera fino a farlo sembrare irresistibile per chiunque guardi, per lui, come per mia nonna quando cucina, niente è mai troppo.


Paris Hilton

Quando ero piccola mi raccontavano una favola su di un anello che se lo indossavi faceva innamorare tutti di te, ecco, secondo me David possiede quell’anello, ma invece di tenerselo solo per se, lo presta alla persona che deve fotografare, ma per poco, giusto il tempo dello scatto, poi possono continuare a fare la loto, banale, noiosa vita da star. I colori sono ovviamente saturi, si sparano diretti nel cervello, alla base del sistema nervoso di chi guarda. Se è eccessivo è lui. Se è colorato è lui. Se vi sembra pornografia di bassa lega e coi colori sbagliati è lui. Se vi sembra che qualcuno stia urlando mentre guardate una foto è sempre lui.


Angelina Jolie

L’espressione GENIO sembra essere stata coniata apposta per lui, ma nel senso di diavoletto, di genietto ‘platonico’ e malizioso, un Daemon, un Satiro che scorrazza nel dorato mondo di Hollywood, un Puck contemporaneo che sparge la polvere magica dello scandalo sugli occhi della gente.


Britney Spears

Ha girato video musicali, ha girato spot pubblicitari che voi vedete ogni giorno quando accendete la televisione, ha fatto le copertine di innumerevoli dischi che voi probabilmente possedete (Maria Carey spero di no), ha firmato le copertine di praticamente qualsiasi settimanale sia uscito negli ultimi dieci anni in ogni parte del mondo. Gael Garcia Bernal non sapeva di essere Gael Garcia Bernal prima di essere fotografato da LaChapelle, o pensavate che fosse tutto merito di quella motocicletta scarcassata che guidava? LaChapelle è intorno a voi e voi neanche ve ne accorgete, e ne avrete ancora e ancora finchè LaChapelle avrà vita.

Se ancora non vi basta, qualsiasi cosa si sia anche accidentalmente frapposta tra l’obbiettivo fotografico di quest’uomo e la realtà negli ultimi dieci anni è probabilmente arte. LaChapelle è America, è come uno di quei mega barattoli di maionese o di burro di arachidi che qui in Italia non esistono. LaChapelle è un Big Mac, ipercalorico, coloratissimo, grande, eccessivo, immangiabile.


Definire fotografia l'opera di LaChapelle è sicuramente una semplificazione, le sue sono immagini Dove realtà, sogno e dissacrante surrealismo, si fondono in una rappresentazione che lascia sconcertati e affascinati.
Nasce a Farmington Connecticut nel 1963, nel 1978 si trasferisce a New York cominciando la sua avventura artistica con Andy Warhol, per la rivista INTERVIEW fino al 1987, anno della scomparsa del grande artista. A 24 anni David è già una grande firma del fotogiornalismo con servizi per VOGUE, VANITY FAIR, THE FACE (fra le più importanti riviste di moda e costume). Nel 1996 vince il premio come fotografo dell'anno, inoltre il suo primo libro fotografico "LaChapelle Land" va a ruba, nel 1999 il secondo libro di immagini "Hotel LaChapelle" si conferma un best seller.


Pubblicità Motorola

Il genio creativo, esplode in tutta la sua virulenza espressiva, quando LaChapelle esce dagli angusti limiti del genere ritrattistico o giornalistico. Le sue creazioni falsamente astratte, anzi di un simbolismo deflagrante e volutamente blasfemo, sono il prodotto di una ricerca tanto lucida quanto visionaria. Si tratta di immagini pensate e costruite con senso del grottesco e dell'impossibile, in una miscela esplosiva di colori violenti, ironia, sensualità, oltraggio. Il tutto però non è gratuito, ma vuole essere una satira della vacuità, dell'edonismo, del vuoto apparire privo di contenuti del nostro tempo, ma senza drammatizzazioni e anzi con una visione divertita e disincantata. Quella di David LaChapelle è poi una ricerca di sperimentazione pura, essendo le sue opere frutto di elaborazione e fotoritocco digitale, dello stesso autore.



“Cerco il brutto nel bello e il bello nel kitsch. I miei scenari preferiti sono i McDonald's e le auto da poco, all'inizio oziavo in questi posti, ora li fotografo. Mi allontano deliberatamente dalla realtà di tutti i giorni, la vita è troppo triste. La comicità è una forma di bellezza: guardate John Belushi, lui era bello perché era buffo”

LaChapelle in fondo con la sua arte cerca il grottesco del quotidiano e il bello Dove proprio non c'è.

Moby - "Natural blues"

(NicoleDiver su thepillowbook)



Profile of David LaChapelle
 
di davide del 07/05/2007 in Notizie e Stili di vita,  2209 link
DODI

Questa mattina all’alba, è morto il compagno Domenico Maracino, che tutti conosciamo come DODI. Esprimiamo il nostro dolore e la nostra vicinanza ai familiari e agli amici, al Circolo Iqbal Masih, alla Lista Reno e ai compagni tutti

“Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi. Ci sono altri che lottano un anno e sono più bravi. Ci sono quelli che lottano molti anni e sono ancora più bravi.Però ci sono quelli che lottano tutta la vita, essi sono gli imprescindibili” (B. Brecht)

Questa mattina all’alba, è morto il compagno Domenico Maracino, che tutti conosciamo come DODI.

La sua lunga malattia non ci ha preparato, nè può ora consolarci della sua scomparsa: Esprimiamo il nostro dolore e la nostra vicinanza ai familiari e agli amici, al Circolo Iqbal Masih, alla Lista Reno e ai compagni tutti.

Una vita, la sua, dal coraggio, dalla coerenza, dalla determinazione unica, nelle lotte, nelle discussioni, nella sua straripante umanità.

Tra i suoi tanti impegni ci fa piacere ricordarlo come fondatore dell’associazione inquilini e assegnatari della RdB/CUB di Bologna.

Ci mancherai perché con te “ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati” (B. Brecht).

Il funerale si terrà mercoledì 9 maggio.
Alle ore 13,30 Dodi sarà accompagnato al circolo Iqbal Masih in Via della Barca 24/3.
Da lì alle ore 14 ci muoveremo per accompagnarlo fino al Pantheon del cimitero della Certosa Dove rimarrà fino alle ore 17.

I compagni e le compagne delle CUB di Bologna

un garofano rosso per dodi
Inserito da Lippo il 8 maggio, 2007 - 08:56

l'invito degli amici di dodi a tutti i compagni che si recheranno al funerale è quello di portare un garofano rosso

dalla parte dei più deboli
Inserito da Lippo il 8 maggio, 2007 - 09:23

Così lo saluta il sito dell'Iqbal (http://iqbal.bo.arci.it), che ne riporta un vecchio intervento in occasione del passaggio a Bologna della Global March against Child Labour, nel 1998:

Un saluto a tutti i presenti e grazie per avermi dato l'opportunità di questo intervento.

Voglio dire che non esiste crimine peggiore che negare la vita.

Viviamo in un mondo capitalista, o meglio sarebbe dire in due mondi capitalisti:

il primo e' quello sviluppato, delle società consumistiche , che ha potuto accumulare tante ricchezze depredando e saccheggiando per secoli il pianeta e soprattutto la classe operaia;

il secondo e' quello sottosviluppato, costituito dalle vecchie colonie che per secoli sono state sfruttate, e a cui si nega oggi lo sviluppo.

Mai come oggi sono necessari questi momenti di incontro e di riflessione.

Infatti, gli architetti della nuova società globale, i governi del primo mondo, stanno preparando il peggio per i popoli del secondo (il cosiddetto terzo mondo).

Oramai siamo alle soglie del XXI secolo: già da tempo il mondo si sta sviluppando verso un modello in cui la politica degli stati più forti e delle multinazionali, dei settori ricchissimi, grava su una gran massa di miseria e popolazione che possiamo definire superflua, perché priva di ogni diritto.

Questa popolazione superflua non contribuisce infatti alla produzione dei profitti, che e' l'unico valore (umano) riconosciuto oggi.

Le conseguenze della globalizzazione in rapporto al lavoro, all'educazione, alla democrazia, alle culture nazionali, dicevo, tali conseguenze non potranno che essere drammatiche e spaventose.

In questi due mondi, quelli a pagare di più sono i bambini.

Secondo i dati dell'UNICEF, il 40% dei bambini a New York vive al di sotto della soglia di povertà, senza alcuna speranza di sfuggire alla miseria e all'indigenza. la televisione, la droga , l'alcolismo, sono le armi con cui tenere sotto controllo questa realtà.

Ci giungono notizie di bambini che uccidono a scuola, che compiono atti di delinquenza e di vandalismo, vere e proprie stragi,... nel "primo" mondo. Nel mondo consumistico. Nell'altro, l'infanzia e' negata.

In Asia, in Africa, in America Latina sono oltre 14.000.000 i bambini da 1 a 5 anni, che muoiono ogni anno.

Quante bombe come quelle di Hiroshima e Nagasaki ? Credo oltre 100.

E dei bambini che si salvano? In che condizioni si trovano, come si nutrono?

Che sviluppo mentale e psicologico possono avere, dato che e' scientificamente provato che senza l'alimentazione adeguata si ha un sottosviluppo anche dell'intelligenza, delle capacita' intellettuali? Quale sarà la loro speranza di vita e di futuro dopo i 5 anni? Come faranno a vivere, quale sarà il loro destino?

Di queste terribili realtà non si parla se non in caso di episodi eclatanti e sempre molto raramente.

Si farfugliano solo ipocrisie sui diritti umani.

Un caso e' stato l'assassinio di Iqbal Masih : il 16 aprile e' ricorso il terzo anniversario della sua uccisione. Abbiamo intitolato a Iqbal Masih, tre anni fa, il circolo culturale che sono qui a rappresentare, con la convinzione che il suo esempio e la sua tragica storia avrebbero contribuito a far prendere coscienza della condizione di schiavitù a cui devono sottostare milioni di bambine e bambini.

Non voglio abusare della vostra pazienza, e quindi mi limiterò solo a nominare le rapine di organi ai bambini poveri per quelli ricchi; le mine antiuomo che per la stragrande maggioranza sono a forma di giocattolo (tutti sappiamo la devastazione che portano); l'infanzia rubata a tutti i bambini vittime delle guerre sia armate (massacri in Algeria, profughi in Africa, spedizioni punitive serbe nel Kossovo), che della guerra diplomatica combattuta con le sanzioni economiche dell'embargo (Iraq e Cuba); lo sfruttamento della prostituzione minorile; non voglio parlare, qui, dei milioni di dollari annui spesi per i bilanci militari.

Voglio pero' ancora dire che, nonostante non si abbiano statistiche complete sul lavoro minorile (perché governi e datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l'esistenza) anche in Italia si stima in 300.000 il numero dei bambini che lavorano.

Nel mondo intero l'UNICEF dice che sono 250.000.000 i bambini che lavorano. E' di pochi giorni fa l'iniziativa, promossa dall'UNICEF , in tutta Italia contro lo sfruttamento minorile.

Voglio qui ricordare che e' una vergogna, una cosa ripugnante, alle soglie del XXI secolo, che milioni di bambini muoiano o siano sfruttati nel lavoro. Dico che, fintanto che il profitto di tutta la nostra tecnologia cosi' avanzata entrerà nelle tasche di pochi, il divario fra chi sta bene e chi sta male aumenterà. Se non vogliamo sentirci complici di questo sfruttamento, di questo crimine, dobbiamo sin da ora chiedere ai nostri governi di azzerare i debiti dei paesi poveri. Ripensare ad un modo di produzione che sia per ciò che serve e non per il profitto di pochi. Dobbiamo esportare la nostra conoscenza la nostra tecnologia. Non possiamo pensare di sopire la nostra coscienza con gesti di carità. Dobbiamo farci carico in prima persona di questa enorme ingiustizia.

Il nostro compito e' difficile e complesso ma, se vogliamo sentirci parte di tutta l'umanità, penso, come sono certo pensate voi, che possiamo e dobbiamo adempierlo. Dobbiamo combattere questa battaglia se vogliamo sentirci degni dell'essere umani. Se vogliamo parlare di futuro per l'umanità, dobbiamo lottare in tutti i modi possibili prima di tutto perché' ad ogni bambina e bambino a questo mondo non sia più' negato il diritto al gioco allo studio alla salute all'educazione e alla possibilità di partecipare in prima persona ad una società democratica.

Finche' anche ad un solo bambino sarà negata la libertà e il diritto ad una vita dignitosa e felice, l'intera umanità sarà meno libera.

Per avermi ascoltato, grazie.

Domenico Maracino

Questa mattina allalba, morto il compagno Domenico Maracino, che tutti conosciamo come DODI.Esprimiamo il nostro dolore e la nostra vicinanza ai familiari e agli amici, al Circolo Iqbal Masih, alla Lista Reno e ai compagni tutti

Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi. Ci sono altri che lottano un anno e sono pi bravi. Ci sono quelli che lottano molti anni e sono ancora pi bravi.Per ci sono quelli che lottano tutta la vita, essi sono gli imprescindibili (B. Brecht)

Questa mattina allalba, morto il compagno Domenico Maracino, che tutti conosciamo come DODI.

La sua lunga malattia non ci ha preparato, n pu ora consolarci della sua scomparsa: Esprimiamo il nostro dolore e la nostra vicinanza ai familiari e agli amici, al Circolo Iqbal Masih, alla Lista Reno e ai compagni tutti.

Una vita, la sua, dal coraggio, dalla coerenza, dalla determinazione unica, nelle lotte, nelle discussioni, nella sua straripante umanit.

Tra i suoi tanti impegni ci fa piacere ricordarlo come fondatore dellassociazione inquilini e assegnatari della RdB/CUB di Bologna.

Ci mancherai perch con te ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati (B. Brecht).

Il funerale si terr mercoled 9 maggio.
Alle ore 13,30 Dodi sar accompagnato al circolo Iqbal Masih in Via della Barca 24/3.
Da l alle ore 14 ci muoveremo per accompagnarlo fino al Pantheon del cimitero della Certosa Dove rimarr fino alle ore 17.

I compagni e le compagne delle CUB di Bologna


un garofano rosso per dodi
Inserito da Lippo il 8 maggio, 2007 - 08:56

l'invito degli amici di dodi a tutti i compagni che si recheranno al funerale quello di portare un garofano rosso


dalla parte dei pi deboli
Inserito da Lippo il 8 maggio, 2007 - 09:23

Cos lo saluta il sito dell'Iqbal (http://iqbal.bo.arci.it), che ne riporta un vecchio intervento in occasione del passaggio a Bologna della Global March against Child Labour, nel 1998:

Un saluto a tutti i presenti e grazie per avermi dato l'opportunit di questo intervento.

Voglio dire che non esiste crimine peggiore che negare la vita.

Viviamo in un mondo capitalista, o meglio sarebbe dire in due mondi capitalisti:

il primo e' quello sviluppato, delle societ consumistiche , che ha potuto accumulare tante ricchezze depredando e saccheggiando per secoli il pianeta e soprattutto la classe operaia;

il secondo e' quello sottosviluppato, costituito dalle vecchie colonie che per secoli sono state sfruttate, e a cui si nega oggi lo sviluppo.

Mai come oggi sono necessari questi momenti di incontro e di riflessione.

Infatti, gli architetti della nuova societ globale, i governi del primo mondo, stanno preparando il peggio per i popoli del secondo (il cosiddetto terzo mondo).

Oramai siamo alle soglie del XXI secolo: gi da tempo il mondo si sta sviluppando verso un modello in cui la politica degli stati pi forti e delle multinazionali, dei settori ricchissimi, grava su una gran massa di miseria e popolazione che possiamo definire superflua, perch priva di ogni diritto.

Questa popolazione superflua non contribuisce infatti alla produzione dei profitti, che e' l'unico valore (umano) riconosciuto oggi.

Le conseguenze della globalizzazione in rapporto al lavoro, all'educazione, alla democrazia, alle culture nazionali, dicevo, tali conseguenze non potranno che essere drammatiche e spaventose.

In questi due mondi, quelli a pagare di pi sono i bambini.

Secondo i dati dell'UNICEF, il 40% dei bambini a New York vive al di sotto della soglia di povert, senza alcuna speranza di sfuggire alla miseria e all'indigenza. la televisione, la droga , l'alcolismo, sono le armi con cui tenere sotto controllo questa realt.

Ci giungono notizie di bambini che uccidono a scuola, che compiono atti di delinquenza e di vandalismo, vere e proprie stragi,... nel "primo" mondo. Nel mondo consumistico. Nell'altro, l'infanzia e' negata.

In Asia, in Africa, in America Latina sono oltre 14.000.000 i bambini da 1 a 5 anni, che muoiono ogni anno.

Quante bombe come quelle di Hiroshima e Nagasaki ? Credo oltre 100.

E dei bambini che si salvano? In che condizioni si trovano, come si nutrono?

Che sviluppo mentale e psicologico possono avere, dato che e' scientificamente provato che senza l'alimentazione adeguata si ha un sottosviluppo anche dell'intelligenza, delle capacita' intellettuali? Quale sar la loro speranza di vita e di futuro dopo i 5 anni? Come faranno a vivere, quale sar il loro destino?

Di queste terribili realt non si parla se non in caso di episodi eclatanti e sempre molto raramente.

Si farfugliano solo ipocrisie sui diritti umani.

Un caso e' stato l'assassinio di Iqbal Masih : il 16 aprile e' ricorso il terzo anniversario della sua uccisione. Abbiamo intitolato a Iqbal Masih, tre anni fa, il circolo culturale che sono qui a rappresentare, con la convinzione che il suo esempio e la sua tragica storia avrebbero contribuito a far prendere coscienza della condizione di schiavit a cui devono sottostare milioni di bambine e bambini.

Non voglio abusare della vostra pazienza, e quindi mi limiter solo a nominare le rapine di organi ai bambini poveri per quelli ricchi; le mine antiuomo che per la stragrande maggioranza sono a forma di giocattolo (tutti sappiamo la devastazione che portano); l'infanzia rubata a tutti i bambini vittime delle guerre sia armate (massacri in Algeria, profughi in Africa, spedizioni punitive serbe nel Kossovo), che della guerra diplomatica combattuta con le sanzioni economiche dell'embargo (Iraq e Cuba); lo sfruttamento della prostituzione minorile; non voglio parlare, qui, dei milioni di dollari annui spesi per i bilanci militari.

Voglio pero' ancora dire che, nonostante non si abbiano statistiche complete sul lavoro minorile (perch governi e datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l'esistenza) anche in Italia si stima in 300.000 il numero dei bambini che lavorano.

Nel mondo intero l'UNICEF dice che sono 250.000.000 i bambini che lavorano. E' di pochi giorni fa l'iniziativa, promossa dall'UNICEF , in tutta Italia contro lo sfruttamento minorile.

Voglio qui ricordare che e' una vergogna, una cosa ripugnante, alle soglie del XXI secolo, che milioni di bambini muoiano o siano sfruttati nel lavoro. Dico che, fintanto che il profitto di tutta la nostra tecnologia cosi' avanzata entrer nelle tasche di pochi, il divario fra chi sta bene e chi sta male aumenter. Se non vogliamo sentirci complici di questo sfruttamento, di questo crimine, dobbiamo sin da ora chiedere ai nostri governi di azzerare i debiti dei paesi poveri. Ripensare ad un modo di produzione che sia per ci che serve e non per il profitto di pochi. Dobbiamo esportare la nostra conoscenza la nostra tecnologia. Non possiamo pensare di sopire la nostra coscienza con gesti di carit. Dobbiamo farci carico in prima persona di questa enorme ingiustizia.

Il nostro compito e' difficile e complesso ma, se vogliamo sentirci parte di tutta l'umanit, penso, come sono certo pensate voi, che possiamo e dobbiamo adempierlo. Dobbiamo combattere questa battaglia se vogliamo sentirci degni dell'essere umani. Se vogliamo parlare di futuro per l'umanit, dobbiamo lottare in tutti i modi possibili prima di tutto perch' ad ogni bambina e bambino a questo mondo non sia pi' negato il diritto al gioco allo studio alla salute all'educazione e alla possibilit di partecipare in prima persona ad una societ democratica.

Finche' anche ad un solo bambino sar negata la libert e il diritto ad una vita dignitosa e felice, l'intera umanit sar meno libera.

Per avermi ascoltato, grazie.

Domenico Maracino

 
Leggo da diariobignardo del nuovo spot di Chanel, e mi lascia perplesso per via dei personaggi (Bettina Rehims che cita Jean-Luc Godard) e dei nomi (Chanel) coinvolti, alla luce del mediocre risultato artistico ottenuto.

Dal 16 marzo è on air il nuovo spot Chanel per la promozione di un rossetto.
La regista Bettina Rheims ha voluto omaggiare lo stupendo film di Jean-Luc Godard “Il disprezzo” (1963), che aveva come protagonista Brigitte Bardot, oggi re-interpretata dalla modella svizzera Julie Ordon.
La scena “ricalcata” è quella d’apertura del film Dove BB chiede, piccolina piccolina, al suo uomo (Michel Piccoli) se ama la sua bocca, le sue gambe...
E a seguire ecco proprio la scena di apertura originale da Le Mépris di Godard (audio in tedesco), Dove la splendida fotografia di Raoul Coutard è molto più intima e toccante rispetto alla ruffiana sparata di "fanaloni" utilizzata per lo spot in stile molto fashion realizzato per Chanel:

Il direttore artistico di Chanel, Jacques Helleu, ha scelto proprio la Rheims perchè una delle più apprezzate fotografe di ritratto femminile, nonchè regista: sarà anche, come richiesto, riuscita a cogliere la femminilità e la sensualità senza alcuna volgarità, però lo ha fatto semplicemente citando senza pathos quella splendida scena del "disprezzo" di Jean-Luc Godard. Anche la musica è la stessa del film, composta da Georges Delerue.
Peccato, di Bettina Rheims avevo parlato soltanto bene sin'ora...

AGGIORNAMENTO: Chanel aveva già realizzato uno spot, questa volta filmograficamente stupefacente, citando un famoso film anche nella scorsa stagione. Allora era toccato a Nicole Kidman interpretare se stessa nella versione brandizzata da 30 secondi del Moulin Rouge! di Baz Luhrmann del 2001.
 
Ornette ColemanOrnette Coleman, indiscutibilmente il maggior innovatore del free jazz nell'america degli anni 60, ha vinto il Premio Pulitzer per la Musica con la sue registrazione Sound Grammar, un documento del concerto registrato live in Germania nel 2005.
La musica di Coleman non era fra le 140 nomination musicali, ma i giurati del Pulitzer hanno esercitato il loro diritto di dare uno strappo alle regole tradizionali, acquistare il CD, e nominare il 77enne maestro del jazz per il premio. Questa è la prima volta che una registrazione e non una composizione vince il premio Pulitzer per la musica, e per di più musica puramente improvvisata.
Photograph © Lee Friedlander for The New York Times

This is a portrait of composer and muscian Ornette Colemen who just won the Pulitzer Prize for composition. Here is the mention from The New York Times (16 April 07): "Mr. Coleman, the 77-year-old jazz saxophonist and composer, won for 'Sound Grammar,' a live album by his most recent quartet, recorded in 2005. Elastic and bracing, with two acoustic basses and much collective improvisation, the music harks back to the 1960s records that made him famous. 'I’m tearing and I’m surprised and happy — and I’m glad I’m an American,' he said. 'And I’m glad to be a human being who’s a part of making American qualities more eternal.'" More from The Times and npr.

This new album is really terrific - a live recording from 2005. But Coleman has been making wild, frenetic, and soulful music since the late 1950s and is is truly wonderful to see him, a true innovator, recognized for his contributions. You can find a nice essay on Coleman (a bit dated but still worth reading) by the great jazz critic Francis Davis reprinted here.

UPDATE 27 Aprile 2007: anche se non credo in questi premi "ad honorem", la grammatica dei suoni di Ornette Coleman è un disco davvero bellissimo! Ecco un estratto dalla recensione di Emiliano Neri letta su allaboutjazz.it:

Sound Grammar è un disco per cui ci si può sprecare in complimenti, per cui ci si può rilassare e rallegrare. E questo perché la nuova registrazione riprende il filo tutt’altro che infeltrito della poetica ornettiana, là Dove si era smesso di tesserlo; perché la nuova formazione, rodata da un numero ormai cospicuo di esibizioni live, funziona alla perfezione, in particolar modo nell’occasione di questo concerto in Germania dello scorso anno; perché alcune delle nuove composizioni hanno un carattere talmente deciso da proporsi come nuovi classici e temi di studio; e, soprattutto, perché Ornette Coleman torna a far sentire la propria voce immutata per carisma e bellezza, e le proprie idee fedelmente trasfigurate se non in qualcosa di nuovo, in qualcosa che vale sicuramente la pena di definire ‘evento’.
 
Manifestazione No CPT Non stiamo a discutere la indicibile vergogna dei Centri di Permanenza Temporanea, veri e propri lager della porta accanto (leggi l’articolo "La vergogna dei CPT, i nuovi lager italiani" scritto da Valerio Evangelisti per Carmilla Online e trovato tramite Antonella Beccaria), ma piuttosto la mancanza di coordinazione e dialogo fra la sinistra (quella vera, quella che ora vogliono distingure in "radicale") e quella specie di grande centro in cui si è trasformata la reggenza governativa di monsier Romano Prodi.
Una sacrosanta manifestazione, che avrebbe semplicemente voluto portare alla ribalta ciò che accade all'interno dei CPT e di tutte le struttura analoghe presenti non solo in Italia, assume fin troppo facilmente posizioni che vanno al di là della "imbarazzata" linea di governo. Ma questa volta, ad una settimana dal misfatto dei ministri a Vicenza, e della conseguente caduta presidenziale, l'intera compagine governativa non si presenta, e la sinistra radicale dei nomi noti della cultura e dello spettacolo appoggia a parole, ma diserta nei fatti la manifestazione. Tanto, chissenefrega, quelli dentro i CPT mica votano o comprano dischi...


BOLOGNA, 3 MARZO 2007 - PHOTO DAVIDE GAZZOTTI

Imperdibile la parata per le strade di Bologna di una acerba gioventù (10000 per gli organizzatori, molti meno purtroppo in realtà) che è partita da un centro cittadino tutto indaffarato nell'immancabile shopping del sabato pomeriggio. Da analizzare separatamente invece, la pressochè totale mancanza di cittadini di origine straniera alla manifestazione.
I pochissimi soliti noti(?) lanciasassi non hanno poi evitato di aizzare all'assalto finale al muro vietato del CPT di via Mattei. Peccato per i 5 feriti e i 7 più facinorosi fermati dalla polizia, a cui non è riuscito di conquistare la ribalta nè della prima pagina di Repubblica.it nè di Corriere.it fra sabato e domenica. D'altra parte era il week-end di Sanremo! E d'altra parte, monsier Prodi, mentre quei quattro scalmanati tiravano sassi per una giusta causa, lo hanno visto sfilare fra le vetrine della zona più esclusiva del centro di Bologna, contorniato dal suo ormai enorme stuolo di accompagnatori, magari anche lui in preda al tipico shopping compulsivo da annoiato sabato pomeriggio centraiolo...

Proprio in concomitanza con la tanto sbandierata demagogica commemorazione del movimento del 77 (e delle sue vittime), sembra in realtà che sia cambiata un'epoca nella sinistra in questi 30 anni... ...ma se il sasso che lanci finisce in questa indifferenza pressochè totale, che senso ha continuare a tirarlo? Cosa si Dovebbe fare invece? Bastasse urlare dai blog...

Leggi la notizia su l'Unità >>
 
di davide del 12/03/2007 in Fotografia / Pubblicità,  2086 link
Pare proprio che il 2007 sia l'anno delle luci frontali, piatte e fredde, e, almeno nelle intenzioni, sexy. Dopo Steven Klein per Dolce e Gabbana, è la campagna donna di Sisley realizzata dall'eclettico Terry Richardson a farmi rabbrividire appena salgo in macchina per uscire dal comune della cintura metropolitana Dove risiedo.
Tutta la città, tutte le città invero, sono tapezzate dalla ennesima foto di Richardson che passerebbe inosservata, ma questa volta è un ragno tempestato di brillanti sul volto della modella a catturare l'attenzione.

Quasi in risposta a questa piatta omologazione, meglio allora fare come Andrea Spotorno esagerandola e rendendo artificiose le solite fredde ambientazioni, a pag.274 dell'ultimo numero di D (La Repubblica delle Donne).



In particolare del cartellone di Richardson non mi piace il taglio, forse imposto dal formato 2x6. Meglio va quando raggiungo il centro, Dove i piccoli formati costringono al taglio verticale: si perde la pseudo sensualità ricercata nel taglio precedente, per guadagnarne in forza espressiva.

 
Steve McCurryNell'ambito della rinnovata verve della più nota agenzia di fotografi del mondo, la Magnum Photos, si colloca il progetto del sub-portale MagnumInMotion che pubblica interessanti produzioni audiovisive. Non potevano mancare documentari sui più imporanti fotografi della Magnum contemporanei, e, tanto per cominciare bene, segnalo il film su Steve McCurry, di cui avevo parlato in occasione della sua personale alla galleria ModenArt quest'inverno.
E' davvero interessante rivedere il lavoro di una persona come Steve, commentato dalle sue stesse parole. Il vido-essay è incentrato sul più recente progetto di Steve McCurry riguardante il Tibet e il Buddhismo più in generale: "Non sono credente, ma se Dovessi essere qualcosa, molto probabilmente sarei Buddhista".


Da non perdere anche il suo più recente libro antologico Looking east, di cui questa è la copertina:


Copertina di "Looking East" di Steve McCurry - PHOTO DAVIDE GAZZOTTI
 

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16/03/2007 - Blog Dove il food strizza l'occhio all'immagine - il cavoletto di bruxelles
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