All'epoca dei fatti, quando le Germanie erano due e un muro lungo 46 km attraversava le strade e il cuore dei tedeschi, il regista Florian Henckel von Donnersmarck era poco più che un bambino. Per questa ragione ha riempito il suo film dei dettagli che colpirono il fanciullo che era allora. L'incoscienza e la paura diffuse nella sua preziosa opera prima sono quelle di un'infanzia dotata di un eccellente spirito di osservazione.
La riflessione e l'interesse per il comportamento della popolazione, degli artisti e degli intellettuali nei confronti del regime comunista appartengono invece a uno sguardo adulto e documentato sulla materia. Ricordi personali e documenti raccolti rievocano sullo schermo gli ultimi anni di un sisTema che finirà per implodere e abbattere il Muro. [...]
Davvero un ottimo film, anche se è un peccato l'eccesso di pervasività di una morale sfacciatamente da banale filmone buonista, dove il traditore finisce sempre male, se non schiacciato da un camion.
Il 2010 è l'anno in cui la Reflex Digitale diventa fenomeno consumer di massa. Ecco perchè sempre più spesso amici e conoscenti proprio quest'anno mi fanno sempre la stessa domanda: "quale reflex digitale cosigli per iniziare?". Quasi tutti provengono dall'esperienza con fotocamere digitali compatte, e pochi da fotocamere "super-zoom". Di seguito elenco alcune reflex digitali (DSLR) sotto i 1000 Euro con ottica a corredo. Hanno tutte autofocus efficace, scatto immediato, mirino ottico con visione attraverso l'obiettivo, sensore di grandi dimensioni (formato "APS-C", poco meno delle dimensioni della pellicola formato "35mm" tradizionale) con nitidezza e sensibilità molto superiori alle fotocamere compatte, dotate di sensore di dimensioni inferiori. Lo schermo posteriore serve quasi esclusivamente a rivedere le immagini già scattate, non a inquadrarle. Forniscono tutte ottimi file codificati direttamente in formato standard JPEG, ma possono scattare anche in un formato proprietario di alta qualità (detto RAW), che rappresente l'equivalente digitale del negativo dei tempi della pellicola: è possibile "sviluppare" manualmente i file RAW mediante appositi software su PC in modo da ottenere risultati personalizzati, sempre in formato JPEG (lo standard per la visualizzazione su PC e la stampa fotografica).
che offre qualità analoghe alle più blasonate Nikon e Canon, in un corpo macchina più compatto e leggero (grazie al sensore formato "4 terzi", lievemente più piccolo di quello in formato "APS-C" delle altre DSLR sopra elencate).
Qualità: Pixel e Obbiettivi
Più o meno tutte hanno fra i 12 e 17 MegaPixel, ma non fa tanta differenza a questi livelli perchè da 10Mpix in su (di una Reflex) si è già superata la qualità di pellicola+scansione (i MPix di una compatta, essendo il sensore di dimensioni ridottissime, non sono confrontabili con quelli di una Reflex di grandi dimensioni come queste). Più differenza la fanno gli obiettivi, e quelli standard di dimensioni ridotte a corredo con le reflex citate sono ovviamente modelli base, ma sufficienti per iniziare a fare le cose seriamente.
L'obiettivo standard per le reflex digitali in formato APS-C come queste è in genere uno zoom 18-55mm (da grandangolare a piccolo tele, equivalente su pellicola al classico zoom 28-80mm) con luminosità limitata (f/3.5-5.6). A volte vengono proposti un abbinamento con uno zoom più spinto verso il tele (es. 18-135mm), oppure abbinamento con coppia di ottiche 18-55 e un teleobiettivo vero e proprio (es. 55-200m f/4.5-5,6): l'accoppiata di 2 zoom ha qualità e prestazioni superiori al singolo zoom più spinto, ma ha l'inconveniente di richiedere il cambio obiettivi.
L'obiettivo che utilizzo per il 90% degli scatti ha una focale di 17-55mm analoga a quelli degli zoom compatti di serie con le reflex di cui sopra, ma ha una luminosità doppia o tripla (f/2.8), ed è per questo che è così pesante e di grandi dimensioni.
Altra prestazione delle ottiche utile sul campo è il sisTema di riduzione vibrazioni (Canon la battezza "IS", Nikon "VR", Sony incorpora la funzione nel corpo macchina).
Conclusioni
Tutto sommato, per quanto è disponibileoggi 6 settembre 2010 nei negozi (o online), la macchina più aggiornata per cominciare a fare le cose seriamente e con il miglior rapporto prezzo/prestazioni è la Canon EOS 550D con un ottica "IS". Oppure la Nikon D90 con un ottica "VR" (qualche megapixel in meno, ma ergonomia e precisione superiori).
Il mercato
Altro marchio emergente (azienda che spinge sia con innovazioni che con strategie di marketing aggressive) è la Sony, che ha rilevato un paio d'anni fa il business delle macchine fotografiche di Minolta. Le Panasonic, Samsung e Olympus hanno solo prodotti entry level, anche ottimi (Oly e Panasonic), e/o dal marketing molto aggressivo (Samsung), mentre Pentax è in grossa crisi di identità (e di mercato), dopo l'acquisizione del settore "photo" da parte di Hoya/Tokina. Il resto del mercato è fatto da una miriade di prodotti compatti di fascia bassa, o da soluzioni esoteriche per fotoamatori super-tecnofili, dal rapporto prezzo prestazioni decisamente dubbio, e di fatto raramente utilizzate davvero dai professionisti nel campo del reportage, advertising o fashon.
Negozi fisici
I negozi fisici, rispetto a quelli online, garantiscono un livello di servizio (consulenza e assistenza) altrimenti impossibile da ottenere, al costo di davvero solo pochi euro in più.
Un negozio in centro a Bologna dove sono molto forniti e hanno un supporto specialistico dedicato alle reflex digitali è l'Immagine di Via Manzoni 6: http://www.limmaginefotocine.it/ ma ne esistono anche altri più storici o meno.
Le FAQ:
1) sono macchine "professionali" quelle consigliate?
Sono macchine posizionate nel segmento "consumer", ma che possono offrire risultati del tutto analoghi a quelli delle macchine "professionali", soprattutto sfruttando utilizzando al meglio le ottiche e scattando nel formato RAW. Ecco perchè sono tutte DSLR di successo, molto diffuse.
2) cosa ha in più una DSLR del segmento "professionale" rispetto ad una DSLR "consumer"?
- qualche pixel in più, ma non è detto in quanto 12/14 sono sufficienti per molte applicazioni professionali.
- un sensore ancora più ampio dell'APS-C, ad esempio il pieno formato della pellicola "35mm", per maggiore sensibilità e migliore resa generale, ma non è detto perchè i fotografi di sport e naturalistici preferiscono i sensori APS-C che meglio sfruttano le ottiche esistenti per inquadrare soggetti lontani.
- un mirino più preciso, più ampio e più luminoso, per inquadrature più facili anche al buio.
- un autofocus più veloce e con più punti sensibili dell'inquadratura.
- uno scatto a raffica ancora più veloce, ma i 3 fotogrammi al secondo delle macchine consigliate non sono pochi.
- una carrozzeria in lega di metallo e non in plastica, magari con guarnizioni stagne a prova di pioggia. Di contro è più ingombrante e più pesante.
- possibilità di usare doppie batterie e doppie schede di memoria per aumentare a dismisura l'autonomia in campo, ma già la durata delle batterie e delle schedeoggidisponibili sulle macchine consigliate è sufficiente per moltissimi usi.
3) Molte Reflex recenti (e tutte quelle consigliate esclusa la Olympus) possono registrare spezzoni video in HD. E' una funzione utile?
E' una funzione molto utile, ma che non sostituisce una telecamera dedicata (compatta o professionale) per registrare falcilmente molti video di alta qualità. Comunque realizzare video è molto diverso dallo scattare foto, sia in sede di ripresa, che in sede di post- produzione. E' un gadget simpatico, e permette la realizzazione di filmati di alta qualità video e ottica, grazie al parco ottiche diponibili per le reflex e all'effetto sfocata molto cinematografico possibile solo con sensori di grandi dimensioni come gli APS-C.
All'inizio degli anni sessanta l'industria italiana era alla massima espressione per tecnologia e design, solo che non lo sapeva ancora: troppo vicini erano i ricordi di una terribile guerra, di un regime totalitario e limitativo, e della conseguente miseria materiale e morale che aveva afflitto la penisola nei decenni precedenti. Forse l'Italia non sarebbe stata mai più così vicina ad americani/giapponesi/tedeschi per tecnologie di base e design. Per quanto riguarda le tecnologie, basta ricordare l'innovativo "super" calcolatore Elea 9003 del 1959, mentre, sempre dalla storia dell'azienda di Adriano Olivetti, per il design basti ricordare una piccola storia fatta per apparecchi di scrittura:
D-Copia 55, sisTema digitale multifunzione -2002
Explor@, e-cash - 2002
Copy Lab 200, sisTema multifunzione a base copy , flat bed - design: Michele De Lucchi, 2001
Gioconda, calcolatrice da tavolo - design: Michele De Lucchi, 2001
Nomad Jet, stampante mobile a getto d'inchiostro - 2001
Jet Lab 600@, sisTema multifunzione a colori a base fax - 2000
Art Jet 10, stampante a getto d'inchiostro - design: Michele De Lucchi, 1999. Vince il premio di design Compasso d'oro
Divisumma 18, calcolatrice elettronica da tavolo - design: Mario Bellini, 1973
Logos 68, calcolatrice elettronica da tavolo - design: Mario Bellini, 1973
Logos 68, calcolatrice elettronica da tavolo - design: Mario Bellini, 1973
Valentine, macchina per scrivere portatile - design: Ettore Sottsass, 1969. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York
Valentine, macchina per scrivere portatile - design: Ettore Sottsass, 1969. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York
Programma 101, calcolatore elettronico da tavolo su progetto di Piergiorgio Perotto - design: Mario Bellini, 1965
Elea 9003, calcolatore elettronico, sviluppato nel Laboratorio di Ricerca di Borgolombardo guidato da Mario Tchou - design: Ettore Sottsass, 1959. Particolare della consolle
Elea 9003, calcolatore elettronico, sviluppato nel Laboratorio di Ricerca di Borgolombardo guidato da Mario Tchou - design: Ettore Sottsass, 1959
Divisumma 24, calcolatrice meccanica da tavolo - design: Marcello Nizzoli, 1956. Vista laterale del meccanismo interno
Lettera 22, macchina per scrivere - design: Marcello Nizzoli, 1950. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York
Lettera 22, macchina per scrivere - design: Marcello Nizzoli, 1950. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York. Bozzetto del progetto
Summa 15, calcolatrice da tavolo meccanica, design: Marcello Nizzoli, 1949
Summa 15, calcolatrice da tavolo meccanica, design: Marcello Nizzoli, 1949. Dettaglio della tastiera
Divisumma 14, prima macchina calcolatrice meccanica al mondo ad eseguire le quattro operazioni - design: Marcello Nizzoli, 1948
Lexikon 80, macchina per scrivere - design: Marcello Nizzoli, 1948. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York.
Lexikon 80, macchina per scrivere - design: Marcello Nizzoli, 1948. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York. Vista laterale del meccanismo interno
Lexikon 80, macchina per scrivere - design: Marcello Nizzoli, 1948. Esposta nella collezione permanente di design al Museum of Modern Art di New York. Bozzetto del progetto
MP1, prima macchina per scrivere portatile prodotta dalla Olivetti tra il 1932 e il 1935, disegnata da Aldo Magnielli
MP1, prima macchina per scrivere portatile prodotta dalla Olivetti tra il 1932 e il 1935, disegnata da Aldo Magnielli
MP1, prima macchina per scrivere portatile prodotta dalla Olivetti tra il 1932 e il 1935, disegnata da Aldo Magnielli
M1, prima macchina per scrivere prodotta dalla Olivetti nel 1911, disegnata da Camillo Olivetti
M1, prima macchina per scrivere prodotta dalla Olivetti nel 1911, disegnata da Camillo Olivetti
M1, prima macchina per scrivere prodotta dalla Olivetti nel 1911, disegnata da Camillo Olivetti
Dopo l'antologica VERTIGOinaugurale, il MAMbodedica lo spazio espositivo a una raccolta di opere egoriferitamente dedicate alla concezione dello spazio espositivo, del museo d’arte contemporanea, tramite l'arte contemporanea. Dimenticata la ressa di inizio maggio, sabato 1 dicembre solo veri appassionati, studenti e addetti del settore si ritrovano all 17 per godere comodamente delle 4 installazioni a Tema, espressamente concepite o specificamente riallestite per il MAMbo.
All’ingresso la gradita sorpresa romanticamente pop di Adam Chodzko: "M-path and Hole" è un concept di facile effetto sul mettersi, tramite l’arte, nei panni di un altro. Entrando nel museo il visitatore è invitato a scambiare le proprie scarpe con quelle di un ignaro abitante di un quartiere periferico cittadino che le ha appositamente lasciate all’artista.
Adam Chodzko: "M-path and Hole"
Adam Chodzko: "M-path and Hole"
Troppo sottile il concetto della “mossa del cavallo” e davvero troppo banale la realizzazione di Eva Marisaldi. “Jumps” tradisce la metamorfosi emotiva di una donna che diventa madre più che delineare percorsi di scoperta attraverso l’esposizione di ostacoli a misura di pargoletto.
Diego Perrone: “La mamma di Boccioni in ambulanza e la fusione della campana”
Interessante l’”Already Vanishing” di Bojan Šarcevic che sfrutta la singolare contrapposizione fra geometrie architettoniche e carne appena macellata per ibridizzare il film a 16mm con la scultura moderna. Davvero pregevole l’allestimento curato da Andrea Viliani su precise indicazioni del giovane artista.
In sordina oggi ha inaugurato anche la biblioteca del MAMbo, che offre dalle10 alle 17.30 (domeniche e lunedì esclusi) accesso a tutti i più importanti cataloghi in possesso del museo d'arte contemporanea bolognese. Simpatica la realizzazione (edizione Skira/MAMbo)dei quattro mini-cataloghi per le installazioni di Chodzko-Marisaldi-Perrone-Sarcevic per questa Step2, e bello anche format e realizzazione grafica. Peccato solo il prezzo: 20 Euro ognuno, ovvero 80 Euro per la serie dei 4 mini-cataloghi che a stento sostituiscono un vero e proprio catalogo di alto livello di una grande esposizione. 15 Euro erano più che sufficienti...
Leggere “Rockstar†di Luigi Milani è un piacevole rientro alle atmosfere del grunge dei primi anni '90, quell'ibridazione rock che finalmente spedì nel dimenticatoio i suononiyuppistici di troppo pop anni '80.
L'inizio degli anni '90 musicalmente è stato dominato da loschi capelloni che indossavano jeans sdruciti e camicie di flanella a quadrettoni. Erano gli anni del grunge, dei riff di chitarre distorte ad accompagnare voci roche ed esistenzialiste. Il romanzo ruota attorno alla precoce scomparsa di Phil Summers, leader dei Chaos Manor, nei sobborghi londinesi.
Dopo anni di successi interstellari, la rapida caduta, dovuta alla morte della sua tanto amata Marie, anch'essa leader di un gruppo rock. Ma sarà davvero morto? In fondo del suo corpo sono state trovate solo un mucchio di ossa incenerite. A questa domanda cerca di dare risposta Kathy Lexmark, ex vee-jay in cerca di identità. [da booksblog]
Se è fin troppo facile identificare Phil Summers nel mediaticamente iper-compianto Kurt Cobain, il tenebroso Frank Colan, il fotografo di tutta la musica Rock, ricorda l'Anton Corbijn che ha fotografato e ripreso tutti, ma proprio tutti, i tratti somatici della musica pop, almeno dagli anni ottanta in poi. Un uomo indurito dall'aver continuamente dovuto affrontare il vertiginoso bilico fra l'essere e l'apparire. In difficoltà con la propria vita ancor prima di dover affrontare la prova definitiva, quella della malattia.
U2 - PHOTO ANTON CORBIJN
Depeche Mode - PHOTO ANTON CORBIJN
Davvero notevole la prosa nei momenti a forte impatto emozionale, nei quali vi è perfetta simbiosi fra personaggio, ambiente circostante, accadimento e descrizione dell'autore. Altre volte il lessico, forse inframezzato da alcuni tecnicismi di troppo, tradisce il background dell'autore, ma non toglie scorrevolezza ad una narrazione che fin dal principio trascina il lettore alla scoperta di una verità su di una realtà di vita che è invece influenzata da sogni e dal paranormale.
Per chi, come il sottoscritto, ha seguito molto da vicino, o addirittura dal di dentro, i meccanismi dello show-business, “Rockstar†ripropone la semplice verità che esiste dietro ogni impresa commerciale, ovvero che l'espressività, l'emozione, l'arte... lasciano il posto all'intrattenimento, a qualsiasi costo. Musica, teatro, arte contemporanea che sia.
Chi è Luigi Milani Luigi Milani è nato a Roma, città dove vive e lavora, nel 1963. Scrive di musica e tecnologia da oltre un decennio. Ha collaborato con le riviste M Macintosh Magazine e Virtual, occupandosi, tra l’altro, di recensioni letterarie e di interviste a personaggi del mondo dell’arte e dello spettacolo. Negli stessi anni ha curato per Agorà Telematica e MIX on Line la gestione di diverse aree Tematiche. Attualmente scrive per Applicando, rivista leader della comunità Apple, e collabora conalcuni siti Web a carattere musicale. Sul finire degli anni Novanta ha realizzato i testi dei siti Web di alcuni noti personaggi del mondo dello spettacolo. In veste di sceneggiatore e consulente tecnico ha collaborato con una piccola società di produzione cinematografica di Roma. È autore di un blog molto frequentato, False Percezioni. Compare con tre racconti nell’antologia “XIIâ€, il primo volume di racconti scritti da dodici autori italiani indipendenti incontratisi nella Rete, pubblicato con il sisTema print on demand dell’editore statunitense Lulu. [da Livia Bidoli su La Repubblica/Roma]
Inutile negare che la vita non è equa nel distribuire le sue fortune, pertanto, vivendo dalla nostra parte del mare, bisogna assolutamente fare qualcosa di concreto per aiutare gli altri. In ausilio a noi, in genere perennemente soggiogati dalle ansie del sisTema produttivo, vengono svariate ONLUS che possono servire ad alleviare il pur giusto senso di colpa. Per questo ho aggiunto al blog i link ad alcune ONG che stimo particolarmente utilizzando un servizio interessante: Bloggers for Equity.
Il Progetto prende il nome di “Bloggers for equity”, e nasce con lo scopo di rendere più visibili e più facilmente accessibili i metodi di donazione economica verso varie associazioni umanitarie. Al Progetto possono aderire tutti i proprietari di spazi Web che lo desiderano e - manco a dirlo - l’adesione è del tutto gratuita, come lo è l’intera operazione. Gli unici movimenti economici saranno le donazioni che verranno effettuate dai visitatori degli spazi Web dei Soci tramite i box di “Bloggers for equity”, che non passeranno per la nostra organizzazione; tali donazioni andranno direttamente dal donatore alle organizzazioni umanitarie sponsorizzate nei siti dei Soci. Il Progetto è sostanzialmente una vetrina per le associazioni umanitarie. “Bloggers for equity” si fonda su un doppio sisTema di sicurezza e trasparenza:
* la scelta delle organizzazioni umanitarie da inserire nel Progetto è subordinata alla valutazione dell’operato della singola organizzazione umanitaria candidata da parte del Comitato Direttivo del Progetto, sulla base dei criteri della serietà e dell’affidabilità;
* il singolo Socio di “Bloggers for equity”, al momento di esporre il “Box for equity” nel proprio spazio Web, effettuerà un’ulteriore selezione, scegliendo quali e quante organizzazioni coinvolgere nel box personale dal novero di quelle a priori scremate dal Comitato Direttivo, sulla base del criterio soggettivo. In questo modo, ad un primo controllo fondato maggiormente sull’affidabilità oggettiva dell’organizzazione umanitaria se ne aggiunge un secondo che fa leva sulle inclinazioni soggettive del singolo Socio, che potrà scegliere in piena autonomia - sulla base di convinzioni personali - a quali delle organizzazioni umanitarie offrire una visibilità sul proprio spazio Web, sicuro che nel novero dal quale sceglie si troveranno solo organizzazioni verificate. Il Comitato Direttivo non suggerirà né limiterà in alcun modo questa scelta; si limiterà - se richiesto dal Socio - a fornire un parere sul singolo caso.
Francesco Minciotti
Riguardo l'affidabilità oggettiva delle ONLUS non dimentichiamoci infatti che l'uomo è uomo, ed è intrinsecamente diffettoso anche quando si concede, per "fare la carità", una qualsiasi forma organizzativa. Purtroppo, esistono anche situazioni potenzialmente imbarazzanti, come riportato ad esempio dalla trasmissione del 6 dicembre di Radioanch'io, approffondimento giornalistico del GR1 RAI condotto dal bravo Stefano Mensurati:
06/12/2006
CHE FINE FANNO I SOLDI DEGLI AIUTI UMANITARI? Ascolta Che fine fanno i finanziamenti statali della cooperazione allo sviluppo, gli aiuti umanitari dei privati al Terzo mondo, le donazioni alle campagne di raccolta fondi per la ricerca, le offerte alla miriade di piccole associazioni no profit che spuntano come funghi nel nostro Paese? Quanto arriva a destinazione e quanto si perde per strada? E soprattutto, chi controlla? A Radioanch'io accenderemo i riflettori su di un settore dove la straordinaria abnegazione e onestà di tanta gente perbene è talvolta offuscata da una gestione dei soldi poco trasparente e tutt'altro che parsimoniosa.
L'iniziativa B4= va proprio nella direzione di un utilizzo responsabile anche dei servizi degli operatori umanitari, anche perchè è difficile in genere reperire informazioni sulla trasparenza dei bilanci e sulla effettiva percentuale di risdistribuzione dei proventi delle elargizioni volontarie incassate dalle organizzazioni Non profit.
Qundi andate sul sito di B4= ed aderite numerosi all'iniziativa facendo le vostre scelte, e, mi raccomando, occhi ben aperti, e casco sempre ben allacciato
Un'altra antipatica multinazionale, dopo la Dove di cui avevo già scritto, utilizza ruffianamente la Tematica della bellezza del corpo, della sua percezione, e di come ottenerla in modo non cruento, non violento contro noi stessi, ma armonico e sostenibile. Lo spot "educativo" della Nike, "carina" l'idea e simpatica la canzone, ma filmograficamente davvero bruttino, incita allo sport aerobico in vece del bisturi. La ruffianeria di queste campagne con Tematiche "sociali" risiede nel fatto che è impossibile dissentire, anche se, come il sottoscritto, si preferisce abbigliamento sportivo di altre (o, fosse possibile!) di nessuna particolare marca.
La nuova campagna della Nike lanciata nei Paesi latino americani sembra essere in controtendenza con quanto accade da noi, come scrive spotanatomy, ma più che da noi è proprio nei paesi latino americani emergenti che le giovanissime si sottopongono a inumane torture fisiche, diete mortificanti e "vagonate" di chirurgia estetica, molto più economica e quindi anche diffusa e pericolosa, a quelle che alle nostre latitudini.
Da vedere, anche se questa versione è davvero troppo lunga, sia come prodotto viral per il web, che come spot.
“Pensa con i sensi - Senti con la mente. L'arte al presente” è il pay-off dell'edizione 2007 della più importante mostra di mostre d'arte contemporanea d'Europa, o, in inglese, “Think with senses – Feel with mind” senza il “the” di troppo, come mi ha fatto notare un amico filologo.
Se anche all'Arsenale spesso scarseggiano importanti novità e forti emozioni, le selezioni dei tradizionali padiglioni nazionali dei Giardini rappresentano un vero e proprio inno alla importanza della catena produttiva più che ai contenuti: lo sforzo creativo di light designer, installatori, curatori e esperti di comunicazione supera troppo spesso la qualità o l'innovatività delle opere, che troppe volte risultano deja-vue, o addirittura appaiano come derivative delle produzioni anni 80 o 90 in modo alquanto imbarazzante.
Molte le “cose belle” viste, ma mi hanno emozionato davvero pochi padiglioni. Non voglio citare la pregevole e osannata da critica e pubblico “Abbi cura di te” della francese Sophie Calle, perchè uno sopra tutti ha presentanto il mio personale modo di vedere con le immagini: la cinematografica video installazione “Le donne che non conosciamo” del regista catalano José Luis Guerin, all'interno della reinterpretazione del “Paradiso Spezzato” di Ezra Pound voluta dalla curatoria spagnola.
Interessante anche la mercificazione dell'opera d'arte ben rappresentata dalla curatoria - manco a dirlo - americana che ha scelto le opere del già visto Felix Gonzales-Torres: gli avventori, invitati a portarsi a casa uno o più poster, diventano propagini viventi dell'installazione, e, sparsi per tutta Venezia, riconoscibili per i rotoli cartacei sotto braccio, incarnano la realizzazione del consumismo alla “take away”, che, infine, trova pace nel cestino delle pattumiere o dei nostri ingordi stomaci.
Troppo didascalica e davvero fuori Tema l'opera fotografica presentata nel padiglione del Venezuela. Troppo rifinito invece il sottile concept della poetica del complesso di inferiorità nel “The Homo Species” del koreano Hyungkoo Lee.
Su quest'ennesima VERTIGO installativa non mi dilungo oltre, ma mi auguro solo che ogni tanto più ampia parte dei budget milionari che servono a produrre eventi del genere siano dedicati alla scoperta di nuovi e più inesplorati territori della comunicazione emotiva.
Le fotografie del giovane bolognese Lorenzo Pondrelli, premiato vincitore nella categoria Fotografia di Reportage del Festival ICEBERG 2007, mostrano le bellezze dell'India e delle sue culture usando un linguaggio espressivo che va oltre il consueto stile documentaristico "alla National Geographic". Il filo conduttore è l’unione dei tre vincoli formali tempo, spazio e tono, il raccogliere momenti in cui lo spazio e il tempo sembrano unirsi al colore per mostrare la bellezza della realtà. Così la duplicità delle immagini, che rappresentano soggetti catturati nello stesso momento o lo stesso soggetto visto da differenti punti di ripresa, cerca di ricreare sensazioni che condividevano lo stesso spazio: ogni opera infatti è composta da due fotografie unite da un inevitabile legame formale di spazi, momenti e toni.
Magenta - PHOTO LORENZO PONDRELLI
Davvero indovinato e ben realizzato, il comunicativo progetto di Lorenzo Pondrelli merita il primo premio ricevuto, e le prospettive future che, con esso, sicuramente si aprono per il suo giovane autore. Da sole le sette opere presentate al concorso per questo progetto (ognuna composta di due fotografie impaginate graficamente con il tono di riferimento) valgono la visita alla galleria Tamatetedi Via Santo Stefano 17 a Bologna, ma pregievoli sono anche alcune altre opere fotografiche e materiche in concorso al festival iceberg 2007 e presentate in questi spazi di FMR/Arté.
Lorenzo Pondrelli alla galleria Tamatete per il Festival Iceberg 2007 - PHOTO DAVIDE GAZZOTTI
Segue un'estratto di un minuto dall'intervista che ho realizzato.
Rimanendo nell'ambito della Fotografia di Reportage presentata nello stesso spazio espositivo, di stile diverso è il reportage "Nova Craiova" di Filippo Massellani realizzato fra i container di un accampamento di rom immigrati a Bologna, e segnalato dalla giuria. Un classico reportage sociale, ben realizzato con un'ottimo bianco e nero, a cui non mancano le necessarie immagini di forte impatto, e pregievole coerenza formale.
PHOTO FILIPPO MASSELLINI
Potenzialmente promettente, ma di realizzazione formalmente tutt'altro che ineccepibile, il progetto "Presenze" di Gemis Luciani, ultimo autore segnalato nella sezione Fotografia di Reportage. Tema più difficile e abusato, a cui è fatalmente mancato, soprattutto nella quarta immagine della serie, il necessario impatto visivo e coerenza formale con le altre immagini.
Salvo pentimenti dell’ultimo minuto, il rogo sarà appiccato domani, lunedì 11 gennaio 2009, in una qualche piazza di Chalon-sur-Saone, in Borgogna. Il fotografo francese Jean-Baptiste Avril-Bodenheimer ha infatti annunciato che brucerà volontariamente e clamorosamente tutti i negativi originali (17 rullini da 36 immagini ciascuno) prodotti nel corso di un suo laborioso progetto di documentazione sulle architetture moderniste di Tel-Aviv. Si tratta, è chiaro, di un gesto di protesta estrema: contro il mercato della fotografia. Lavoro di un anno intero, concluso con una mostra offerta gratuitamente dallo stesso autore a un museo israeliano, poi caduta nel vuoto: nessuna sponsorizzazione, nessun sostegno, nessun acquisto, neppure da parte delle istituzioni che prima avevano incoraggiato a parole l’operazione e poi avevano sfruttato senza ripagarla la generosità dell’autore.
Non sarà il primo fotografo tentato da un gran gesto in stile Fahrenheit 451: altri tentarono di consegnare alle fiamme, in punto di morte, la propria opera: Ernest J. Bellocq, il mite fotografo del Red Light District di New Orleans non riuscì (per nostra fortuna) a portare con sé nella tomba i teneri e divertenti ritratti delle sue affezionate prostitute; mentre il reverendo Lewis Carrol fece in tempo a far sparire le più imbarazzanti foto delle sue piccole Alici in deshabillé.
Ma Jean-Baptiste non si vergogna affatto del suo lavoro. Al contrario. Accusa il sisTema di disinteressarsene. “L’arte è un lavoro che va a beneficio della società, e va pagato”. Jean-Baptiste dirà probabilmente qualcosa del genere davanti alla telecamera che filmerà il falò di domani. Per sé, terrà solo una sola serie di12 stampe del suo lavoro sacrificato sull’altare della società ingrata. Il luogo scelto per la drammatica rappresentazione non potrebbe essere più appropriato: Chalon infatti è il paese in cui fu scattata da Nicéphore Nièpce, che vi aveva la casa di famiglia, la presunta “prima fotografia del mondo”, la confusa veduta dalla sua finestra realizzata al bitume su una lastra di peltro nel 1826.
Fine di un’era? Ma i fotografi hanno sempre menato vita grama. La camera oscura è molto oscura per chi spera di camparci sopra. “Vuoi fare fotografie? Apri una drogheria”, raccomandò un giorno il nostro grande Gianni Berengo Gardin a chi gli chiedeva consigli di carriera. Non è un ideale, ma è una realtà. Insomma al mondo ci sono sicuramente più geni incompresi che fotografi arrivati. Jean-Baptiste però ha scelto una forma simbolica di protesta che ce lo rende simpatico: è vero, nel sisTema della fotografia (committenze, mostre, gallerie, aste, insomma mercato) oggi c’è una gran puzza di bruciato.
Impossibile non rimanere colpiti da queste drammatiche immagini in banco e nero di un corpo umano e della sua sofferenza. Dopo aver notato come ultimamente certe Tematiche sono cavalcate dalle multinazionali per continuare comunque a promuovere creme oppure abbigliamento sportivo come strumenti per abbellire i corpi, fingendo impegno contro la spettacolarizzazione della bellezza dei corpi e la chirurgia plastica, ecco come descrive il suo progetto Thaniel Lee: "In questo mondo di spettacolo e chirurgia plastica, di spettacoli sulla chirurgia plastica, di programmi tv che selezionano finte modelle, di irreali reality show, io cerco di mostrare un corpo che non può cambiare, un corpo che nessun complicato intervento chirurgico al mondo potrà mai trasformare in un super modello, un corpo che non viene mostrato sulle riviste più lette, o su MTV.[...] Ho scelto di documentare questo corpo attraverso l’obiettivo della macchina fotografica: il corpo che ho scelto di raccontare è il mio. Sono nato con una patologia chiamata Artrogriposi: questa condizione mi lascia un uso limitato delle braccia, delle gambe e delle dita. Undici operazioni chirurgiche mi hanno procurato interessanti cicatrici e atrettante storie interessanti. Ho cominciato nel 2000 a documentare il mio corpo, e le innumerevoli diverse forme in esso contenute... Spero che il mio lavoro faccia in modo che la gente guardi al proprio corpo mettendo in discussione il concetto di bellezza che pervade la nostra cultura ossessionata dai corpi."
Ogni scatto di Thaniel Lee è una performance unica, dove le forme di un corpo esprimono contemporaneamente spudorata sofferenza e incredibile forza vitale.
John Giorno (nato a New York nel 1936) è uno dei più noti poeti e performance artist dell'area sperimentale americana. Nel 1968 fondò il Giorno Poetry System Institute, una struttura destinata a promuovere lo sviluppo della comunicazione tra poeti e pubblico, e l'anno successivo avviò, presso il Modern Art Museum di New York ed in numerose altre sedi, un servizio denominato Dial-A-Poem, attraverso il quale, componendo alcuni numeri telefonici, era possibile ascoltare cinque minuti di poesia. Un'interessante iniziativa parallela a questa è stata Dial-A-Poem Poets, una vera e propria "rivista orale" costituita da una collana di dischi in vinile che presentava, tra l'altro, il meglio del panorama internazionale della poesia sonora.
Ha realizzato programmi radiofonici, pubblicato versi su scatole di fiammiferi, magliette, tendine da finestra, tavolette di cioccolata, ecc. Performer di notevole impatto sul pubblico per la sua presenza scenica e le sue qualit vocali, svolge anche attivit di attore. Nel 1963 ha lavorato nel film di Andy WarholSleep, ed ha collaborato anche con William Burroughs. E' anche un attivista a favore della lotta contro l'AIDS.
On a day when you're walking down the street and you see a hearse with a coffin, followed by a flower car and limos, you know the day is auspicious, your plans are going to be successful; but on a day when you see a bride and groom and wedding party, watch out, be careful, it might be a bad sign.
Just say no to family values, and don't quit your day job.
Drugs are sacred substances, and some drugs are very sacred substances, please praise them for somewhat liberating the mind.
Tobacco is a sacred substance to some, and even though you've stopped smoking, show a little respect.
Alcohol is totally great, let us celebrate the glorious qualities of booze, and I had a good time being with you.
Just do it, just do it just don't not do it, do it.
Christian Fundamentalists, and fundamentalists in general, are viruses, and they're killing us, multiplying and mutating, and they destroying us, now, you know, you got to give strong medicine to combat a virus.
Who's buying? good acid, I'm flying, slipping and sliding, slurping and slamming,
I'm sinking, dipping and dripping, and squirting inside you; never fast forward a cum shot; milk, milk, lemonade, round the corner where the chocolate's made; I love to see your face when you're suffering.
Do it with anybody you want, whatever you want, for as long as you want, any place, any place, when it's possible, and try to be safe; in a situation where you must abandon yourself completely beyond all concepts.
Just say no to family values.
We don't have to say No to family values, cause we never think about them; just do it, just make love and compassion.
"The Human condition in Crisis" è il titolo dell'ultima dura collezione antologica di immagini del fotogiornalista americano Stanley Greene. La si può visitare nell'interessante ORGANISMuseum, museo virtuale allestito con grafica 3d da organism media.
Il reportage, alle volte, richiede coraggio. Il coraggio di partire ma anche quello di tornare. Il coraggio di documentare ma anche quello di rispettare. Il coraggio di fermare in un'immagine il più fermo degli istanti, la morte. Le fotografie di Stanley narrano di un mondo scomodo, spesso volutamente celato. E del suo coraggio.. Un'esposizione composta da quaranta immagini alle quali si addice un unico aggettivo: vere. Dall'uragano Katrina all’ Iraq, da Haiti alla Cecenia, Stanley ferma per tutti noi ciò che il suo cuore vede e spesso ciò che vede è di una violenza disarmante, motivo per cui consigliamo la visione di questa mostra ad un pubblico adulto.
Il Museo Virtuale di ORGANISM è innanzitutto un'ottima idea, ed è poi ben realizzato, anche se è necessario installare il plugin 3d Life Player che permette la simulazione in grafica 3d degli ambienti di una galleria d'arte moderna.
La superficialità e la chiassosità del fotografo americano David LaChapelle sono la sua vera forza. E' sempre così dichiaratamente e volutamente provocatorio che non gli si può dire nulla: lui, quando comunica, non parla, ma URLA. Ultimo vero baluardo della culura pop degli anni 70, è diventato uno dei più acclamati fotografi dello show-business. Nel suo sito però, soprattuto tra i portrait, ci sono fotografie che sono veri e propri capolavori di espressività, molte delle quali gli hanno guadagnato, oltre al successo commerciale, anche fama nel mondo della fotografia d'arte.
The Last Supper
LaChapelle è un fotografo, anzi è il fotografo, ha fotografato TUTTI. Se vi viene in mente il nome di una star dello show business, una QUALUNQUE, una che conti almeno qualcosa, state certi che lui l’ha fotografata, perchè se conti qualcosa nella torbida valle di Hollywood non puoi non avere una foto di David. E per David si intende proprio lui LaChapelle. Roba che Courtney Love dovrebbe baciare la terra su cui lui cammina e ringraziarlo a vita per le foto che le ha fatto a quella sciamannata con il mascara sempre sbavato, gli NSYNC dovrebbero genuflettersi per quella foto in cui hanno per la prima e probabilmente l’ultima volta nella loro vita uno spessore artistico. Perfino Tori Spelling sembra possedere un qualche tipo di fascino e di mistero.
Madonna
David, il cappellaio matto, il prestigiatore delle star, riesce a far apparire tutti stupendi e speciali in qualche modo. E’ riuscito a far sembrare le tette di Pamela Anderson giustificabili dal punto di vista artistico. E il bello è che lui non trasforma la persona che ha davanti, non la cambia, ma solo la ESPANDE, prende il lato migliore e lo esagera fino a farlo sembrare irresistibile per chiunque guardi, per lui, come per mia nonna quando cucina, niente è mai troppo.
Paris Hilton
Quando ero piccola mi raccontavano una favola su di un anello che se lo indossavi faceva innamorare tutti di te, ecco, secondo me David possiede quell’anello, ma invece di tenerselo solo per se, lo presta alla persona che deve fotografare, ma per poco, giusto il tempo dello scatto, poi possono continuare a fare la loto, banale, noiosa vita da star. I colori sono ovviamente saturi, si sparano diretti nel cervello, alla base del sisTema nervoso di chi guarda. Se è eccessivo è lui. Se è colorato è lui. Se vi sembra pornografia di bassa lega e coi colori sbagliati è lui. Se vi sembra che qualcuno stia urlando mentre guardate una foto è sempre lui.
Angelina Jolie
L’espressione GENIO sembra essere stata coniata apposta per lui, ma nel senso di diavoletto, di genietto ‘platonico’ e malizioso, un Daemon, un Satiro che scorrazza nel dorato mondo di Hollywood, un Puck contemporaneo che sparge la polvere magica dello scandalo sugli occhi della gente.
Britney Spears
Ha girato video musicali, ha girato spot pubblicitari che voi vedete ogni giorno quando accendete la televisione, ha fatto le copertine di innumerevoli dischi che voi probabilmente possedete (Maria Carey spero di no), ha firmato le copertine di praticamente qualsiasi settimanale sia uscito negli ultimi dieci anni in ogni parte del mondo. Gael Garcia Bernal non sapeva di essere Gael Garcia Bernal prima di essere fotografato da LaChapelle, o pensavate che fosse tutto merito di quella motocicletta scarcassata che guidava? LaChapelle è intorno a voi e voi neanche ve ne accorgete, e ne avrete ancora e ancora finchè LaChapelle avrà vita.
Se ancora non vi basta, qualsiasi cosa si sia anche accidentalmente frapposta tra l’obbiettivo fotografico di quest’uomo e la realtà negli ultimi dieci anni è probabilmente arte. LaChapelle è America, è come uno di quei mega barattoli di maionese o di burro di arachidi che qui in Italia non esistono. LaChapelle è un Big Mac, ipercalorico, coloratissimo, grande, eccessivo, immangiabile.
Definire fotografia l'opera di LaChapelle è sicuramente una semplificazione, le sue sono immagini dove realtà, sogno e dissacrante surrealismo, si fondono in una rappresentazione che lascia sconcertati e affascinati. Nasce a Farmington Connecticut nel 1963, nel 1978 si trasferisce a New York cominciando la sua avventura artistica con Andy Warhol, per la rivista INTERVIEW fino al 1987, anno della scomparsa del grande artista. A 24 anni David è già una grande firma del fotogiornalismo con servizi per VOGUE, VANITY FAIR, THE FACE (fra le più importanti riviste di moda e costume). Nel 1996 vince il premio come fotografo dell'anno, inoltre il suo primo libro fotografico "LaChapelle Land" va a ruba, nel 1999 il secondo libro di immagini "Hotel LaChapelle" si conferma un best seller.
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Il genio creativo, esplode in tutta la sua virulenza espressiva, quando LaChapelle esce dagli angusti limiti del genere ritrattistico o giornalistico. Le sue creazioni falsamente astratte, anzi di un simbolismo deflagrante e volutamente blasfemo, sono il prodotto di una ricerca tanto lucida quanto visionaria. Si tratta di immagini pensate e costruite con senso del grottesco e dell'impossibile, in una miscela esplosiva di colori violenti, ironia, sensualità, oltraggio. Il tutto però non è gratuito, ma vuole essere una satira della vacuità, dell'edonismo, del vuoto apparire privo di contenuti del nostro tempo, ma senza drammatizzazioni e anzi con una visione divertita e disincantata. Quella di David LaChapelle è poi una ricerca di sperimentazione pura, essendo le sue opere frutto di elaborazione e fotoritocco digitale, dello stesso autore.
“Cerco il brutto nel bello e il bello nel kitsch. I miei scenari preferiti sono i McDonald's e le auto da poco, all'inizio oziavo in questi posti, ora li fotografo. Mi allontano deliberatamente dalla realtà di tutti i giorni, la vita è troppo triste. La comicità è una forma di bellezza: guardate John Belushi, lui era bello perché era buffo”
LaChapelle in fondo con la sua arte cerca il grottesco del quotidiano e il bello dove proprio non c'è.
E' difficile riuscire a risultare originali sempre e comunque. Vale per tutti: per gli artisti, i fotografi, i creativi di ogni genere, ed anche per le migliori agenzie pubblicitarie al mondo. Anche volendo tralasciare l'analisi di un concept fin troppo semplice ed esplicito, constatiamo la realizzazione mediante lo stesso visual per tre motociclette diverse, da parte di tre grandi agenzie multinazionali diverse, in tempi non troppo diversi: la pubblicità realizzata per Aprilia dalla Bcube italiana, quella realizzata per Honda da Ogilvy (2004, GuaTemala) e quella della TVS Motors realizzata da Saatchi&Saatchi (2004, India) condividono molto, forse troppo.
Niente di male, ovviamente, ma chiss se il committente davvero al corrente che spesso strapaga ai soliti noti nient'altro che il riciclo della solita idea?
Duane Michals è stato uno dei fotografi più innovativi ed influenti quando la fotografia, negli anni 60, era ancora dominata dagli stili documetaristico e ritrattistico dei vari Ansel Adams, Robert Frank, Irvin Penn, o, al limite, di Richard Avedon. Michals, invece, esplorava il medium fotografia con senso di libertà e sperimentazione, introducendo sequenze narrative di immagini per parlare di Tematiche quali il desiderio, il tempo, la giovinezza o la morte. Ma non si considerava, nè si considera tuttora, un vero artista, non si autodefinisce un radicale. Il suo nuovo libro "Foto Follies: How Photography Lost Its Virginity on the Way to the Bank" è una graffiante satira del mondo della fotografia trainato dai soldi, sia si tratti di arte concettuale, che di fotografia commerciale. Al confronto con un libro fotografico tradizionale, si tratta di un antologico e godevole "libretto". Su photo-eye trovo scritto:
Di questo sguardo satirico sulla fotografia contemporanea, Duane Michals ha detto: "Più sei serio, più sciocco devi essere. Io ho una grande capacità per le sciocchezze. Ciò è essenziale." Sia che stia parodiando Wolfgang Tillmans o Andres Serrano, Sherrie Levine ("Una fotografia di Duane Michals di una fotografia di Sherrie Levine di una fotografia di Walker Evans") o Cindy Sherman ("Chi è Sydney Sherman?"), Michals usa la sua feroce arguzia e il suo buon occhio per creare immagini che risultano contemporaneamente umoristiche e profonde. Michals prende di mira i pregiudizi spesso percepiti come deliberatamente apposti per oscurare l'arte contemporanea, e nel fare ciò dimostra bravura sia nel campo visuale che con la parola scritta, riuscendo sempre ad produrre il piacere ancestrale di una buona risata.
SELF PORTRAIT - PHOTO DUANE MICHALS
"SYNCHRONICITY" ALBUM COVER (THE POLICE, 1983) - PHOTO DUANE MICHALS
Poi ho incrociato questo post su una presentazione di questo "mostro sacro" alla libreria Strand di New York - suThe View from the Edge of the Universe - e non ho resistito dal riportare alcune citazioni di Michals che, a 75 anni, dice pane al pane e vino al vino:
"I've always relied on the kindness of ideas"
"Everything you think makes sense doesn't. Get out of the fuckin' box."
"My gift to you is that I'm not you"
"As long as you believe in consensus reality, you will never experience true reality"
"What a cheap joint, I have to do my own slides" .... and .... "Jesus, what do I have to do to get fucked around here"
"You are the alpha, the omega. You are the event"
"You affect what you see through the participation of your observations"
"Have you ever thought about the not-nowness of now?"
"I love to photograph what cannot be seen"
"Reality is not a set of observable facts walking down the street."
"Photography is not about looking, its about feeling"
"Can you imagine defining your life so narrowly that Nirvana is sex with 72 virgins"
"Someone just paid $3 million for a Gursky. $2.5 million I can see, but 3?"
Questa volta Oliviero Toscani ce l'ha contro la piaga dell'anoressia, e sfrutta superficialmente questo Tema per promozionare Nolita, un brand per bambini fighetti. L'inventore del "pubblicizzare i maglioni con campagne (pseudo-)sociali" pubblica la sua ennesima campagna chock realizzata fotografando, come al solito in modo semplice e scontato, una magrissima modella anoressica, ritratta nuda. E' francese e si chiama Isabelle Caro, e da diversi anni è afflitta da una grave forma di anoressia che l'ha portata a pesare poco più di trenta chili. Fabiola De Clerq, presidente di Aba (Associazione per lo studio e la ricerca sull'anoressia, la bulimia e l'obesità): "L'utilizzo di questa immagine è suscettibile di indurre fenomeni di emulazione e non aiuta certo i diretti interessati né le loro famiglie: si accendono i riflettori e poi si spengono, e le famiglie si vedono sbattere le porte in faccia dai grandi ospedali".
Almeno il buon Oliviero sembra aver ritrovato la sua strada; quella che lo ha reso celebre e che sembrava aver perso negli ultimi tempi.
Avviso Questo blog non rappresenta una testata di nessun tipo, tanto meno giornalistica, in quanto viene aggiornato in modo scostante e discontinuo, come il suo autore.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale (e non potrebbe neanche fosse periodico) ai sensi della legge n.62 del 7.03.2001.
Watching Mostly French and Danish productions, all Stanley Kubrick's filmography, Wim Wenders, Woody Allen, Roman Polanski, Godard, Truffaut, Jim Jarmusch, Ken Loach, Kieslowsky...